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Riforme, stallo Pd. Sì al contingentamento e le opposizioni protestano al Colle

Creato il 24 luglio 2014 da Nicola933
di Roberta Miele Riforme, stallo Pd. Sì al contingentamento e le opposizioni protestano al Colle - 24 luglio 2014

ParlamentoDi Roberta Miele. Circa cento senatori hanno abbandonato l’Aula per recarsi al Quirinale. I parlamentari di Lega, M5S, Sel e gruppo misto si sono incamminati in corteo per chiedere di essere ricevuti dal Capo dello Stato. Protestano per l‘utilizzo della tagliola contro l’opposizione per l’abbreviazione dei tempi di votazione sulla riforma del Senato.

Senatori e onorevoli sono seduti a terra a presidio dell’ingresso con la fascetta tricolore al braccio. “I nostri ragazzi si stanno recando al Quirinale. La democrazia è stata uccisa. Noi non molliamo”, scrive Beppe Grillo su Twitter. Anche una delegazione di Fratelli d’Italia si unirà alla protesta, come fa sapere Giorgia Meloni su Twitter.

Facciamo un passo indietro e ricostruiamo la vicenda

La legge in questione è la riforma del Senato, gravosa e rivoluzionaria. Una matassa difficile da sciogliere già per la sola maggioranza. Dopo un tira e molla già a partire da marzo, senatori Pd autosospesi, dimessi, patti e contrattazioni con il partito di Silvio Berlusconi, moniti sulla “responsabilità” da parte del Presidente della Repubblica, la legge costituzionale è sbarcata in Senato.

Le opposizioni al contrattacco hanno deciso di passare alla strategia dell’ostruzionismo contro quella che il costituzionalista Zagrebelsky definisce “una grande riforma piena di pasticci, fuori dalla Costituzione”. Sono stati presentati 7800 emendamenti, l’obiettivo è il blocco totale della legge. Così la votazione di mercoledì è andata a rilento: tre voti in un solo giorno. Dopo la lunga giornata parlamentare il presidente Grasso ha incontrato Napolitano per discutere – secondo una fonte vicino al Quirinale – l’andamento dei lavori a palazzo Madama sta “mettendo in luce le gravi difficoltà rappresentate da un ostruzionismo esasperato tradottosi in un numero abnorme di emendamenti”. Il Capo dello Stato avrebbe “insistito sul grave danno che recherebbe al prestigio e alla credibilità dell’istituzione parlamentare il prodursi di una paralisi decisionale su un processo di riforma essenziale”.

Arriviamo ad oggi. La seduta viene ripresa stamane. Il ministro Boschi sottolinea ai giornalisti al Senato la disponibilità del governo “a migliorare il testo, non a stravolgerlo”. Dunque no all’elettività dei senatori perché “è la base di tutta la riforma”. Poi aggiunge:  “Mi aspetto un ritiro sostanzioso degli emendamenti, concentrando la discussione su alcuni punti, oppure andiamo avanti. Ma è chiaro che questo numero di emendamenti è un ricatto”.

In mattinata Luigi Zanda, capogruppo Pd, chiede la riunione dei capigruppo dopo la votazione di appena due emendamenti in un’ora, da aggiungere ai tre di mercoledì. Riunione aggiornata per permettere alle opposizioni di decidere se accettare o meno la richiesta del ministro Boschi. La decisione arriva. “Andremo in conferenza dei capigruppo con delle proposte comuni – fa sapere Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto-Sel - Il governo ci dicesse per iscritto cosa ne pensa. I punti sono: elezione diretta, equilibrio con la Camera e referendum. Su questi punti siamo tutti d’accordo”.

Ed ecco la causa della protesta al Quirinale. L‘esecutivo rifiuta la proposta e la riunione dei capigruppo sentenzia “entro l’8 agosto si vota con il contingentamento”. Lo annuncia il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. In sostanza il contingentamento è la “tagliola”, limitando così il diritto di opposizione. Consiste nella riduzione dei tempi per la discussione in Aula, scanditi in base al peso dei partiti. Grasso fa sapere che saranno a disposizione dei senatori 115 ore in totale. Di queste 8 saranno riservate per la presidenza e i relatori, 80 per le votazioni e 20 ripartiti tra i gruppi. Al Pd spetteranno 4 ore e 24 minuti, a Fi 2 ore e 50, a M5s 2 ore e 15, a Ncd 2 ore, al Gruppo Misto (a cui appartengono Sel e gli ex M5s) 1 ora e 45, a Scelta civica e a Pi 1 ora e 13. Inoltre 5 ore complessive saranno riservate a quanti parlano in dissenso dal proprio gruppo, anche in questo caso ripartiti in base alla consistenza dei gruppi: 1 ora al Pd, 40 minuti a Fi, 34 minuti a M5s, 30 minuti a Ncd, 26 al Gruppo Misto.

Corradino Mineo definisce la decisione una “grave ferita”. M5S e Lega minacciano di andare al Quirinale. “Abbiamo presentato le nostre proposte con un elenco di questioni su cui aspettavamo la risposta del governo. Hanno risposto con il contingentamento dei tempi: è molto grave perché si parla della modifica della Costituzione e anche perché viene messa a rischio l’approvazione di diversi decreti. Continueremo la nostra battaglia in aula”, ribatte De Petris.

“Ho fatto sei appelli per cercare una soluzione condivisa. Non volevamo arrivare al contingentamento ma non potevamo permettere che la discussione sulle riforme costituzionali finisse come sta finendo”, replica Zanda in Aula.

Nel frattempo Maria Elena Boschi su Twitter rilancia: “L’ultima parola sulle riforme sarà dei cittadini: referendum comunque! #noalibi” .

Così i parlamentari M5S, Sel, Lega e gruppo misto abbandonano Palazzo Madama. Loro, insieme a noi, attendono la risposta di Giorgio Napolitano.


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