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Souvenir del Cairo

Creato il 02 settembre 2013 da Dragor

   HASSAN aveva frequentato ogni università disponibile da Milano a Londra, voleva fare lo studente a vita per godersi l’Europa con i soldi di papà. Siamo diventati subito amici, eravamo giovani e pieni d’illusioni. L’ho portato ai concerti, ai musei, al cinema, a teatro, l’ho invitato ai party. Apprezzavo la sua voglia di vivere. Quando è tornato al Cairo, siamo rimasti in contatto.

   DURANTE I MIEI VIAGGI per Bujumbura, facevo spesso scalo al Cairo. E’ un vero peccato che Aeroflot non serva più le città africane. Costava poco e permetteva di fermarsi nella città di propria scelta, prendendo il volo successivo per la destinazione finale. Non scordero’ mai la mia prima visita ad Hassan. C’era il Ramadan e il Cairo splendeva di luci, le moschee erano tutte inghirlandate di lampadine colorate, le strade rigurgitavano di gente venuta per la festa. Nell’immensa città dalla campagna sui tetti (guardare per credere, si coltivano campi e si allevano bestie), macchine, dromedari, asini e umani si accalcavano nelle vie in un’allegra confusione fra i 3 milioni di senza tetto che dormivano per la strada e spesso il mattino si svegliavano morti per essere raccolti dal servizio di nettezza urbana.

   ABBIAMO VISTO TUTTO: la madrassa Al-Azhar, la moschea dei Mamelucchi, la moschea IbnTouloun con il suo straordinario minareto a spirale, l’incredibile Città dei Morti (l’unico cimitero al mondo con tombe abitate) ai piedi della collina sulla quale svetta la moschea Mohamed Ali’ in stile turco ottomano con la cupola e i 4 minareti aghiformi, il Museo Egizio, le Piramidi, la Sfinge, il souk Kahn el Khalili, l’immensa Tahrir Square che molti anni dopo sarebbe diventata famosa e che trovavo deprimente con i suoi edifici grigi d’ispirazione vagamente sovietica, i polverosi palazzi Art Nouveau e Art Déco, il mausoleo di un santo di cui non ricordo il nome nel quale bisognava fare 7 giri intorno a un enorme cubo coperto di oro cesellato, il club di Hassan (tutti i borghesi del Cairo sono iscritti a un club), i concerti delle immense orchestre egiziane nelle quali archi e fiati suonano tutti all’unisono con un effetto che fa accapponare la pelle. La sera dopo il tramonto, laute cene servite da schiere di domestici in djellabah durante le quali Hassan, che era più ateo di me, cercava di convincere gli amici che era stato l’uomo a creare Allah e non il contrario. Non ci crederete, ma tutti ridevano come pazzi. Fra le più grandi qualità degli egiziani c’è il senso dell’humour. Scherzano su tutto e adorano dissacrare.

   POI HASSAN mi ha presentato la sua fidanzata, con la quale contava di sposarsi presto. Mi ha mostrato la sua casa ancora in costruzione, dove ho rischiato la pelle per salire al 5° piano su passerelle traballanti. Una sera mi ha detto: «Non posso invitarti dai miei genitori perché sono dei rompiscatole, ma t’invito da mio zio.» L’appartamento dello zio si è rivelato un palazzo da Mille e una Notte con una sontuosa cena servita all’araba su un tavolo basso contornato di strapuntini di cuoio. Le donne, compresa la zia, non potevano entrare e sbirciavano dalla soglia della stanza. Dopo un centinaio di portate, il vecchio ha battuto le mani e un servo ha portato una pipa ad acqua.

   ERA DIVERSA dal narghile con il quale avevamo fumato fino a quel momento. Invece di quattro tubi flessibili aveva una sola canna rigida di bambù. Lo zio ha preso una specie di mattone, lo ha messo nel braciere e lo ha acceso. L’ho fissato incredulo. Quel mattone era il pezzo di hashish più grosso che avessi mai visto. «Facilita la conversazione e fa dire la verità», mi ha informato. «E’ il nostro alcool», ha aggiunto Hassan, che per trasgredire beveva whisky di nascosto.

   A QUELL’EPOCA andavo pazzo per l’hashish, adoravo il suo sapore dolce mentre detestavo quello acre della marijuana. Cosi’ non mi è parso vero di approfittare di un’offerta che sul mercato sarebbe stata inaccessibile per le mie finanze. Mi sono cacciato in bocca il tubo di bambù e ho tirato profondamente, lasciando che il fumo dolciastro mi invadesse i polmoni. Avevo comprato un flauto locale, una semplice canna con 5 buchi. A un certo punto la calda notte del Cairo, la cena e l’hashish si sono fusi in una sola emozione mettendomi un’immensa voglia di suonare e di fare l’amore. Considerate le circostanze, la prima opzione mi è parsa più indicata. Ho tolto il flauto dalla mia borsa e ho cominciato a modulare sulla scala pentatonale araba, tentando frasi sempre più ardite, abbellimenti sempre più complessi. Non so per quanto tempo ho suonato, avevo perso il senso del tempo. Finalmente mi sono fermato in un bagno di sudore e Hassan ha detto “hai dato tutto.”

   OGGI HASSAN è direttore di banca e ha 4 figli adulti. Non ci vediamo da anni ma siamo rimasti in contatto. Non ha manifestato per rovesciare Morsi, pero’ ha firmato per la sua deposizione. «Non ti vedevo governato da quel bigotto», gli ho scritto.  

Dragor


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