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Risorgimento di Tenebra - Praeterius Sanguis - Capitolo 2
Creato il 25 maggio 2012 da Narratore @Narratore74Ed eccomi, in ritardo abissale sulla tabella di marcia, a regalarvi il secondo capitolo del mio racconto tenebroso.
Devo però fare un paio di precisazioni prima di lasciarvi alla lettura: tecnicamente il concetto alla base dell'iniziativa è di creare una storia, ambientata nel risorgimento italiano, in cui la paura e l'orrore stravolgano quella che è la storia conosciuta. Quello che voglio dire è che, anche se per il momento la mia è ambientata con qualche secolo di anticipo, vedrete che piano piano ci avvicineremo al periodo giusto. Il problema è che devo gettare un background di fondo essenziale e non posso farlo senza raccontare un pò di rinascimento. Nel capitolo che state per leggere si delineano alcuni dei personaggi principali e un abbozzo di quello che verrà poi. Una sorta di capitolo di passaggio che spero vi piaccia e vi lasci la curiosità di sapere come continuerà questa storia. Ma ora basta, è arrivato il momento di lasciarvi alla lettura di questo capitolo. Buon divertimento!
Risorgimento di tenebra Praeterius Sanguis - Capitolo 2 "Una visita inaspettata"
Quando Leonardo aprì gli occhi, con la mente e i pensieri ancora avvolti nelle spire di quel macabro rogo, non riconobbe il volto candido e liscio che gli si parava dinanzi.
Si stropicciò gli occhi, come a voler sollevare un sipario troppo pesante e spesso, mentre quel viso continuava a chiamarlo e a riferirsi a lui.
«Maestro… Maestro… tutto bene?» Ah che voce soave. Così chiara, limpida, come il canto di un ruscello in piena estate… Leonardo si sollevò; le vesti, le stesse della sera precedente, scivolarono un poco, fermandosi dal cadere solo grazie alla solerzia del giovane che le prese e le posò con grazia sul giacilio. «Maestro, come vi sentite? Vi ho udito mormorare qualcosa nel sonno, poi, con improvviso ardore, un grido vi è scaturito dalla gola…» Leonardo, che oramai aveva riconosciuto il volto familiare del Melzi, si aggiusto la tunica e si sedette composto. «Grazie…» disse quasi bisbigliando, «che ore sono?» «Il sole è sorto da un pezzo, Maestro, e l’ora del primo pasto è passata…» «Dov’è Giacomo?» chiese Leonardo, interrompendo il giovane. Sul volto di Francesco Melzi, appena sedicenne, si dipinse una punta d’invidia, però mascherata subito da un reverenzialismo innato. «Di là,» disse indicando la porta dello studio, «sta preparando le carte e i pennelli…»
Leonardo si alzò. Senza alcun pudore si tolse le vesti e le lasciò nelle braccia di Francesco. «Preparami un bagno, caldo, e aggiungi alcune gocce di olio di ginepro.» «Certo Maestro, subito.» Detto questo Francesco si congedò, lasciando Leonardo solo. Nudo, con il corpo che si beava nei raggi del sole del mattino, Leonardo si avvicinò alla finestra. Nella testa risuonava ancora la risata che aveva udito in quel sogno, che andava già sfumando nei ricordi, e non poté trattenere un brivido. Un presagio di sventura si stava avvicinando e la certezza che né la giornata limpida, né il bagno caldo avrebbero potuto lavare via quella sgradevole sensazione, s’insinuò attraverso la pelle come un fastidioso insetto.
Francesco versò l’acqua nella vasca. Quelli erano compiti che spettavano a lui, come le altre faccende e i lavori più insignificanti. Cercava di abituarsi, di farsi scudo con la promessa che un giorno, forse neppure tanto lontano, Leonardo gli avrebbe dischiuso le porte della sua anima e della sua conoscenza, insegnandogli quelli che erano i segreti più reconditi che giacevano nei suoi pensieri. Invidiava Giacomo. Per tutto quello che lui aveva, per quello che vedeva e udiva, e per quanto si sforzasse di non darlo a vedere, il reprimere certi sentimenti gli risultava sempre più difficile. Ma era giusto così, pensava mentre contava le gocce di olio che cadevano nell’acqua sprigionando un forte odore dolciastro. Esistevano una serie di gradini, di difficoltà, che dovevano essere superate in un ordine prestabilito, senza arrancare ne saltare i passaggi, ma con solerzia e dedizione bisognava affrontare quello che il destino aveva deciso di serbare. Finito di preparare il bagno si dedicò alla pulizia degli abiti, ancora impregnati del profumo del Maestro, della sua saggezza e dalla sua bellezza. Sapeva che Giacomo, più volte, era stato accolto nel giaciglio di Leonardo, altro piacere che a lui era precluso, e spesso finiva per addormentarsi fantasticando sul giorno in cui anche a lui sarebbe stato dato tale onore. Un giorno che sperava non fosse così lontano…
Leonardo si lavò e indosso degli abiti puliti. Il bagno, come aveva sperato, era riuscito a distogliere la sua attenzione dagli eventi delle ultime ore e quando finalmente fece il suo ingresso nello studio sentiva di avere la testa sgombra e pronta a lavorare. Giacomo, come tutte le altre mattine, aveva sistemato tutto e lo spazio sui tavoli da lavoro era pulito e libero da qualsiasi disordine. «Buongiorno Maestro, dormito bene?» «Sì Giacomo, grazie…» mentì Leonardo, omettendo quel poco che ricordava del sogno. «Sa…» disse Giacomo, «mi chiedevo se oggi avrei potuto portare avanti quel dipinto di cui vi avevo parlato… sempre se non abbiate altro da farmi fare…» «No, nulla per oggi. Dipingi pure, io me ne starò qui a guardarti mentre lavori.» Un sorriso misto ad un profondo senso di gratitudine si allargò sul volto di Giacomo, che immediatamente si affrettò a preparare i colori e il cavalletto. Poi raccolse una tela appena abbozzata e la posizionò, preoccupandosi di metterla bene in luce. Quando si mise al lavoro sembrò distaccarsi dal mondo, assorbendosi a quell’immagine che per il momento esisteva solo nella sua mente. Leonardo, che ne frattempo aveva iniziato a disegnare alcuni schizzi su un foglio, si ritrovò ad ammirare la bellezza di Giacomo, i suoi boccoli rossi che scendevano lungo le spalle formando un caspo soffice e luminoso. I lineamenti del suo viso erano aggraziati, solidi e delicati, come se la natura gli avesse infuso le parti migliori dell’uomo e della donna, creando un connubio semplicemente perfetto. Fu rapito a tal punto dalla visione che si formava nella sua mente, che quasi non sentì il bussare leggero alla porta. «Avanti…» disse usando un tono di voce molto basso, per non distrarre Giacomo dal suo lavoro. Il volto di Francesco si affacciò, nei suoi occhi si poteva scorgere una vaga preoccupazione. «C’è una visita per voi…» disse mentre discostava lo sguardo dalla tela su cui stava lavorando Giacomo. Leonardo, che sapeva bene che Francesco non si sarebbe mai azzardato a disturbarlo nel suo studio, si alzò. Poi, gettando un ultimo sguardo a Giacomo, che peraltro sembrava non essersi accorto di nulla, uscì. La persona che si stagliava contro la luce proveniente dalla strada era una figura che ben conosceva e da tempo aveva imparato ad evitare. «Buona giornata Leonardo,» disse l’uomo, sorridendo in maniera sarcastica, «ti ho disturbato? Se è così me ne dispiaccio…» Leonardo dovette reprimere la rabbia che velocemente montava dentro di lui. Fra tutti coloro che sperava di non incontrare al suo ritorno, quella persona era la peggiore, l’unica in grado di fargli perdere il controllo e spingerlo verso limiti che odiava. «Michelangelo… quale macchinazione ti porta nella mia dimora, stavolta?» «Leonardo, Leonardo… sempre ostile a quanto vedo… non avere paura, sono qui per fare due chiacchiere con un vecchio amico e parlare di quello che ha portato con se dall’ultimo viaggio…» Leonardo sbiancò. Lui non poteva sapere, nessuno sapeva… però era innegabile che il riferimento fosse proprio a quello che aveva nascosto la sera prima, a quello che nessuno avrebbe mai dovuto scoprire. Non era preparato a quella conversazione, tantomeno a portarla avanti con quell’interlocutore. Come poteva lui, il suo unico e inattaccabile nemico, sapere?
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