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Saratoga Springs (New York), 1841. Il povero Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor), un nero colto, bravo violinista e soprattutto libero, conduce una vita tranquilla con la sua famigliola felice, ignaro delle condizioni di vita dei suoi simili negli stati più a Sud dell'Unione. Viene però rapito con l'inganno e portato in Louisiana, ridotto in schiavitù e privato di ogni fondamentale diritto. La sua odissea durerà per 12 anni e ne subirà di tutti i colori, fino a quando grazie a un carpentiere canadese riuscirà a dimostrare il suo status di uomo libero.
La pellicola di Steve McQueen è basata sul romanzo autobiografico di Northup uscito nel 1853 appena dopo la sua liberazione.
Bene, adesso provate un attimo a immaginarvi come potrebbe svolgersi il film, fra soprusi e nefandezze di ogni tipo et voilà. 12 Anni Schiavo è esattamente come ve lo immaginate: una sequela di atrocità una dietro l'altra, sempre più grandi. Un pugno allo stomaco straziante e lancinante su una pagina buia della Storia americana e della razza umana in generale, che solo il presidente a cui si ispira questo blog iniziò a porre fine. Quello che ci si chiede però è se sia sufficiente così.
La tematica del razzismo e della schiavitù degli afroamericani è già stata affrontata diverse volte dalla cinematografia, ma questa è, se non sbaglio, la prima volta per mano di un suo esponente. McQueen però si limita a mettere in atto una "semplice" testimonianza degli avvenimenti e questo, oggi, per chi ha studiato un attimo un libro di storia o semplicemente abbia già visto qualche film a riguardo, lo sapevamo già. 150 anni fa era doveroso che il libro di Northup informasse gli americani. 100 anni dopo, quando ancora era in atto la segregazione, Il buio oltre la siepe cercò di smuovere delle coscienze, e così altri come Mississippi Burning. In tempi più recenti The Help ha cercato un punto di vista differente. Lincoln (il film) l'ha messa sul piano politico. Oggi che cosa aggiunge 12 anni schiavo? Una storia strappalacrime da Oscar? Alzate lo sguardo e guardate la locandina qui sopra con scritto "Candidato a 9 premi Oscar?". Ok ne ha vinti "solo" 3, tra cui però il più importante, quello per il miglior film.
Non voglio apparire insensibile perché anzi, lo spettatore una volta uscito dal cinema qualche domanda sulla (dis)umanità se la fa anche. E non sto dicendo neanche che sia un film facile, per carità del cielo. Mi chiedo semplicemente se mostrare ininterrottamente angherie, violenze (fisiche e verbali), incatenamenti, frustate, tradimenti, impiccagioni e quant'altro per circa 130 minuti su 134 totali sia la via giusta da perseguire per raccontare questa tragedia per chi la narra e per gridare al capolavoro per chi la vede. Un modo di fare che sicuramente riesce nell'intento di sensibilizzare e far riflettere ma sembra quasi si lasci andare alla spettacolarizzazione. E' come se prendessimo le sequenze delle peggiori atrocità di Schindler's list togliendo tutto il resto. Destabilizzante e crudo, a volte in maniera esagerata (ma mai da voltastomaco) 12 anni schiavo è una buona esposizione delle terrificanti condizioni di vita e lavorative dei neri americani nell' '800 ma va troppo a senso unico. Inoltre, nel mio personalissimo caso la pellicola di McQueen soffre probabilmente di aspettative elevate. Andare a vedere qualunque film il giorno dopo la premiazione con l'Oscar sicuramente non aiuta, ma per quel che mi riguarda mi sono sforzato di mantenere uno sguardo distaccato, probabilmente non riuscendoci ma senza neanche farmi prendere dalla delusione e dovendo riconoscere al regista dal nome altisonante i suoi meriti.
Due note sugli attori, ottima la scelta di prendere i colored di origine africana, sicuramente aiuta in credibilità. Per gli altri, ne abbiamo anche di bravi e famosi ma ognuno in un piccolo ruolo, ad eccezione del sadico pazzo Fassbender. Nota ironica un Brad Pitt che, nelle vesti di produttore, si ritaglia il ruolo del salvatore.
Voto 7
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