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Sì, abbiamo legittimamente gioito per la fine di un'epoca buia. Ma adesso, per favore, risparmiateci la paternale
Creato il 14 novembre 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlogLa commedia è finita. E' questa l'espressione più efficace, presa in prestito dall'ultimo intervento di Beppe Severgnini sul Financial Times, per descrivere la lunga fase che ha costretto il Paese, fino alle ultime battute di questi giorni inquieti di piazze e contropiazze effervescenti, a subire la narrazione farsesca imposta dalla "metademocrazia" rozza e decadente della seconda repubblica. Dunque, stavolta è vero: Berlusconi è caduto. Disarcionato dai mercati e dai partners occidentali, è stato costretto a quel passo indietro tante volte invocato dalle opposizioni interne ma sempre considerato un affronto alla sovranità popolare e, in primo luogo, al proprio smisurato ego.
Certo, a guardare anche l'ultimo videomessaggio alla Nazione è difficile dire se la sua uscita di scena possa considerarsi definitiva o solo tattica e provvisoria. Di conseguenza, non è scontato affermare, come alcuni stanno affrettandosi a fare quasi con perentorietà storiografica e con eccessivo fatalismo, che il nostro muro è crollato. Ecco perchè resta indispensabile una severa opera di vigilanza, checchè ne dicano i vari propugnatori dell'armistizio degli anni duemila.
D'accordo, occorre guardare finalmente avanti, sforzarsi di mettere una pietra sopra la guerra civile strisciante che ha avvelenato il clima nel Paese dal 1994 a oggi. Ma chiedere anche di far finta che gli abusi e le forzature perpetrati in questo interminabile frangente non siano mai avvenuti è francamente troppo!
Rimuovere la verità dall'analisi della fase storico-politica appena implosa è un tentativo indegno oltre che pericoloso, ed è bene mettere in chiaro, almeno ora che l'odioso assetto costruito sulla propaganda e sulla dissimulazione vacilla inesorabilmente, che chi ha determinato i modelli culturali e il penoso quadro sociale dell'ultimo ventennio è il maggiore responsabile dell'attuale condizione di declino e di smarrimento della comunità nazionale.
Siamo seri: se Berlusconi non avesse avuto la drammatica certezza della vittoria dell'odiata sinistra alle elezioni anticipate, col terrore di venire quindi colpito nel proprio vasto sistema di potere e di privilegi attraverso il ripristino di quelle regole da lui volgarmente calpestate, avrebbe mai accettato di fornire appoggio al nascente governo Monti?
L'ex premier è entrato in campo 17 anni fa per la stessa ragione per la quale oggi (apparentemente) ne esce: la tutela dei propri interessi, sempre anteposti al bene collettivo. Per questo un governo tecnico che giunga a scadenza naturale della legislatura, con buona pace dei recalcitranti ex missini, neocon e ultraliberisti del Pdl, a lui non può che convenire. La stella polare, insomma, rimane quella di sempre: prima si deve mettere in sicurezza "la roba", poi si può tornare a fingere di amare l'Italia.
Come si fa, pertanto, a condannare chi è sceso per strada nella magica notte del 12 novembre scorso? Come è possibile considerare addirittura teppista o violento chi ha dato libero sfogo a un profondo senso d'impotenza e di frustrazione accumulato per quasi un ventennio, e che ha inaspettatamente compreso che forse poteva tornare a respirare un'aria più pulita? E' stato semplicemente giusto e normale essere lì, sotto i palazzi del potere ad attendere l'annuncio ufficiale delle dimissioni di Silvio Berlusconi. E' stato catartico urlare tutta la propria rabbia contro il simbolo del degrado etico e civile del Paese e abbracciare i propri amici e cantare e ballare fino a tardi e stappare bottiglie di spumante e godersi quegli istanti di ritrovata fiducia...
A meno che non si voglia assolvere Berlusconi anche sul piano morale, dato che è del tutto evidente che il prezzo che taluni sono disposti a pagare per consentire al Prof. Monti di risanare i nostri conti pubblici - e all'Italia di liberarsi del suo più grande ingombro dai tempi di Mussolini - è la concessione di un salvacondotto giudiziario e patrimoniale al presidente del Consiglio dimissionario. Ma un armistizio, un processo di pacificazione non si favorisce cedendo al ricatto di un infido malfattore. Per restituire armonia alla società italiana occorre ripartire dai principi di equità, di giustizia e di etica pubblica. E soprattutto dalla verità. Altrimenti il fuoco che cova sotto la cenere prima o poi arderà tutto, altro che monetine!
Nonostante le assai probabili manovre sotterranee della politica di queste ore, dei buoni propositi di Mario Monti bisogna avere per il momento fiducia. E non tanto per le sue indubbie competenze, utili a trascinarci fuori dal collasso economico, quanto invece per la presunta capacità (che pure avrà modo di essere ripetutamente testata) di resistere ai bizantinismi e ai ricatti della partitocrazia italiana.
Già il fatto di avere rispedito al mittente la richiesta di Berlusconi di avere due figure di garanzia nel nuovo governo (Letta come vice premier e la giudice Iannini, consorte di Bruno Vespa, alla Giustizia) e di non mettere mano alla legge sull'assetto radiotelevisivo (che in ogni caso non potrebbe essere fra le priorità di un esecutivo "di scopo"), depone a suo favore. Tuttavia, in questo senso è proprio dai partiti che bisogna attendersi cattive sorprese, a dispetto delle aperture dello stesso neo Senatore a vita che non disdegnerebbe affatto delle qualificate e trasversali presenze politiche nel costituendo esecutivo.
Di cosa non bisogna fidarsi, allora? L'insistente ecumenismo di maniera alla Casini, le solite trame dei settori più pragmatici del Pd, gli iniziali segnali di abboccamento fra il Cavaliere e Fini, tutto con la benedizione dell'improvvisamente iperattivo Corriere della Sera, devono far drizzare le antenne a quanti in questi anni si sono spesi in nome del bene comune e delle regole scendendo a più riprese a manifestare in piazza. L'Italia non può permettersi di rinunciare alla sua necessaria e ideale "Piazzale Loreto", di stampo civile e morale, pur di aderire ai sacrosanti appelli alla concordia del Capo dello Stato.
E' un'esigenza fondamentale se si vuole ridisegnare il profilo anche culturale del Paese, perchè è inaccettabile che riesca a farla franca chi ha gravi responsabilità non solo politiche, chi ha mercificato le istituzioni, chi ha consentito a squallidi faccendieri di fare incetta di pubbliche risorse, chi ha piegato l'informazione ai propri interessi, chi ha diffuso ignoranza e volgarità con lo strumento della videocrazia, chi ha mortificato il ruolo della donna, chi ha riempito di fango l'Italia nel mondo.
Del resto, anche ammesso che la parabola politica di Berlusconi è veramente destinata presto a concludersi, nel Paese rimarranno le tossine della dottrina da lui diffusa: il berlusconismo, ancor più nocivo e difficile da eliminare. Non scordiamoci che gli italiani sono stati per quasi vent'anni in maggioranza fedeli al mito dell'uomo del fare (soprattutto quel che gli pare e infischiandosene delle regole) e in fondo forse lo sono ancora, pur se in questo momento hanno il pudore di manifestarsi.
Per cui sono più che fondati i richiami a tenere alta la guardia che provengono a livello politico, in modo isolato, dallo "spauracchio" Di Pietro (che pure non è condivisibile quando tenta furbescamente di ottenere una rendita di posizione elettorale, minacciando di non sostenere lo sforzo dell'asse Monti-Napolitano) e da tutto quel mondo culturale inviso a Giuliano Ferrara, di destra e di sinistra, che possiamo annoverare nel cosiddetto "nuovo azionismo": Repubblica, Il Fatto, Il Futurista, Santoro.
Qualcuno pare aver compreso, anche sul web, l'insidia di questo tentativo di rimozione dovuto all'esigenza di un nuovo corso ispirato all'"amor di Patria". Su Twitter, ad esempio, dove accanto ai popolari hashtag #laresadeiconti, #maipiù, #doposilvio e #rimontiamo, comincia ad affacciarsi qualche sporadico #nosalvacondotti. Se la coesione nazionale non marcia a braccetto con la correttezza e con l'onestà, col rispetto della legalità, con la fedeltà ai principi della Costituzione, si riduce anch'essa a semplice propaganda, con l'unico discutibile risultato di sostituire alla spregiudicata ostentazione dei cattivi comportamenti la loro assoluta rimozione.
In buona sostanza, qualche intransigente e arcigna sentinella delle regole servirà ancora a lungo alla malconcia società italiana. L'antiberlusconismo non esiste per caso, e si spegnerà solo quando anche il berlusconismo sarà estirpato e sarà fatta giustizia dei troppi eccessi praticati dal ceto politico e subiti dai cittadini durante l'incubo della seconda repubblica. Senza revisionismi e senza paternalismi.
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