“L’inquinamento mafioso non si limita al solo riciclaggio o allo spaccio di stupefacenti, ma si estende all’utilizzo di modalità mafiose per la riscossione di estorsioni e tangenti, e all’ampliarsi del giro dell’usura. E proprio nel territorio romano, negli anni passati, si sono realizzate strette alleanze tra clan mafiosi-camorristici, gruppi criminali locali e consorterie criminali straniere.”
(Fonte XIII Rapporto di Sos Impresa “Le mani della criminalità sulle imprese”)
Roma Violenta. Così il titolo della relazione che S.O.S. Impresa ha presentato nel gennaio scorso sugli effetti che le azioni criminali ormai eterogenee e di vasta portata stanno avendo sull’economia, la geografia e la società della capitale.
Il filo delle narrazioni che ha cucito i racconti di cronaca sulle pagine dei giornali per tutto il 2011 e fino a questi primi mesi del 2012, ha sin qui tratteggiato un quadro preoccupante sulla violenza dilagante a Roma.
Ammazzamenti, agguati e ritorsioni hanno disegnato quasi quotidianamente le occupazioni delle forze dell’ordine con i pochi mezzi a disposizione e nonostante i patti messi in campo da prefettura e comune. 33 omicidi e 20 sparatorie non sono pochi per chi Roma la vive (professionisti, lavoratori pendolari, cittadini, passanti e turisti).
Ma i dati di S.O.S. Impresa, insieme alla relazione che la Procura Nazionale Antimafia ha stilato per l’anno passato, danno una lettura meno emotiva e più focalizzata sui fatti. A cominciare dal grafico sugli omicidi commessi, in cui emerge come Roma abbia ormai superato persino la città di Palermo, almeno da un paio di anni a questa parte.
Un dato importante è quello riferito all’aumento delle rapine nella Capitale legato direttamente al fenomeno delle estorsioni:” (…) Dati allarmanti che mettono in risalto come, rispetto al 2010, le rapine a Roma siano aumentate dell’11% e come, sempre rispetto al passato, i principali obiettivi dei rapinatori siano diventati quegli esercizi commerciali che non possono contare su forme di controllo quali vigilanti o casseforti a tempo.”
La crisi dunque la fa da padrona mettendo all’angolo quei commercianti che non potendo investire in sicurezza devono subire o peggio sottostare a continui ricatti intimidatori. E’ un’estorsione di tipo particolare quella che emerge dalle parole di Bianca La Rocca (Responsabile Ufficio Stampa di S.O.S. Impresa) che spiega a Notte Criminale:
”Rispetto alla realtà del Sud d’Italia, che vede ben definita un tipo di estorsione legata al puro pizzo, quella che ha preso piede a Roma colpisce le attività attraverso l’imposizione di merce, l’assunzione di personale imposto oppure la presenza di vigilanti privati. In questo modo – continua La Rocca – l’attività criminale permette un’esposizione minore e s’insinua in modo costante.”
La Rocca fa riferimento anche al recente scandalo che ha investito l’amministrazione pubblica capitolina con il racket delle licenze che dei vigili urbani avrebbero imposto ad alcuni negozianti del centro storico. L’indagine è ancora in corso e certo le singole testimonianze di pochi imprenditori, due finora (Bernabei e Condello), non possono dare la cifra dell’esistenza di un vero e proprio sistema, come l’ha definito lo stesso Bernabei.
Dice La Rocca:”Il problema sta a monte: le norme che regolano l’idoneità delle licenze delle attività commerciali sono tante e talmente complesse che al negoziante spesso viene suggerito di attendere l’arrivo del vigile urbano di zona per il calcolo effettivo dei pagamenti secondo quanto spetta all’attività; è lì che scatta poi in alcuni casi il facile compromesso. Ma parlare di un vero e proprio sistema ossia di un’organizzazione vera e propria a capo di tutto è forse un po’ azzardato e in anticipo rispetto alle indagini in corso.”
Su questo punto il Presidente del I Municipio, Orlando Corsetti sembra anche convergere come dichiarato da lui stesso pochi giorni fa: “C’è probabilmente solo un piccolo gruppo di mele marce tra i vigili del primo gruppo, non credo si tratti della totalità. Con alcuni di loro ho lavorato gomito a gomito nell’operazione tavolino selvaggio e sono delle brave persone”. Per quanto riguarda l’usura, reato endemico alla città di Roma sin dai tempi dei singoli “cravattari”, S.O.S. Impresa si erge a tutela dei commercianti cercando di agire anche a livello culturale. E’ infatti già alla seconda edizione il “No usura Day” giornata di denunce e proposte per rimettere al centro della politica e della società civile, nonché dell’informazione, il dramma dell’usura.
La Rocca ci spiega come l’usura sia ormai sempre più terreno delle organizzazioni criminali quali ‘ndrangheta e camorra (oltre ai clan stranieri, soprattutto di etnia filippina e cinese), le quali spartendosi il mercato in due tipologie diverse rispettivamente, riciclaggio di denaro sporco e pressione sui centri commerciali, controllano anche delle zone precise con l’utilizzo della manovalanza criminale.
Qui la stima in numeri, come sottolineato nella relazione, è più difficile e si può calcolare solo a livelli generali perché ancora un fenomeno sommerso. Si stimano tuttavia circa 28.000 negozianti in tutto il Lazio esposti all’usura (il 32%) Un dato sconfortante legato a questo aspetto è certamente la mancanza di denunce da parte delle vittime: è la faccia dell’omertà legata al compromesso cui molti cedono; omertà spesso rimproverata a certe aree del Sud d’Italia e che sembrerebbe farla da padrona nella Capitale.
La Procura Nazionale Antimafia integra i dati di S.O.S. Impresa:”A Roma, snodo essenziale per tutti gli affari leciti e illeciti, le organizzazioni criminali (soprattutto ‘ndrangheta e camorra) acquisiscono, anche a prezzi fuori mercato, immobili, società ed esercizi commerciali nei quali impiegano ingenti risorse economiche provenienti da delitti. In tal modo esse si dotano di fonti di reddito importanti e apparentemente lecite. “
Certo tra il 2010 e il 2011 diverse operazioni da parte della direzione investigativa antimafia hanno dato un forte colpo a questo tipo di attività, come ad esempio l’intervento sul patrimonio del clan Mallardo, il cui monopolio sul commercio all’ingrosso di bibite e sui centri scommesse era ormai senza controllo in tutto il Lazio. Per non parlare poi del settore immobiliare, con il sequestro di 200 beni fra terreni e immobili.
Anche il pizzo non manca nella stima dei reati. Secondo i dati in possesso di S.O.S. Impresa, non molti per mancanza di denunce, a Roma il pizzo “prende il nome di vigilanza privata e viene vissuto dai commercianti come una tassa sulla sicurezza”, dichiara La Rocca. Qui la fanno da padroni i clan malavitosi romani composti da ex appartenenti alla Banda della Magliana e altre bande sciolte. Gli stessi clan che controllano il mercato dello spaccio e del gioco d’azzardo. “Accade a Piazza Bologna, come alla Borghesiana, e non è detto che lo stesso sistema non abbia preso piede anche in altre zone commerciali come la Via Appia Nuova e la via Tuscolana”, stigmatizza S.O.S. Impresa nella relazione. Qui i dati sono più chiari: paga il pizzo il 10% dei commercianti del Lazio, pari a circa diecimila commercianti, di cui seimila solo a Roma.
Le zone più colpite sono il litorale sud romano, l’agro-pontino e la zona di Cassino (FR). Su una nostra precisa domanda riguardante invece eventuali reati commessi da pubblici ufficiali a danno dei commercianti, S.O.S. Impresa nella persona della dottoressa La Rocca, risponde:
”Anche Sos Impresa e la sottoscritta sono venute a conoscenza di comportamenti riguardanti alcuni atti “non proprio ortodossi” di alcuni esponenti della Polizia Municipale, ma in nessun caso queste “lamentele” sono giunte a una denuncia. Quindi, per una nostra etica professionale che ci impone l’obbligo della denuncia, sono state registrate nel campo dell’aneddotica, invitando, nel contempo, i commercianti a rivolgersi, se lo desideravano, al nostro numero verde (numero che indichiamo anche noi qui 800.900.767), dove avrebbero ricevuto anche l’assistenza dei nostri legali.”
Roma appare sempre più dunque come una città bisognosa di respiro, di educazione alla legalità, di più abitudine alla denuncia, di regole più chiare.
L’autorità giudiziaria da sola non può ripulirne il volto oscuro.
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