La sensazione è in breve divenuta certezza: i San Antonio Spurs non saranno i prossimi vincitori del titolo NBA, fallendo per la quinta volta la possibilità di aggiudicarselo per due anni di seguito e l’eliminazione patita ai danni dei Los Angeles Clippers è forse l’unica certezza in questo finale di stagione decisamente amaro per i nero-argento.
La regular season di quest’anno la si può definire onesta, con buone statistiche sia in attacco che in difesa (senza nessuna vera eccellenza): forse era lecito chiedere di più del sesto posto che ha portato San Antonio a scontrarsi contro i losangelini ma va tenuto sempre conto dei tanti infortuni capitati al roster di coach Popovich e dell’altissimo livello di competitività della Western Conference che ha di fatto deciso la griglia playoffs solo all’ultima giornata.
Troppi sono adesso i dubbi che aleggiano nella testa degli speroni, il primo tra tutti è forse per quella parabola di tiro scoccata da Chris Paul che ad un secondo dalla termine della decisiva gara 7 ha mandato i texani a casa. Pur essendo una sconfitta risicatissima inflitta per mano di una squadra in grande ascesa come i Clippers, l’insoddisfazione è molto alta in casa Spurs e nel corso di questa lunga estate molte saranno le decisioni da prendere che coinvolgeranno i principali pilastri della squadra. Quei pilastri che hanno scritto la gloriosa dinastia Spurs iniziano a logorarsi sotto il peso dell’età che avanza ed ovviamente ogni anno che passa la possibilità di un ritiro dal basket NBA si fa sempre più concreta. Lo sanno bene sia Tim Duncan che Manu Ginobili, entrambi disposti a rimettersi in gioco alle soglie dei 40 anni (39 Tim, 37 Manu) dopo il titolo dell’anno passato e che senza dubbio speravano di difendere, magari fino alla finale di Conference, il titolo di campioni in carica uscenti.
Legato ai destini dei primi due è anche coach Gregg Popovich, il fattore alfa di questi Spurs, che a margine dell’eliminazione di San Antonio ha espresso il suo pensiero, come sempre fuori dagli schemi (ma che apre ad un possibile posticipo della cerimonia d’addio per i senatori Spurs):
“Sono molto felice per i Los Angeles Clippers. Congratulazioni a loro, a Doc ed al suo staff. E’ stata una grande serie, veramente ben giocata, con classe, senza alcuna tensione sul parque, tranne quando facevamo fallo su Jordan. Molti mi chiedono del mio futuro, di quello di Tim e di Manu. E’ tutta questione psicologica. Non ne ho idea. Probabilmente torneremo. L’assegno è ancora abbastanza buono“.
A proposito di soldi, la dirigenza di San Antonio dovrà metterne da parte tanti per trattenere Kawhi Leonard in nero-argento (qualifying offer per lui) e gestire i rinnovi contrattuali dei molti free agent in roster (che oltre ai su citati Duncan e Ginobili annoverano anche Aron Baynes, Marco Belinelli e Danny Green). Il tutto monitorando il mercato in cerca di nuovi giocatori da portare a casa per innalzare da subito il tasso tecnico della squadra: LaMarcus Aldridge e Marc Gasol sono in cima alla lista della dirigenza Spurs ma è chiaro che la priorità assoluta è quella di riconfermare (se possibile) l’attuale struttura Spurs, sottoponendo un contratto da veterani al caraibico ed all’argentino per favorire il naturale processo di rafforzamento della squadra attraverso il mercato free agent, convincendo Pop ad un altro giro di valzer.
#NBA @manuginobili a @lanacioncom: "Ritiro? Tra un mese decido. Parlerò con Duncan e coach Popovich. E' difficile" http://t.co/b7nLE6dTBE
— Basketcaffe.com (@Basketcaffe) May 6, 2015
L’eliminazione al primo turno è un chiaro segno della necessità di rinnovamento, che nel caso di San Antonio non necessariamente fa rima con ricostruzione. Parker, Duncan, Ginobili e Diaw non saranno magari dei ragazzini agguerriti alle prime armi, ma la loro esperienza e cultura del lavoro può continuare ad essere utile ad una squadra che ha le proprie idee, sulle quali ha costruito una leggenda che vive ancora nel presente.