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Giochi di ombre svelano e nascondono personaggi robotici. Essi incedono con passo mi(s)tico tra ambienti asettici, perfettamente studiati (Ozu). Le luci al neon esaltano la plasticità della mise en scène ed estetizzano la violenza. Troppi sentimenti, nessun sentimento. Duelli western (Colizzi, Leone, Corbucci) rivisitati alla luce della tradizione cinematografica orientale (Kurosawa, Miike).
Predominano rosso (sangue fresco) e nero (sangue rappreso), negli ambienti e sui corpi. Conflitto edipico, vendetta, redenzione, inerzia: esistenzialismo? Una porta che si apre sul buio, una mano che entra nel ventre squarciato della madre e nella vagina della compagna, moncherini, aste di ferro che inchiodano braccia e mani e bucano timpani e tagliano occhi. Esplosioni di violenza. Al ralenti. Poche battute (scontate). Momenti karaoke (assomigliano tanto a quelli di Blue Velvet, ma meglio metterlo tra parentesi). Bambina risparmiata. Dedica finale a Jodorovsky.
Voto: 6 1/2 su 10
(Film visionato il 6 giugno 2013)
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