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Dovrei a questo punto negare dopo solo un giorno l'affermazione appena fatta che "cca nisciuno è fesso", guardando l'ultima ennesima caduta degli indici della borsa di Milano, ancora una volta la peggiore d'Europa (meno 4,5%), se non fosse che l'ignavia della pubblica opinione è sicuramente dovuta non ad una dose massiccia di cretinaggine ma solo dall'ignoranza dei fenomeni finanziari.
Nel mentre la poltica italiana sembra incapace di dare una risposta efficace, con un governo inerte, anche se è annunciato un incontro con le parti sociali e un intervento alle camere del premier, e l'opposizione è alle prese da una serie di scandali che ne sta pesantemente minando la credibilità e pure la capacità di tenere i nervi saldi, a guardare le dichiarazioni del segretario dei Ds Pierluigi Bersani e ancor più quelle del leader storico Massimo D'Alema, che pare regredito allo stato adolescenziale, la speculazione internazionale continua a fare il suo lavoro.
In una lotta che vede ormai tutti contro tutti i paesi dell'Europa meridionale, le vittime preferite sulle quali scaricare il costo della crisi internazionale, si vedono sottoposte dall'attacco dei forti, che complici anche le famose agenzie di rating realizzano enormi guadagni sui cali borsistici e sull'aumento dei tassi da pagare sui titoli di stato dei paesi in difficoltà.
Oggi, solo per fare un esempio lo spread tra i btp italiani i i bund tedeschi ha raggiunto i 353 punti, con un aumento al 6% del tasso d'interess che lo stato italiano deve pagar per far fronte al suo debito, mentre la germania sui suoi bund decennali paga un interesse di appena il 2,5% e solo appena pià alto è il rendimento dei TBond americani. Inutile dire che il rendimento cosi alto dei btp va a vanificare gli effetti della manovra economica appena varata dal governo e rende sempre più difficile l'impresa di riportare il debito pubblico a dimensioni accettabili.
Ciliegina sulla torta, la vendita da parte della Deutsche Bank(almeno chiedi scusa, sciocchina) di buona parte dei titoli di stato italiani in portafolio, tanto per dimostrare solidarietà e vicinanza all'alleato mediterraneo.
(ma non eravamo amiche?)
In questo panorama da tregenda il meglio che riesco a fare alcuni presunti leaders, come Fini, Rutelli e Casini, tutti generali senza esercito, è ripetere a pappagallo che il premier deve dimettersi e che bisogna formare un governo di unità nazionale, o meglio un "governo tecnico", una soluzione che si è sempre rivelata foriera di sventure per i cittadini italiani. C'è poi da rilevare che l'uscita in contemporanea dei tre potrebbe far intendere intendere che non solo agiscono di concerto ma siano pure imbeccati dall'esterno, da quei poteri forti che auspicano la soluzione dei tecnici al governo per terminare il lavoro di spoliazione dell'Italia condotto dagli omologhi che lo hanno preceduto.
Del resto non fanno certo fare sogni tranquilli le apparizioni ricorrenti dei "Padri dell'Euro" ovvero di personaggi come Romano Prodi, Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi che furono coloro che hanno consegnato gli italiani all'internazione della finanza mondiale, origine di molti dei mali della Nazione.
Ormai anche i bambini hanno capito che l'unica via d'uscita dalla crisi è fare per una volta le cose seriamente e dare dei segnali forti ai mercati, presentando un reale e efficace piano di tagli alla spesa pubblica e di alienazioni di beni statali non strategici (non quelli che vorrebbe la finanza anglo americana), come lo stesso Lamberto Dini, che fu pure alla guida di un governo tecnico, oggi suggerisce.
Una strada obbligata, ma che pure sembra troppo ardua da intraprendere per la nostra classe dirigente, attaccata ai propri privilegi come l'edera alla quercia.
Resta solo da verificare se il presidente Silvio Berlusconi, da tutti descritto ormai in declino e commissariato dal Quirinale, trovi la forza per un colpo d'ala.
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