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Senza trama e senza finale

Da Marcofre

Prendi qualcosa dalla vita reale, d’ogni giorno, senza trama e senza finale

 

Ma certo, si capisce: è sempre Anton Cechov. Amato da Raymond Carver, e proprio Carver era attaccato (lo è anche adesso in realtà) perché i suoi racconti non hanno senso alcuno, sono appunto privi di trama e di finale.
Non è troppo difficile replicare a queste obiezioni.

Buona parte dei romanzi classici, dei racconti, hanno qualcosa in comune ed è un finale convenzionale. Bisogna chiudere perché l’editore desidera appunto vedere la parola fine.

Come sanno in tanti, se fosse davvero un finale l’autore smetterebbe di scrivere. Per quale ragione continuare? Per il denaro?
A volte, ma non è mai questa la molla che induce a cominciare, a continuare per anni chiedendo magari soldi in prestito per le bollette. Ma torniamo alla frase dello scrittore russo.

C’è già tutto, non è vero? Invita a puntare l’attenzione sulla vita reale, e da lì prendere qualcosa. Non offre consigli sulla qualità della cosa scelta, o sui criteri che guidano quella scelta. È una faccenda di chi scrive. Come si dice? Se vuoi la bicicletta, pedala. Se vuoi scrivere vuoi pure la pappa pronta e servita? Sono affari tuoi, tanti auguri.

E poi c’è quel “senza trama e senza finale”. Si potrebbe obiettare che la trama e il finale sono elementi da aggiungere e il compito spetta appunto allo scrittore. Altrimenti a cosa serve?

Come diceva Carver, lo scrittore deve essere bravo, non utile. Quindi non deve servire niente, tranne la parola, s’intende.

Uno dei vantaggi del prendere qualcosa della vita reale, è che mantiene chi scrive su un piano meno bizzarro. Siccome ha a che fare con i materiali più semplici, la sfida nel riuscire a offrirli al lettore con onestà è più grande. Eppure si cerca di star lontani dalla vita reale, reputata indegna. In realtà se ne sta alla larga perché la si odia.

L’opinione corrente è quella che proclama: o una storia è straordinaria, oppure non si vede lo scopo della sua esistenza. Lo scopo dovrebbe essere celebrare le erbacce, dare del tu all’arte; e mi sembra un obiettivo già ambizioso. Pochi hanno tali ambizioni, e si vede.

Una storia “semplice” può essere un dono insperato se si lavora duro per portare alla luce i gioielli che nasconde. Se leggiamo una storia e questa ci sembra banale, forse la causa sta in noi, non nella storia. Non riusciamo ad apprezzare quello che c’è, di umile e tenace.

A questo punto: serve la trama e il finale? Non c’è una risposta. Perché le storie non finiscono, anche se leggiamo la rassicurante parola “Fine”. Perché: dipende. Con una battuta potrei dire che la vita di ciascuno, se ha una trama, è la più stupida che si sia mai scritta. Non ci si capisce niente, non è vero?


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