Sofia neonata, poi bambina; Sofia ventenne e poi di nuovo tredicenne, Sofia in terza persona e, subito dopo, un ‘tu’; Sofia protagonista o solo comparsa nella vita di altri, in carne e ossa o pensiero nella mente di qualcuno; Sofia presente e passato. Quale che sia il punto di vista che si assume nei cangianti racconti che si susseguono, la sensazione resta la stessa: lei, Sofia, dalla figura sottile ma potente, sembra di averla conosciuta per davvero e alla fine si crede di aver condiviso una parte del suo mutevole cammino in questo mondo frenetico.
Sofia si veste sempre di nero non è un libro solo su Sofia, ma soprattutto su Sofia, che diventa un punto di riferimento da rintracciare in ogni racconto. La bambina che prega Dio perché cessino i litigi violenti dei genitori borghesi, l’adolescente in lotta col mondo e soprattutto con chi in questo mondo l’ha catapultata, la ragazza in fuga da una realtà che troppe volte l’ha ferita, la donna che ha acquisito un suo personalissimo equilibrio nel cambiare vita come cambia il vento.
Ma ogni aspetto della sua personalità che va man mano formandosi lo si scopre nei racconti da un’angolazione sempre diversa, così come diversa è l’influenza che lei esercita sulle persone che incrociano il suo cammino: può essere quella della madre che ha rinunciato alla vita, del padre assente e riscoperto troppo tardi, della zia Marta dal passato di rivoluzionaria, e poi di migliori amiche di una stagione, comparse di un’oretta, compagni di un periodo, addirittura persone che ne hanno solo sentito parlare. A tutti Sofia, nel suo passaggio, dona qualcosa di sé, che sia una biro vuota o solo qualche episodio della sua esistenza altalenante. E finisce che anche noi che la spiamo mentre scivola sulla carta da una storia nell’altra abbiamo la sensazione di aver attraversato in qualche modo la sua vita, senza averla afferrata mai veramente. O che lei abbia incrociato, anche se in sole 203 pagine che si traducono in qualche ora di lettura, la nostra e abbia fatto dono anche a noi di qualcosa.
Il terzo romanzo di Paolo Cognetti ha un titolo irresistibile e una storia “normale”. È composto da racconti di vita, che pulsano di realtà e assomigliano a un pugno nello stomaco; parlano di città lontane che possiedono la luce vivida dei canti di lotta, di gente che si porta dietro i segreti che abbiamo tutti, della resistenza contro le assurdità che l’esistenza riserva a ciascuno e che nella culla sono così lontane, come profeticamente insegna l’infermiera a Sofia: lo sai cos’è la nascita? Una nave che parte per la guerra.
Le storie di “tragica normalità” che Cognetti traccia con impressionante realismo hanno il potere di irretire e cambiare la giornata, intrufolarsi nell’angolo più buio della mente e agire silenziosamente sull’umore; Sofia sembra sussurrare continuamente, nel corso della lettura: «Ricordi? Mi hai incrociata al supermercato o scendendo dal tram, mi hai sorriso incontrandomi per strada; mi hai notata una volta facendo footing al parco. Sono la ragazza che hai visto uscire dal cinema mentre eri in fila per il biglietto». Normalità e diversità: il suo fascino è un ossimoro.
Mi piace pensare a ‘Sofia’ con l’accezione che ha il suo nome: ‘sapienza, saggezza’. Ecco quello che ha regalato a me: l’invito ad attraversare l’esistenza in modo sapientemente leggero, con un bagaglio fatto di ricordi, ma saldamente appoggiato sul pavimento del presente e pronto a riempirsi di un futuro incerto e avventuroso, come le storie dei pirati che da piccola amava tanto.
Angela Liuzzi
Paolo Cognetti, Sofia si veste sempre di nero, Minimum Fax, 203 pp., 2012, 14 euro