Magazine Per Lei
C’è odore di iperbole e sacrificio in quelle vecchie, sconvolte intenzioni, ma anche vanità e cupidigia, difficoltà ad immolarsi sul nobile altare dell’oblio. Ero fermo ad un bivio: da un lato la tentazione sublime di consegnare in bianco, dall’altro, il lungo e faticoso percorso della narrazione in cui è doveroso piegare la testa in direzione dell’ordinario pur di compiacere gli affamati di verità concrete, gli assetati di forme ultimate, gli stupefatti osservatori di cose già viste, di argille sagomate a misura del loro infecondo diletto. Iniziai il cammino su ambedue le strade che, dal vertice su cui mi trovavo, si allungavano in progressiva divergenza ben oltre il mio orizzonte visivo. Con un piede nella tentazione sublime e l’altro nel fango della narrazione, l’inguine prese a dolermi e dovetti fermarmi. A gambe divaricate, in preda a convulsioni di natura mistica, compresi presto l’irreversibilità dell’impasse e l’urgenza di una scelta definitiva. Cosa fare? Abbandonarmi completamente al racconto, rinunciando ai miei bianchi, superiori propositi, oppure ritirare il mio piede infangato dalla strada sicura e portarlo in soccorso dell’intrepido piede appoggiato sulla via del martirio? Optai per la prima. E, forse a certificazione e ricordo di un’anima capace di slanci maestosi, o forse perché la rinuncia all’oblio fu solo accantonata, portai con me l’embrione di quell’atto di sacrificio non realizzato, quel foglio dov’é immortalato il miraggio dell’immolazione al silenzio, l’unico, autentico fotogramma della mia creazione, le prime righe senza seguito di un libro, alle quali invece ora aggiungo, per gentile intercessione del mio ospite sconosciuto, un primo frammento di questuata memoria. Questo. La storia inizia con il rotolare di una testa sul parquet di legno scuro di una camera quattro metri per quattro, dalle pareti bianche ed interamente visibili. Beh, non proprio interamente, se è vero che una marginale porzione non più grande della capocchia di un fiammifero, subito sopra il battiscopa, è occupata da una riproduzione a matita del Cristo morto del Mantegna. L’opera è riconoscibile soltanto mettendosi a pancia in giù e sfiorando con il naso la parete.
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