Magazine Società
di David Incamicia
Sono stato come tutti gli anni in giro per negozi con la mia famiglia. Così, tanto per dare un'occhiata e per respirare il clima del vicino Natale. Forse, in realtà, per esorcizzare l'aria pesante del disagio che da troppo tempo impregna il cielo italiano. E in effetti non è che tiri un'aria positiva... La crisi si sente e si tocca! La si scruta nello sguardo dimesso e rassegnato dei commercianti appoggiati alle porte in attesa che entri qualcuno. O in quelli, tanti, che alla fine si fanno coraggio ed entrano ma difficilmente poi escono con le buste acconciate a festa in mano. Non bisogna essere economisti per accorgersi di come, chi più e chi meno, ci siamo tutti un pò impoveriti.
E allora mi chiedo, anche quest'anno, se sarà davvero Natale per tutti. Se lo sarà per le migliaia di ragazzi che proprio oggi scendono di nuovo in piazza per protestare contro una riforma del sistema universitario presa come simbolo del furto del loro futuro. Se lo sarà per gli aquilani e per gli abitanti di Terzigno, per i cassintegrati rinchiusi da mesi all'Asinara, per i milioni di disoccupati e per i precari. Se lo sarà, in definitiva, per i tanti cittadini di questo Paese che vivono nel silenzio e lontano dai riflettori le proprie storie di sofferenza.
Mi capita sovente di approfondire le pubblicazioni del sito Redattore Sociale, specializzato nell'analisi del disagio e nella propomozione delle attività di solidarietà, e ci sono storie che non possono non colpire. Ad esempio, di recente mi sono imbattuto nella notizia che nel 2009 Telefono Amico Italia ha ricevuto oltre 100 mila telefonate, in media una ventina ogni ora e per quasi il 70% da parte di utenti uomini. Ma uno dei dati più significativi è che il numero delle richieste di aiuto si fa più consistente proprio durante le feste natalizie che, assai di frequente, vengono percepite come un momento di particolare stress in cui chi è più fragile si sente più solo e triste.
Dall'elaborazione dei dati dell'Osservatorio sul disagio emotivo, infatti, (condotto appunto da Telefono Amico in collaborazione con Astra Ricerche) emergono alcuni elementi che evidenziano come la solitudine stia cambiando volto: "La crisi, materiale e di valori, ha accentuato il senso di solitudine, che emerge in modo particolare negli uomini di età compresa fra i 35 e i 55 anni. Nella precarietà generale e nelle incertezze per il futuro, sentono di non essere più in grado di badare a se stessi e alla propria famiglia".
Al fine di fronteggiare questa esigenza di ascolto, per il quinto anno consecutivo i volontari di Telefono Amico si mettono a disposizione di chi soffre di solitudine o si sente in crisi. A partire dalle ore 10 del 24 dicembre e fino alla mezzanotte del 26 dicembre, chiunque potrà chiamare il servizio di ascolto telefonico nazionale al numero 199.284.284, attivo 24 ore su 24. L’associazione lancia proprio in questi giorni, inoltre, il blog "Natale in ascolto" dove chi lo desidera potrà esprimere un appello o una riflessione. C'è, poi, chi anche nella solitudine e nel disagio non può permettersi di chiamare una voce amica in grado di portare conforto. Sono i 58 bambini figli di madri detenute che trascorreranno il Natale dietro le sbarre, in palese e grave violazione della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, e dei quali tante volte mi sono occupato su questo blog. Per loro sarebbe stato certamente meglio il camino di una casa, possibilmente della loro casa, ma così non sarà. Babbo Natale sarà costretto a portare i doni, anche quest'anno, negli Istituti di pena.
Molte delle loro madri detenute avrebbero diritto agli arresti domiciliari speciali e potrebbero uscire dal carcere. Ma anche questo non è possibile. Le attuali norme di legge lo impediscono, con la conseguenza che a pagare il prezzo più alto di questo divieto sono proprio i bambini che nascono e crescono in carcere per poi essere separati senza pietà dal loro unico affetto al compimento del terzo anno di vita. A volte hanno fratelli e sorelle più grandi che li attendono a casa, anch'essi privati della presenza e delle cure di una madre, e si stima che siano almeno cinquemila i minori in questa condizione.
Per rimediare a questa indegna situazione sarebbe stato sufficiente che il testo di legge fermo da tempo in Commissione Giustizia della Camera fosse discusso dal Parlamento così da essere approvato, finalmente, entro il prossimo Natale. Ma nel Palazzo, manco a dirlo, le cose serie sono bandite e si preferisce far finta di discutere d'altro purchè ideologicamente e propagandisticamente. Senza scordare l'atavico pregiudizio che da sempre esiste nella nostra cultura rispetto ai bambini, specialmente se si tratta della primissima infanzia, visti non proprio come soggetti detentori di diritti civili nonostante la legislazione vigente.
E' per questo che Terre des Hommes con le associazioni A Roma insieme e Bambini senza sbarre, chiedono a gran voce che "siano apportate con urgenza alcune modifiche chiave al testo unificato ancora in discussione alla Commissione Giustizia, perché davvero si realizzi l'obiettivo, che a parole tutti condividono, che nessun bambino varchi più la soglia di un carcere". In particolare, le promotrici dell'iniziativa chiedono di:
- evitare il carcere per le madri con bambini da 0 a 3 anni, anche come misura cautelare;
- far accedere le mamme agli arresti domiciliari speciali portando, finalmente, fuori dal carcere i propri bambini;
- permettere alle mamme di accompagnare e di restare con il proprio figlio/a per tutta la durata del trattamento qualora esso/a abbia urgenza di essere portato al pronto soccorso, necessiti di ricevere cure specialistiche o ci sia la necessità di un ricovero ospedaliero;
- tutelare anche le straniere detenute in quanto madri recluse con i propri figli evitando, a fine pena, l'espulsione automatica senza alcuna verifica;
- affrontare il problema della detenzione delle donne con bambini con l'ottica prioritaria del bambino, come detta la Convenzione Onu, evitando, comunque, il più possibile il carcere e consentendo alla madre di scontare la pena in luogo diverso dal carcere, anche se attenuato. Si tratterebbe di un provvedimento semplice, economico, rapido, risolutivo, eticamente e socialmente rilevante oltre che giusto. Altro che processo breve, intercettazioni, legittimo impedimento e tagli lineari a go go... Buon Natale a chi soffre, dunque, e a chi ancora crede nella forza dei sogni.
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