Magazine Rugby
Ed eccoci, torneo finito, a tirar le somme di un torneo non povero di sorprese, che ci ha visto arrivare quarti, posizione impensabile da raggiungere anche solo fino a 3 anni fa, evitando il temuto cucchiaio di legno, torneo dal quale usciamo con tanti rammarichi, sicuramente un colpo di fortuna in più e l’Inghilterra, in quegli ultimi minuti, poteva essere battuta… ci lasciamo alle spalle anche tante occasioni sprecate, tanti errori, tanti punti regalati e troppo pochi all’attivo, ma alla fine delle cose negative usciamo da questo torneo relativamente perdenti, sulla carta, ma vincenti nella testa. Finalmente abbiamo iniziato a giocare a rugby, come squadra, non più con l’azione del singolo, non più per episodi. In quanti di noi si ricordano Diego Dominguez e i suoi punti al piede, quanti di noi hanno ancora in mente la meta di Kaine Roberston contro il Galles nel Sei Nazioni 2007 che ci regalò un calcio da una nostra ruck e sfruttata la sua velocità e il rimbalzo amichevole del pallone, superò gli avversari e infine la linea di meta; sicuramente tutto ammirevole, ma frutto di azioni individuali, che in questo sport non conducono da nessuna parte, di certo non alla vittoria. Da quest’ultimo massimo torneo europeo della palla ovale, invece, usciamo con in mente le azioni da meta degli azzurri, i sottomano di Parisse dalle ripartenze dalle mischie chiuse, i cambi di passo, la diga difensiva, la salita in difesa, tutto sicuramente difficile, sofferto, combattuto, ma in questo sport niente ti viene regalato! Azioni improponibili ad un XV nazionale inesperto e acerbo come quello che ci lasciamo alle spalle ed è per questo che per i nostri azzurri la vittoria con l’Irlanda, deve essere un punto di partenza positivo da cui migliorare ancora. Ora inizia il nostro cammino, le parole degli inglesi prima del match del 10 Marzo ne sono la prova: “bisogna iniziare ad aver paura degli italiani, ora sanno giocare a rugby!”. Sono parole che, da appassionato e giocatore, mi riempiono di orgoglio, di gioia e di fiducia in questo gruppo per il prossimo Sei Nazioni. Ricordiamoci che sono proprio gli inglesi che hanno inventato questo gioco ed è merito loro se ora giochiamo e assistiamo a questo nobile sport con cosi tanta passione, quindi rispetto a loro, ora che iniziano ad averne di noi. Ci lasciamo alle spalle, con la chiusura di questo torneo, oltre ai rimorsi anche un giocatore che è stato un muro portante della nostra nazionale, un pilastro, o meglio, un pilone di questa nazionale, il Barone Andrea lo Cicero, che con la presenza numero 103 contro l’Irlanda ha onorato la maglia azzurra, oltre a superare di due caps le presenze di Alessandro Troncon, storico numero 9 dell’Italia; e che miglior saluto poteva offrirci? La sua presenza nella vittoria storica in un Sei Nazioni contro l’Irlanda! I festeggiamenti seguiti all’ultimo match sono stati in parte per lui, che ha deciso di lasciare la squadra per far spazio ai giovani che nel 2015 andranno al mondiale. Scelta sofferta, dice lui, ma necessaria per il bene della maglia italiana. Un mio ringraziamento, come credo di tutto il popolo rugbystico italiano, va proprio ad Andrea, che per noi ha giocato, sofferto, lottato ed esultato. Ora passa la palla alle nuove leve, i giovani che negli ultimi anni hanno dedicato parte della loro vita all’allenamento intenso proprio per questo momento, per il loro esordio. Chi Brunel chi avrà in mente di premiare con la maglia numero 1 di lo Cicero siamo tutti sicuri che sarà un giocatore altrettanto valido, ed avrà sulle spalle dal prossimo sei nazioni, oltre alla responsabilità legata a quella maglia, sicuramente tutto l’entusiasmo del Barone, che guarderà ormai purtroppo da bordo campo.
Grazie Andrea!
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