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Cosa ci sia di sbagliato in quell'accordo, che risulta comunque essere un compromesso, per cui ben lontano dalla perfezione, per carità, non è chiaro. Fa luce sul numero degli iscritti in modo trasparente (attraverso l'Inps, articolo 1) dando un senso alla rappresentanza, mantiene le Rsu, non nega il diritto di sciopero, permette di far votare chi voglia votare, non svilisce il contratto nazionale e non si oppone alle cause legali che la Fiom ha intentato contro Marchionne (questo accordo, ovviamente, non è retroattivo). Lo dico perché i commenti in giro, e quelli di Telese, sono l'opposto. Però, leggetevelo. E senza pregiudizi parliamone.
Si dice che le Rsu vincoleranno con le proprie firme, senza obbligo di voto dei lavoratori, le organizzazioni sindacali e i lavoratori stessi (art. 5). Vero, ma non è tutto così banale come si vuol far credere. In primo luogo si istituisce un concetto già presente nel pubblico impiego che mai ha fatto gridare alla vergogna e alla schiavitù. In secondo luogo si passa ad un mandato di delega stile quello parlamentare, dove voto un mio rappresentante e, dopo tre anni, giudico e torno a votare. Non sarà il massimo, ma se non è antidemocratico per il parlamento non si capisce perché lo debba essere nei luoghi di lavoro. Il terzo aspetto da valutare è che la CGIL, per statuto, fa sempre votare i lavoratori e così sarà in futuro. Il voto non è mai stato obbligatorio ma vincolante solo per "regolamento interno" e così rimane. Nessun funzionario CGIL lascerà mai sola la propria Rsu (che, per informare Telese, non è composta da funzionari confederali ma da lavoratori) e, anzi, dovrà migliorare il rapporto con le stesse per raggiungere un livello ottimale di dialogo e spingere i rappresentanti ad esercitare sempre il diritto di assemblea e di voto. Negare questi principi è legale già oggi, lo dimostrano i casi in Fiat, perseguire certi obiettivi è una missione che prescinde dagli accordi. I sindacalisti di mestiere dovranno lavorare meglio e di più per ottenere i consensi e gli accordi con e tra i lavoratori. Dove vi siano le Rsa (rappresentanze scelte direttamente dai sindacati), le organizzazioni sindacali o, in alternativa, il 30% dei lavoratori possono imporre il referendum.
Si dice che verrà impedito il diritto allo sciopero. Falso. Il punto 6 dice che la clausola di "tregua sindacale" si applica a chi firma gli accordi, non ai singoli lavoratori o ad altre organizzazioni. Ora, detto che saremmo alla schizofrenia se trovassimo gente che un giorno firma gli accordi e il giorno dopo sciopera contro quello che ha firmato, il diritto costituzionale allo sciopero non viene scalfito; la tregua vincola i firmatari, non il cittadino che, individualmente, decida di esercitare un diritto in forma collettiva di fermo lavoro. Diverso il concetto di Mirafiori, ad esempio, dove la firma di chi ha accettato le logiche di Marchionne ha vincolato ogni lavoratore presente in azienda ad accettare le norme comprese nel contratto interno.
Si dice che si svilisce il contratto nazionale. Falso: l'articolo 2 lo pone anzi come garanzia di certezza dei trattamenti economici e normativi, cioè quello che basterebbe per un contratto nazionale. Il punto 7, sulle deroghe, specifica che le stesse deroghe devono comunque rapportarsi "nei limiti e con le procedure previste dagli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro". Ciò significa che le norme che potranno essere derogate saranno contemplate anzitempo sugli accordi nazionali.
Ora, ognuno può essere contro, disfattista, rivoluzionario o stalinista, ma la lingua italiana non è in discussione e quanto c'è in quell'accordo, piaccia o meno ma questo è un altro discorso, non è quanto dichiarato in queste 48 ore dai Telese e i rivoluzionari della fabbrica. E' altra roba, ed è roba che oggi, in questo momento, adesso, serviva a tutti. Al paese, ai lavoratori e alle regole sindacali. C'è ancora molto da mettere in ordine, ma cominciare da qua sarebbe pura follia.
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