Cinquecentomila euro. Questa è la cifra che i rapitori di un settantenne proprietario di un garage sull’Aurelia volevano estorcere alla famiglia. Non fossero euro ma lire si potrebbe scambiare questa notizia per un trafiletto in qualche giornale datato 1975 o giù di lì.
Cinquecentomila euro scritto su un biglietto lasciato per terra prima di portare via l’anziano e legarlo, neanche bene, in un casolare nei pressi di Latina. La crisi morde feroce alle finanze e agli stomaci degli italiani. Ma non è solo fame. E’ un modello di vita che non potremo più vivere quello che molti non accettano ma ricercano.
Non erano certo dei professionisti quelli che hanno colpito alla testa con una pistola il collaboratore del gestore dell’autorimessa. Non erano professionisti quelli che hanno allentato le corde rendendo più facile la fuga del rapito . Per fortuna aggiungerei. Dei rapitori distratti, forse al loro primo tentativo di sequestrare qualcuno. Forse con la scuola di qualche film o di un racconto di qualche vecchio “fenomeno” degli anni passati.
Mentre il mondo va verso il futuro il crimine preferisce i metodi vintage per cercare nuove forme di guadagno. Il cerchio della giustizia si stringe sui rapitori e sulle loro storie, storie che trasformano uomini in uomini sbagliati, che sono sempre puntuali a scegliere la via sbagliata per ingiustificabili motivi. E come spesso accade i rapitori saranno solo i carcerieri di se stessi.
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