by Federica De Masi · 6 febbraio 2014
Il reboot di Josè Padilha non delude le aspettative: il director prende Robocop con cautela e costruisce un film a metà tra remake e innovazione che accontenta i nuovi e i vecchi fan …
Il materiale remake è sempre molto difficile da maneggiare. Esperimenti come OldBoy di Spike Lee o quello di Atto di forza ad opera di Len Wiseman sono rimaste delle brutte operazioni commerciali che hanno letteralmente infastidito gli affezionati agli originali e soprattutto non hanno avuto un grosso seguito. Non sempre è così, qualche volta con rispetto si cerca di rilanciare un cult rigenerandolo, offrendo un prodotto diverso che non disonora la pellicola madre ma aggiunge nuove prospettive interessanti (vedi Evil dead di Fede Alvarez).La volontà di rimettere le mani al personaggio di RoboCop è venuta un po’ per caso come racconta il regista Josè Padilah: “Durante un meeting alla MGM ho visto, sulla parete, un poster del primo RoboCop (del 1987 n.d..r.), e ho esclamato, ‘Ecco il film che vorrei fare!’ È bellissimo, un’icona, un classico. E loro hanno replicato: ‘Ok, facciamolo’. È stata una coincidenza fortunata: uno studio provvisto del materiale adatto, con un dirigente che era un fan del film ed un poster al momento giusto”. Le carte sul tavolo c’erano tutte perché il regista brasiliano è stato largamente apprezzato per i suoi due film precedenti Tropa de elite – Gli squadroni della morte (che ha vinto l’Orso d’Oro a Berlino nel 2008) e Tropa de elite 2.
Quello che si apprezza vedendo il Robocop del 2014 è che lo stile di Padilha resta ben visibile. Allontanandosi dalle atmosfere anni ’80, il
regista brasiliano opta per uno stile convulso, che ti butta direttamente nell’azione, mantenendo un ritmo alto e concitato. Inoltre di questo remake si apprezza il change della storia, che inventa una nuova linea narrativa totalmente distante dal cult diretto da Paul Verhoeven, quest’ultimo molto più cyberpunk. Il film raccoglie lo spirito di denuncia del 1987, ma si focalizza di più sulla componente esistenziale del personaggio. Negli anni ’80 l’avvento della tecnologia era il punto su cui si fondava il film, e il messaggio di denuncia legato al mondo lavorativo (la macchina che sostituisce l’uomo) funzionava egregiamente. Oggi siamo circondati dalla tecnologia, divenuta estensione quotidiana del nostro corpo, e vedere l’uso di protesi hi-tech non è così strano. Padilah intelligentemente va a colpire il sistema capitalistico, compreso il mondo della comunicazione e del marketing, che imbocca le masse e crea i loro bisogni per instaurare un interessante discorso legato alla perdita dei valori etici, ma soprattutto sul libero arbitrio che ricorda un po’ Essi vivono di John Carpenter.Il film come ambientazioni e fotografia adotta un’impronta contemporanea, nonostante ci si trovi nel 2028, che lo fa sentire molto vicino a noi. Gli effetti speciali in CGI, che sostituiscono lo stop motion del film originale, sono molto validi, e il design adottato per il poliziotto d’acciaio è all’ultimo grido.
In sostanza il Robocop del 2014 non è affatto male: diverte, intrattiene, appassiona e attiva riflessioni importanti. Un buon blockbuster con buone interpretazioni a partire dal protagonista – che sostituisce Peter Weller che interpretò il primo Robocop- l’olandese Joel Kinnaman conosciuto per la serie tv The killing, affiancato da un cast di star: Gary Oldman, Michael Keaton, Abbie Cornish e Samuel L. Jackson.
Federica De Masi
Regia: José Padilha – Cast: Joel Kinnaman, Gary Oldman, Michael Keaton, Abbie Cornish e Samuel L. Jackson – Paese: USA – 2014
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