Magazine Società

§ Sopravvivenza banale §

Creato il 03 ottobre 2010 da Faith

Sarà stata con la mia frequentazione dei posti, sarà stato che con il tempo avevo cominciato a masticare il dialetto, sarà pure che stava cominciando a diventare così ridondante per la mia mente che ragazzi di vent'anni potessero avere semplicemente la II elementare, sarà che la polizia fermava me con i mitra nel finestrino alle otto del mattino e lasciava andare macchine ben più sospette della mia. Sarà pure che con il tempo non mi ponevo più domande su chi fossero quegli omonimi di gente arrestata che mi capitava di leggere sui giornali...

Sarà che ogni mattina superavo il famoso ponte "Casal di Principe" , quello famoso, quello sotto il ponte, questo in pratica

§ Sopravvivenza banale §

che non mi faceva nessun effetto, che ci fossero o meno le camionette dei militari come nella foto o un semplice posto di blocco o che proprio non ci fosse nessuno (come nella maggior parte delle mattine e delle sere).

Insomma, sarà per tutto questo, che io nel momento di maggior clamore Gomorra non l'ho letto e non sono andata nemmeno a vedere il film.

Di entrambi avevo letto/visto spezzoni, mi era capitato di sentire qualche intervista di Saviano, di ritrovarmi le sue foto capellone fuori al Diaz, ma niente di più.

Spesso finisco a fare così con i libri di cui parlano tutti. Finisco per leggerli nel momento in cui non ne parla nessuno. O per non leggerli del tutto, tipo il Codice da Vinci, verso il quale non ho nutrito la minima curiosità, pure se tutti me ne parlavano come il più grande giallo, thriller di tutti i tempi.

Gomorra l'avevo regalato quel natale a mio fratello. L'ho letto in questi giorni in cui sono stata a Milano, in un paio di giorni, come faccio sempre con i libri "di inchiesta", li divoro, attratta maniacalmente dall'elenco di fatti e nomi e dall'intreccio di storie (ho fatto così anche con l'unico libro di travaglio letto in vita mia, ritrovato sulla mensola di una casa al mare). Non mi importa l'impostazione politica, è proprio l'elenco di fatti ad attrarmi, come la mia dipendenza dai filmati LUCE.

Ma basta divagazioni, ho appena mangiato un dolcetto e sono tornata in me

:metal:

L'inquientante? E' che il libro non mi sia sembrato un granchè sconvolgente. Tutto familiare, tutto noto, respiravo un'aria così scontata in quelle pagine.

Eppure mi ricordo. Mi ricordo le telefonate della mia ex fidanzata, sarda, che mi chiedeva un po' shokkata quanta esagerazione ci fosse nel film. L'ho visto l'altro ieri il film, e anche lì, stessa sensazione di nulla di nuovo, se non l'entusiasmo per l'interpretazione di Maria Nazionale

:asd:

Allora credo che non sia normale che ti sia tutto così familiare tanto da sembrarti scontato, perchè il passo ad apparirti normale, è una sfumatura. E se è normale, l'adattamento e l'adeguamento sono un passo. Un passo piccolo per giunta.

Stride ancora di più, perchè ho letto il libro sepolta sotto un piumone in un ridente paesino nella periferia di Milano.

Milano.

Per un napoletano, Milano è una parola che suscita sempre una nube di diffidenza. De Crescenzo lo sapeva bene, ci ha fatto un film divertentissimo e amatissimo dai napoletani doc. Milano e Roma, l'ho sempre detto, non fanno per me, non potrei mai viverci, troppo caos, troppe distanze da un luogo all'altro, troppa gente pigiata nelle metropolitane. Sono da visitare, da passeggiare, da starci una settimana, per poi tornare nella propria città, non un paese su un pizzo di montagna, non una metropoli stressante. Una città, una provincia, o magari un paese alla periferia, come il suddetto ridente paesino attaccato a Milano dove abita mio fratello. Milano immersa nella nebbia, senza un po' di verde e con i navigli a fare da palude.

Il ridente paesino pieno di alberti e rotonde, senza traffico, con palazzi e porticati puliti, senza cumuli di immondizia, senza siringhe negli angoli, senza la sensazione che da un momento all'altro ti scipperanno la borsa. Me la ricordo questa sensazione. La provai uguale uguale all'Aquila. Quello che per gli aquilani era normale, anzi, ragione di lamentela, per me sembrava una novità assoluta [il terremoto, poi, ha cambiato tutto, ma non è questo il punto].

Nel ridente paesino, mi sono girata tutte le scuole, asilo nido, materne, elementari, medie, accompagnate da una guest star non indifferente (la suocera di mio fratello, arzilla vecchina ex insegnante

:metal:
 ). Me la sono messa sottobraccio e mi ha portata a braccetto.

La mia prima domanda fu: - ma queste scuole sono state progettate per essere scuole? -

Eggià, perchè molte scuole qui non sono state nemmeno progettate per essere scuole. Emblematico il caso del geometra di Caserta, che sarebbe dovuto essere un carcere e ha mantenuto la sua struttura assolutamente identica alla prigione di Prison Break...Inoltre, cadono a pezzi. Al Diaz, il mio e lo stesso di Saviano, un anno cadde un tetto in un'aula. Quando suonava la quinta ora, le scale sembravano mobili, ma era chiedere troppa grazia. Erano solo scale, ma percosse da una mandria di adolescenti sgraziati e appesantiti dagli inizi di birra.

All'ingresso dell'asilo nido, io parto sparata perchè voglio tenere aperta la porta alla vecchina. Lei mi ferma, mi indica i copriscarpe. Quasi quasi non sapevo nemmeno che esistessero, ma con i nostri copriscarpe abbiamo visitato il nido, e quando ho visto i marmocchi gattonare per le aule, ho capito perchè. E ho pensato che allora probabilmente dentro di me si annidano un milione di malattie, di cui alcune probabilmente scomparse.

Ma qui, nasce la ridefinizione. Non c'è nulla che il giovane della sgarrupata provincia casertana o napoletana non possa affrontare. Giorni di fame nera, elettrodomestici arrangiati alla bell'e meglio, scantinati adibiti a case in affitto per studenti senza finestre, metropolitane (provate voi a sopravvivere alla metropolitana o alla circumvesuviana a napoli!). Il cittadino onesto che stanco di sopravvivere nella terra d'origine si sposti giù al nord ha acquisito una tolleranza alla frustrazione e capacità di relazionarsi con esseri di ogni genere che nulla può fermarlo.

La Pau, ad esempio, in teoria non sarebbe della provincia di napoli. Ma il prefisso telefonico la lega indubbiamente a questa terra. Ella scippata a Roma dalla sua borsa, è corsa dietro lo scippatore, l'ha minacciato (non mi ha mai svelato con quali improperi

:asd:
 ) e si è fatta restituire la borsa.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine