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Il che non è in se una cattiva notizia, sia perché mi pare normale che ci sia un dibattito piuttosto acceso tra chi cerca di scalzare dal potere chi lo detiene e chi dovrebbe essere scalzato.
In questi giorni i possibili candidati del partito repubblicano americano alle prossime presidenziali si stanno affrontando in confronti senza esclusioni di colpi, prospettando soluzioni molto diverse ai problemi degli Usa e nessuno si meraviglia e nemmeno si chiede come facciano tutti a militare insieme nello stesso partito.
Ma si sa che l'Italia ha una sua storia molto particolare, fondata più sulla capacità di dividersi che di unirsi e la storia dell'attuale Partito democratico è ancora più particolare, essendo in larga parte basata su quella del fu Partito Comunista Italiano, basato su una ideologia che certamente non amava le voci dissenzienti, che erano già fortunate di essere richiamate solo a fare "autocritica".
Mi pare del tutto normale,dunque, la reazione di Pierluigi Bersani alla manifestazione organizzata dal sindaco di Firenze alla Leopolda, molto meno normali mi appaiono invece le argomentazioni con le quali l'attuale segretario del Pd, che assomigliano più a degli slogan precostituiti che a delle serie contestazioni nel merito.
Non può infatti bastare liquidare le problematiche e le proposte messe sul tappeto da Renzi con l'affermazione che sono idee vecchie, anche se presentate da facce nuove, perché comunque il rinnovamento e la deburocratizzazione del partito (oltre che dello Stato intero) e la riduzione del gap tra le generazioni che l'attuale assetto istituzionale ha creato in tutti i settori, problemi gravi e molto sentiti, come dimostra la folta partecipazione al convegno della Leopolda, alla quale sono intervenuti circa 10mila persone, con 500. 000 contatti streaming e le spese interamente coperte grazie alla raccolta di 20mila euro in soli due giorni: numeri che dovrebbero far pensare a quanto interesse l'iniziativa ha creato e sommata a quella organizzata a Bologna da Civati dovrebbe far partorire a Bersani giudizi meno avventati.
Posso capire che il personaggio Matteo Renzi non convinca appieno. In effetti non convince neanche me questo suo attivismo confusionario, che spesso mette nello stesso calderone cose che dovrebbero stare separate e propone soluzioni confuse e tutte da verificare, ma non si può negare che il giovane sindaco di Firenze, che mette troppa enfasi sul quel giovane proprio per marcare il divario generazionale con la gerontocrazia del partito, si è fatto portavoce di un malcontento largamente diffuso che non può essere ignorato.
Pare invece che le decisioni su cosa fare la segreteria del Pd l'ha già presa da un pezzo e consiste nel ricercare di recuperare le ali estreme di quelle che fu il Pci e questo significa che si è scelto un ritorno al passato che non potrà che portare di nuovo alla sconfitta.
In questo senso devono essere lette pure le dichiarazioni del leader del Sel Nicky Vendola, che ha liquidato Renzi come un uomo di destra e sostanzialmente estraneo alla cultura della sinistra, e perfino quella del redivivo Oliviero Diliberto, che pur di tornare in parlamento è disposto a giurare fedeltà e obbedienza eterna al Capo.
Ma credono i dirigenti del Pd che riformare il blocco omogeneo del Pci e magari allearsi con l'Idv di Di Pietro, ma si tenta pure l'aggancio dell'Udc di Casini, possa dare una risposta ai problemi reali e al malcontento, soprattutto a quelli delle nuove generazioni?
Questa ennesima coalizione si presenterebbe piuttosto come il blocco della conservazione, essendo l'erede diretta delle forze politiche e sindacali che questo Stato delle cose hanno progettato e realizzato e che continua a difendere i privilegi di gerazioni ultra garantite a scapito delle nuove vittime del precariato e della povertà sempre più diffusa (il tasso di disoccupazione giovanile è arrivato al 29,3%).
A questo punto non rimane che aspettare le attesissime primarie del Partito democratico, sempre che non siano delle vere primarie e non l'ennesima occasione perduta per dimostrare che si vuole fare sul serio e di giocare con carte non truccate. I precedenti non sono in questo incoraggianti, ma i dirigenti del Pd devono ricordare che a Napoli, dopo le primarie col trucco ha vinto De Magistris.
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