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Rwanda, i tribunali sono chiusi ma Gacaca vive ancora

Creato il 25 giugno 2012 da Dragor

Gacaca 2__________________________________________________________________________________   

   Come riconciliare gli abitanti di un paese marchiato da uno dei più terribili genocidi della storia? Come restaurare l’unità minata dai colonialisti e dal loro braccio secolare, i preti? Ce lo spiega il presidente Paul Kagame nel discorso pronunciato nel Parlamento il 18 giugno in occasione della chiusura ufficiale dei Gacaca, i leggendari tribunali popolari rwandesi: “Considerata l’immensità del problema e le nostre le risorse limitate, la giustizia convenzionale non dava i risultati sperati. In alternativa avevamo tre scelte: le prime due, la vendetta e un’amnistia generale, avrebbero entrambe portato all’anarchia. Così abbiamo scelto la terza strada, la più difficile: restaurare l’unità e l’integrità del paese. Abbiamo riesumato i Gacaca, il nostro tradizionale meccanismo di risoluzione dei conflitti, adattandolo per rispondere alle nuove sfide.”

   Dieci anni fa questi tribunali popolari sono stati reintrodotti in Rwanda come alternativa per giudicare i presunti colpevoli del genocidio che affollavano le prigioni. La giustizia convenzionale avrebbe impiegato secoli per fare i processi. In 10 anni i questi tribunali hanno giudicato 2 milioni di casi. Non erano perfetti, tutt’altro. Basti dire che a volte i processi si sono dovuti annullare perché si è scoperto che i giudici erano genocidari. Sono stati criticati dall’estero e dall’interno, ma queste critiche non hanno offerto valide alternative. I tribunali non hanno soltanto giudicato ma anche promosso la riconciliazione, invitando al dialogo gli assassini e i superstiti, rivelando la verità sul Genocidio e mettendo fine alla cultura dell’impunità.

   I Gacaca sono stati un fenomeno unico nella storia mondiale. Un’immensa catarsi popolare, una sorta di psicodramma liberatorio in cui gli assassini e i superstiti si sono incontrati per riconciliarsi, di ritrovare quell’unità minata dal razzismo importato dai colonialisti per dividere un popolo che gli stava sfuggendo di mano. Unità, una parola che da secoli terrorizza i colonialisti e dai tempi di Monctezuma spesso è costata la vita o l’esilio a chi ha osato pronunciarla per opporsi al giogo straniero. Ne hanno fatto le spese i nostri re Muzinga e Mutara III, uno esiliato e l’altro assassinato per avere detto che non esistono razze ma solamente Rwandesi. Per dividere il nostro popolo i colonialisti, nella persona del prete svizzero Perraudin autore di un famigerato decalogo razzista e fondatore della rivista razzista Kangura, hanno introdotto in Rwanda il razzismo sul modello europeo, costruendo un regime clerico-fascista appoggiato dal Vaticano che dopo 34 anni di massacri avrebbe portato al genocidio del 1994.

   Ho assistito a 2 sedute di un tribunale Gacaca tenute all’aperto, davanti agli abitanti del quartiere. Per ore tutti hanno fatto che parlottare.Ero un po' deluso, mi avevano parlato di assassini e superstiti che si abbracciavano piangendo, ma là non succedeva niente. Ho capito qualcosa solamente alla fine, quando un’anziana superstite mi ha detto: “Mi ha aiutato a trovare i resti dei miei fratelli e delle mie sorelle. Li avevano gettati in un pozzo nero.”

     Ho visto il Rwanda prima, durante e dopo la guerra. Una volta l’odio si respirava nell’aria, era sancito perfino dalle carte d’identità sulle quali era obbligatoria la menzione etnica. Oggi il Rwanda è unito. E non soltanto, ma è forse il paese più unito che abbia mai conosciuto. Un paese dove amore, riconciliazione e unità hanno preso il posto dell’odio e della divisione imposti dai colonialisti. Potete constatarlo di persona, siamo un paese trasparente. Per affrontare il futuro ci siamo rivolti al passato. I tribunali sono chiusi, ma Gacaca vive ancora.

Dragor


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