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Ripartire dal fallimento

Creato il 21 giugno 2010 da Gadilu

Ripartire dal fallimento

di Francesco Palermo

Il fallimento della sperimentazione trilingue al Liceo Carducci rappresenta un’occasione straordinaria per affrontare finalmente alcuni aspetti finora ipocritamente ignorati nella complessa vicenda del sistema scolastico in questa Provincia.

Primo: il metodo. Nell’ultimo decennio c’è stato un tacito patto di non belligeranza tra le élites politiche, in base al quale le scuole (nei fatti essenzialmente quelle di lingua italiana) in tanto potevano sperimentare nuove forme di apprendimento linguistico della seconda lingua in quanto le sperimentazioni fossero condotte sottotraccia, in silenzio, quasi di nascosto. Per questo le accuse alla politica di avere abbandonato l’importante progetto portato avanti al Carducci sono almeno in parte ingenerose, perché il mancato sostegno politico all’iniziativa era in qualche modo il prezzo da pagare per poterla far partire.

Ora questa fase si è inevitabilmente conclusa, ed è giunto il momento di una nuova strategia. Il patto del silenzio sulle sperimentazioni ha fatto il suo tempo: è stata una fase realpolitica ma importante, e forse l’unica via possibile per iniziare a smuovere le acque. Ma proprio per questo occorre essere consapevoli che si è trattato di una fase transitoria, che ora è giunta al suo termine naturale. La società è pronta ad un salto di qualità e di coraggio per affermare la necessità di un percorso volto a formare cittadini plurilingui a partire da subito, sapendo che gli effetti si vedranno tra diversi anni, quando ormai sarà forse già troppo tardi? Che il gruppo italiano lo sia appare ormai chiaro per ovvie ragioni legate alla necessità di integrazione nella (nuova) società. La sensazione è che lo sia abbondantemente anche il gruppo tedesco, ormai libero dalla sindrome minoritaria e pronto a giocare un ruolo molto più ambizioso di quanto ritenga la classe politica che lo rappresenta, che ancora pensa di avere a che fare con un gruppo minacciato, debole, inadeguato alla competizione globale e bisognoso di protezione paternalistica, così finendo per limitare le opportunità che per questo gruppo la stessa classe politica è riuscita a creare in passato.

Secondo: le conseguenze. Il “patto del silenzio” è stato una scelta saggia e forse obbligata un decennio fa, ma pensare di rinnovarlo oggi sarebbe un grave errore e sintomo di debolezza. Sia da parte italiana che da parte tedesca. Perché la conseguenza di questa politica sta diventando sempre più un travisamento della funzione stessa della scuola, trasformata progressivamente da veicolo di istruzione culturale e civica a mero strumento di apprendimento delle lingue. La scelta di molti genitori italiani di iscrivere i figli alle scuole tedesche a Bolzano (e di alcuni genitori tedeschi di fare il contrario in altre parti del territorio provinciale) è spesso dettata non da una precisa e lodevole scelta culturale volta a formare nuove generazioni che sappiano muoversi tra le culture, ma dalla semplice mancanza di un’offerta bilingue soddisfacente. In questo modo la scuola di minoranza finisce per perdere la sua funzione originaria, e per diventare di fatto quella scuola bilingue che si continua a negare. È dunque proprio chi vuole mantenere la scuola in lingua tedesca come scuola primariamente della minoranza che dovrebbe avere il maggiore interesse a consentire non solo ampie e sperimentazioni alla luce del sole, ma anche l’inizio di un percorso verso una scuola trilingue.

Terzo: come rilanciare un nuovo patto socio-politico sulla scuola? La mancanza di docenti qualificati per insegnare in più lingue è un problema reale. Su questo c’è indubbiamente un percorso da fare. Tuttavia sarebbe un errore pensare che si parta da zero. Esistono molte, moltissime persone trilingui in questa Provincia (o di questa Provincia che vivono altrove e sarebbero felici di tornare), che magari non vorranno fare gli insegnanti, ma sono pronti a svolgere un ruolo importante per lo sviluppo in senso trilingue di questo territorio. La politica tende ad ingigantire il problema della scarsa qualificazione perché purtroppo è essa stessa ad essere linguisticamente poco qualificata. Quanti sono i politici pienamente trilingui in questa Provincia? Al di là degli indubbi meriti politici di Spagnolli, è triste che si sia tanto esaltata la sua buona conoscenza del tedesco: la piena padronanza dell’altra lingua provinciale e almeno dell’inglese dovrebbe essere una condizione elementare, scontata per qualunque politico. E lo è in ampi strati della società, in entrambi i gruppi linguistici. La politica invece, abituata a guardare troppo a se stessa, finisce spesso per dimenticare le forze vive, qualificate, trainanti della società.

La triste vicenda delle sperimentazioni al Liceo Carducci può e deve diventare l’occasione per riparlare di multilinguismo nella scuola e nella società in modo nuovo e libero da antichi paradigmi. Per non trovarci ad essere una società magari ancora ricca ma culturalmente nella periferia d’Europa.

Alto Adige, 20 giugno 2010



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