Magazine Diario personale

stampa sgrammaticata

Da Ducdauge @ducdauge
O voi pubblicanti edicolisti che di gente parlate scrivete e pubblicate opinioni osservazioni e comunicazioni, fatevi un po’ da parte e prestate attenzione alla gentil penna – pardon tastiera – dell’umile sottoscritto, in nome della lingua italiana che si lamenta perché offesa, perché trattata spesso con sadico orrore da chi si esprime, più che come parla, come mangia.
Queste righe non sono un rimprovero, soltanto una preghiera da parte di chi si sfunnicìa pensando che la lingua, soprattutto scritta, implora, tra le altre cose, un buon uso della punteggiatura.
Spesso mi ritrovo a leggere articoli in cui si mettono insieme stili, registri e lingue diversi, parole usate di rado anche da Dante, accostate a termini di popolano respiro.
Che dire di questo apparente parlar difficile? Immagino che nessuno ve l’abbia mai detto ma il parlar complicato, in alcuni contesti, non è molto appropriato e soprattutto non si addice alle storielle di cronachetta locale.
Ci siamo troppo abituati a osservazioni da altezze non sospette, opinioni, interviste, rubriche medico-legali-meccaniche-politiche e in tutti questi casi la grammatica si danna: a che serve quel gran dono della preposizione articolata da usare senza timore, ma che voi continuate a ignorare? Puntini usati per riempire spazi vuoti, maiuscole al posto di minuscole e minuscole al posto di maiuscole, accenti al posto di apostrofi e viceversa… da mettere in crisi anche i puristi della Crusca.
Non rimproveratemi se mi concentro soltanto sui titoli: rendetevi conto che per entrar nei contenuti dei vostri loquaci articoli ci vuol sempre troppo coraggio. E il titolo invece di aiutare e sensibilizzare la lettura nasconde rebus e anagrammi che solo alla vista, occhi e meningi rabbrividiscono.
Vista o svista? E va bene: ammettiamo che le vostre pubblicazioni siano solo piene di errori ortografici dovuti a sviste e distrazioni. In questo caso ascoltate un consiglio: quando scrivete, rileggete attentamente le vostre parole. Spesso finirete per non capire neppure quel che avevate voluto dire. Argomenti e frasi finiranno per perdere qualsiasi significato. E capirete con quali labirinti sintattici i vostri poveri lettori hanno a che fare…
Qualcuno scrisse che un titolo è una scatola vuota: perdonate la presunzione, ma le vostre scatole appaiono bucate. Lo so, i vostri contorti pensieri fanno fatica a stare in strette parole e il dono della sintesi non è nel vostro repertorio.
Per non parlare di accenti, apostrofi, parentesi, virgolette e altri scontenti. Ma per questo confido nella vostra diligenza: usate il correttore ortografico dei calcolatori, in mancanza di un vocabolario vi eviterebbe tante cattive figure.
Infine un’ultima preghiera a chi usa giornali e notiziari per inquinare pagine e pagine con noiose e sgrammaticate riflessioni: pensate bene ancor prima di scrivere; pensate a noi lettori, alle tastiere dei vostri computer e lasciate che la vostra saggia avarizia possa liberare noi e i nostri schermi dalle vostre parole.
 
(read also Il Clandestino)

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