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Statale 69

Da Gio65 @giovanniparigi
L’idea di trasferirsi da Roma a Bologna in auto, percorrendo le statali, adesso non gli pareva così brillante come la sera precedente. Era stata la sete d’idee a spingerlo a evitare treno e autostrada. Voleva scovare, nei paesi in cui le statali s’incuneano, l’ispirazione per il suo nuovo film. In particolare sperava che la Toscana gli desse l’idea che cercava. Per questo si era già fermato più volte a guardare la campagna e aveva consumato un paio di caffè nei bar che aveva incontrato lungo la strada. Erano state, però, tutte soste in cui non aveva potuto incontrare e parlare con la gente del luogo, così aveva deciso di darsi una scorciatina ai capelli e farsi radere dal primo parrucchiere che avesse incontrato.  Fu la statale 69, nel tratto in cui divide a metà un paesetto anonimo della Toscana di cui dopo pochi giorni non ricordava neppure il nome, che sulla destra incontrò, proprio sul bordo della strada, un’insegna con sù scritto “Parrucchiere” . Diresse allora la macchina nell’area di sosta  poco più avanti e parcheggiò. Sceso dalla vettura osservò attentamente la modesta piazza e la chiesa certamente ricostruita dopo la guerra. Guardò l’ora al cellulare e vide che erano le quattro el pomeriggio. Temette che il negozio fosse chiuso,ma fortunatamente, giunto di fronte alla porta d’ingresso in legno e dipinta con un celeste molto tenue, vide che non solo era aperto ma c’era già un cliente. Prima di entrare osservò per un attimo la porta composta dal vano d’ingresso e un altro pannello più grande. Entrambe le parti erano occupate quasi del tutto da vetri. Il telaio della porta e del pannello era solo lo stretto necessario a sorreggerli. Inoltre i vetri erano parzialmente oscurati da una veneziana verdolina che però non impediva la vista del cliente e dei due titolari, uno sulla cinquantina, l’altro oltre i settanta. “Buongiorno signore” si sentì dire appena aperta la porta e immediatamente dopo che un campanellino d’ottone aveva squillato. “Buongiorno a lei. Crede che possa sistemarmi barba e capelli? Sa sono di passaggio” “L’ho capito subito che non era del paese, qui ci conosciamo tutti. Vero Gregorio, diglielo al signore da quanto tempo ci conosciamo, diglielo” esclamò all’orecchio del cliente battendo la mano con cui impugnava le forbici sulla sua spalla. Gregorio, nonostante fosse seduto e avesse il busto coperto da una mantellina azzurra, appariva un uomo sulla cinquantina pure lui, alto e magro. L’estesa calvizie metteva in risalto il suo importante naso aquilino. “Ehhh, anni e anni. L’asilo insieme abbiamo fatto” rispose. “L’asilo da chi, da chi Gregorio?” disse l’altro proprietario sulla settantina- un ometto anch’egli calvo e con indosso una sgargiante camicia hawaiana- mentre imbeveva d’acqua un asciugamano. “Dalle monache, da chi? All’epoca c’erano solo loro” precisò Gregorio “Signore, non stia in piedi. Si sieda. Guardi, guardi quante riviste ci sono” disse il parrucchiere più giovane”. Poi, allontanadosi da Gregorio, che dal grande specchio a parete seguiva tutta la scena, aggiunse:” Ma niente donne nei giornali! Qui vengono anche i bambini. Se vogliono le donne nude e organizzare gli scherzi ci sono gli altri negozi di parrucchiere. Vadano lì a farsi i capelli” disse in ultimo il titolare più giovane ritornando a curare la testa di Gregorio.  La faccenda degli scherzi aveva incuriosito molto il regista, così chiese di quali scherzi parlasse. “Bisogna essere senza cervello per pensare certe cose! Senza cervello!” esclamò il parrucchiere battendosi sulla tempia la mano destra che impugnava le forbici “ma dico io, come si fa a nascondere nella mazzetta dei giornali del campanaro, sì perche noi abbiamo ancora il campanaro e non le campane elettriche, una rivista porno, ma m’intenda: porno, porno mica storie! Che farà quello se non portarla in chiesa? E così ha fatto, l’ha messa dove il prete tiene i gionali per tutti. Poi che è successo? E’ successo che la povera Tonina, una vecchina con la corona del rosario sempre in mano, è andata a prendere Famiglia cristiana e s’è  ritrovata fra le mani la rivista. Pensa che sia finita qui? Aspetti, viene il bello. La Tonina come faceva a pensare allo scherzo, come faceva poverina! Ha fatto due più due: se le cose che ha visto nella rivista le tengono in chiesa - ha pensato- vuol dire che si possono fare. Così appena ha visto il prete, che si era fermato a parlare con alcune persone di fronte al bar, sa cosa gli ha detto? Gli ha detto:” Mi scusi padre, ma se quello che si vede qui si può fare perchè non me lo avete detto quando ero giovane? Lo immagina il casino che è venuto fuori? Solo perchè il prete ha la testa sulle spalle non siamo andati a processo, perchè le nipoti della Tonina erano veramente tinte male”. Il regista in cuor suo avrebbe voluto ridere, ma non lo fece perchè certo che il parrucchiere si sarebbe offeso, tanta era la veemenza dell’accusa nei confronti degli organizzatori dello scherzo. Si limitò così a dire che era uno scherzo pesantuccio, effettivamente, ma , ripeto, avrebbe voluto ridere. “Splat” si udì a un tratto. “Splat, splat”. Tutti si voltarono verso l’origine del suono. Era il parrucchiere più anziano, verosimilmente il padre di quello più giovane, che stava dando la caccia all’unica mosca presente. Al momento la stava fissando sulla spalliera dell’altra sedia di lavoro. La puntava con il braccio alzato e l’asciugamano dietro la spalla, pronto al tiro. “Splat. Orcoboia l’ho mancata. Streghina, ma ti prendo, ti prendo” “Sai che pensavo Valerio” disse Gregorio. “Che pensavi?” rispose il parrucchiere più giovane. “Se io mi faccio allungare i capelli da una parte della testa e poi mi faccio il riporto, c’è un modo per tenerli fermi?” “Ah, non lo so io. Se vuoi farli crescere per sei o sette anni si può fare. Come si può fare se hai intenzione di tenerli fermi con una molletta da bucato attaccata all’orecchio. Lo vedi? Lo vedi che hai una strisciolina di capelli debole, debole da una parte e dall’altra. Come fai? L’unica soluzione, se non vuoi fare il clown, e tenerli corti o il parrucchino” “E’, mica male l’idea del parrucchino. Fatti ricciolo Gregorio” disse il padre di Valerio che ancora era intento a scovare la mosca. “Sì, il parrucchino...se si potesse far qualcosa con i miei...” “No, nulla, niente, non si può fare niente che non sia una buffonata” esclamò Valerio spazientito. Poi aggiunse:” Glielo dica anche lei signore; vede?” disse prendendo tra le mani la testa di Gregorio e girandola da una parte in maniera tale che il regista potesse valutare la gravità della calvizie “vede che ha solo due capelli per parte? Che vulo riportare, la pazienza? Tutte le volte la stessa storia, duro però!” “Splat, splat! Orcoboia com’è furba questa streghina!” si udì e di nuovo tutti si girarono verso il padre di Valerio. “Senta” disse il regista “scendendo di macchina ho visto la facciata della chiesa. Mi sembra che sia molto recente rispetto a qualche edificio adiacente, mentre avrebbe dovuto essere almeno contemporanea. Mica per caso fu distrutta durante la guerra, l’ultima guerra intendo” “Certo” rispose il più anziano”qui ci fu proprio il fronte. S’immagina che cosa ha significato per noi avere la ferrovia a ridosso del paese? Lo ridussero in macerie, compresa la chiesa. Solo tre edifici subirono danni gravi ma rimasero in piedi. Ecco perchè la chiesa sembra recente rispetto a loro. Prima del fascismo e della guerra era una bella chiesa. Aveva dodici pinnacoli, uno per apostolo. Se  non fosse stato per Mussolini li avrebbe ancora ”. “Fu pesante la dittatura?” chiese il regista. “Come nel resto d’Italia, nè più ne meno” rispose Valerio “mio nonno me ne parlava spesso, ma è dagli altri che sono a venuto a sapere che nel libro nero dei fascisti del luogo erano scritti solo tre nomi, gli altri son diventati anti-fascisti dopo, a cose fatte. Erano un calzolaio, un fabbro e un contadino. Tutti gli altri guardarono la piatto di pastasciutta con Mussolini; ma vollero il prosciutto dopo la caduta, mentre il calzolaio, il fabbro e il contadino rimasero tali e senza medaglie, quelle se le son prese gli altri. Così va il mondo, caro il mio signore, così va il mondo. Babbo diglielo te, diglielo te che gli fece fare il nonno di Sguazzino” disse stizzito. “Sa” disse il padre”quando il fascio cadde ci fu la caccia ai collusi con il regime. Chi potè scappare lo fece, ma chi non lo potè cadde nelle mani della gente inferocita. Una negoziante -non faccio il nome perchè ancora viva- era stata una sostenitrice della buon anima e aveva un negozietto. La gente gli dette l’assalto! Tutto gli portaron via, tutto! Anche i bambini portaron via quello che poterono. Fra questi c’era anche quello che noi chiamiamo Sguazzino. Prese un’automobilina e la portò a casa. Quando suo nonno la vide, lui, lui che era stato nella lista nera fin dall’inizio del fascismo e aveva sopportato l’insopportabile, sa cosa disse? Disse :“Riportala dove l’hai presa! Se non hai i soldi per comprarla riportala dove l’hai presa”. Capisce? un calzolaio!” Il regista mosse leggermente la testa e piegò le labbra in segno d’approvazione. “Che pasta d’uomo eh?” chiese valerio. “Certo”  rispose laconico il regista. “Ecco Gregorio, sei servito. La barba te la fai da solo?”.  “Sì, quella me la faccio da solo” rispose. “Ora ti do una bella spruzzata, così profumerai per tutto il giorno” disse Valerio impugnando non più le forbici ma una vecchia boccetta di vetro simile a cristallo e con una pompetta di gomma. Poi iniziò a spruzzare girando intorno a Gregorio come se stesse dando un antiparassitario a una pianta. “Signore si accomodi sull’altra sedia mentre io do una spazzatina in terra” disse Valerio mentre toglieva la mantellina a Gregorio, il quale si alzò e si dette un’occhiata allo specchio. “Insomma niente riportino, non si può fare” domandò ancora Valerio. “No, nein, nada, niet in cinese non te lo so dire ma se me lo chiedi un’altra volta lo imparo!” quasi urlò il parrucchiere. “Va bene, domandare è lecito” “Domadare un paio di volte sì, è lecito, ma le solfe non sono lecite, Gregorio!” “Splat, splat, splat” di nuovo si udì e tutti si girarono per vedere se uno dei colpi fosse andato a segno. “Madonnina santa! Ma ti prendo, ti prendo streghetta” disse il vecchio guardando la povera mosca volar via e seguendola con lo sguardo. Intanto il regista si era seduto e aspettava che Valerio gli mettesse il grembiule. “Come li facciamo signore?” domandò il parrucchiere. “Io pensavo a una sforbiciatina davanti e dalle parti, oltre che la sfumatura”  “Va bene. La barba dato che è in viaggio se la vuole fare?” “Ma sì, facciamo anche la barba. Anzi iniziamo proprio da quella”. “Come vuole” disse Valerio prendendo schiuma, pennello e un vecchio rasoio dal manico di madreperla In un attimo il regista si trovò completamente copertro il volto di schiuma. Adesso per seguire quanto accadeva nel negozio aveva solamente il grande specchio che curiosamente lo faceva sentire come al cinema. Vedeva Valerio muovere abilmente forbici e pettine mentre discorreva delle cose più disparate ma sempre interessanti; vedeva il vecchio dar la caccia alla mosca e Gregorio seduto che sfogliava distrattamente una rivista e rispondeva talora a Valerio, tal’altra a suo padre. Chissà perchè all’improvviso si fece silenzio. Si udiva solo a tratti il ronzio della mosca e lo splat del colpo che la voleva morta. Il regista osservava tutto grazie allo specchio che come un grande schermo gli metteva di fronte tutto ciò che accadeva alle sue spalle. Fu così che vide il vecchio farsi concentratissimo, caricare il colpo gettandosi l’asciugamano dietro le spalle e avvicinarsi pianissimo a Gregorio, che era intento a sfogliare un’altra rivista. Il vecchio, giunto a pochi passi da Gregorio, sferrò il colpo e uno splat molto più forte degli altri si udì nella stanza. “Ohhh, ma sei impazzito” urlò Gregorio portando istintivamente la mano destra sulla pelata. “Fermo, fermo, fermo” disse il vecchio parrucchiere “che adesso vediamo se era maschio o femmina. T’ho presa steghetta o streghino! Eccola qui!” esclamò raccogliendo la mosca dalla testa lucida e in parte bagnata di Gregorio. “Vede, vede signore?” chiese il vecchio al regista stringendo tra le dita la povera bestiola oramai morta. “Mi’ è una mosca di quelle nuove. Non è nè maschio, nè femmina” esclamò il padre di Valerio tutto contento che la caccia fosse andata a buon fine. Il regista intanto era scoppiato a ridere e continuava a seguire tutto sullo specchio che sempre di più gli appariva uno schermo dove si proiettava un film comico. Rise di gusto, forse troppo di gusto, tanto che dopo un po’ pensò di scusarsi con Gregorio, il quale non si risentì, ma disse solo che era un vecchio pazzo con la camicia hawaiana. Il regista, uscito dal negozio tutto profumato come Gregorio, non segnò nel suo taccuino altro che questo: statale 69.               

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