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Se l’unione fa la forza: animali stuprate in branco, non avrete l’obbligo del carcere.
Creato il 02 febbraio 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminaleSi avete letto bene, non è un titolo gridato. Lo ha stabilito la suprema Corte estendendo una pronuncia della Consulta del 2010. Nelle violenze sessuali di «branco», possibile applicare misure cautelari alternative agli «animali». Se a gridare non è il titolo, sicuramente alcune e alcuni avranno gridato (chi di rabbia, chi di gioia).
Una sentenza questa che non passa inosservata e che sicuramente fa e farà ancora discutere. Nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell'indagato, ma può applicare misure cautelari alternative.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, dando un'interprestazione estensiva ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2010. In base a tale valutazione, la Cassazione ha pertanto annullato una ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, che aveva confermato il carcere - ritenendo che fosse l'unica misura cautelare applicabile - per due giovani (difesi dagli avvocati Lucio Marziale, Nicola Ottaviani ed Eduardo Rotondi) accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza del frusinate ed ha rinviato il fascicolo allo stesso giudice perchè faccia una nuova valutazione, tenendo conto dell'interpretazione estensiva data dalla Suprema Corte alla sentenza n. 265 del 2010 della Corte Costituzionale.
A partire dal 2009, con l'approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale - nata sulla base di un diffuso allarme sociale legato alla recrudescenza di episodi di aggressioni alle donne - non era consentito al giudice (salvo che non vi fossero esigenze cautelari) di applicare, per i delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni, misure cautelari diverse e meno afflittive della custodia in carcere alla persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza.
Investita della vicenda, la Corte Costituzionale, nell'estate del 2010, ha ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha detto sì alle alternative al carcere «nell'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure».
Ora la terza sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n.4377/12) ha stabilito che i principi interpretativi che la Corte Costituzionale ha fissato per i reati di violenza sessuale e atti sessuali su minorenni sono “in toto” applicabili anche alla “violenza sessuale di gruppo” (art. 609 octies codice penale), dal momento che quest'ultimo reato «presenta caratteristiche essenziali non difformi» da quelle che la Consulta ha individuato per le altre specie di reati sessuali sottoposti al suo giudizio. «Unica interpretazione compatibile» con i principi fissati dalla sentenza della Corte Costituzionale - ha concluso la Cassazione - «è quella che estende la possibilità per il giudice di applicare misure diverse dalla custodia carceraria anche agli indagati sottoposti a misura cautelare» per il reato di violenza sessuale di gruppo.
Se ad ogni azione corrisponde una reazione, qui di reazioni se ne contano di più a destra e a sinistra. Per Alessandra Mussolini del Pdl «E' aberrante applicare misure alternative al carcere per lo stupro di gruppo. La Cassazione ha lanciato una bomba ad orologeria pronta ad esplodere e a depotenziare tale grave reato. Una donna che vede negato il carcere per i suoi carnefici subisce una seconda violenza» Per Barbara Pollastrini del Pd si parla di una sentenza «lacerante».
Per Mara Carfagna, deputata Pdl ed ex ministro per le Pari Opportunità si tratta di una sentenza «impossibile da condividere, contro le donne, che manda un messaggio sbagliato – dice e forse non ha tutti i torti rileggendo il titolo del nostro articolo - Le aggravanti per i reati di violenza sessuale furono introdotte proprio per evitare lo scempio della condanna senza un giorno di carcere per chi commette un reato grave come questo. Il Parlamento, che ha sostenuto il disegno di legge da me presentato con voto bipartisan, - ha continuato la Carfagna - aveva voluto condividere un messaggio chiaro: tolleranza zero contro la violenza sulle donne, che non è un reato di “serie B” ».
E mentre i toni continuano ad essere abbastanza alti anche fuori dai palazzi politici, una preoccupazione ci riporta nelle loro stanze ed è quella espressa dalla deputata del Pd Donata Lenzi la sua paura è che la sentenza diventi «un'ulteriore spinta al silenzio per le donne che subiscono violenza».
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