Sbatti il mostro in prima pagina, con regia di Marco Bellocchio (1972) e uno sconvolgente Gian Maria Volonté rappresenta con chiarezza l’impossibilità di informare mediante i giornali. L’editore, il solito miliardario legato alla politica conservatrice, grazie alla complicità di un caporedattore senza scrupoli (Volonté), acconsente a fabbricare notizie false pur di condizionare le elezioni. La Questura nel film è del tutto d’accordo.
La stampa cattolica conservatrice è in crisi: di fronte alle contestazioni studentesche e operaie il vecchio equilibrio fra antifascismo e antifascismo non basta più. Dichiaratamente viene scelta una via nuova, il protagonismo dell’informazione, che genera una realtà illusoria e strumentale, che duri quanto basta.
Film preveggente, lungimirante, schietto, persino moderato rispetto alla macchina del fango che gli italiani hanno visto in azione, da destra o dal centrosinistra.
Viene sconfitta, umiliata, oltraggiata e calpestata con odio la professionalità di un giovane corrispondente che voleva semplicemente esporre i fatti così come si erano svolti. Sarà licenziato. Per lui non c’è posto proprio perché vuol fare il suo mestiere.
Estremismi, fanatismi politici, eccessi e violenza di quegli anni entrano in un contesto torbido: la rappresentazione della realtà è dominata da un’industria della manipolazione di massa che non conosce alcun limite e non si pone il minimo freno di qualsiasi tipo.
I lettori? Non appaiono, sono consumatori passivi. L’unico contropotere possono essere solo loro. La denuncia del giornalismo come professione impossibile, in ostaggio, non può essere più feroce né più ovvia e semplice. Professione sequestrata dal potere economico-politico proprio perché necessaria. Solo la capacità di discernimento dei lettori e il loro stesso protagonismo può darle vita.
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“Sbatti il mostro in prima pagina” e il giornalismo impossibile
Creato il 22 aprile 2013 da Cremonademocratica @paolozignaniPossono interessarti anche questi articoli :
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