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#Storiedeldisonore: corvi e veleni attorno a #Falcone
Creato il 27 aprile 2013 da Intervistato @intervistatoLa ricostruzione del pool di Palermo, integrata dal “teorema Buscetta”, per la Suprema Corte è corretta. “Sicuramente un punto di partenza, e non uno di arrivo”, commentò Giovanni Falcone nel corso di una intervista alla RAI.
Eppure il pool antimafia di Palermo, con il suo metodo di indagine era già un ricordo lontano dal 1988. In quell’anno si sceglie il nuovo capo delle procura di Palermo (allora ufficio istruzione). A lasciare il posto è Antonino Caponnetto, il bravo magistrato toscano cui si deve l’idea e la determinazione della formazione della squadra di magistrati che portò alle più importanti indagini sulla mafia negli anni ’80.
L’aria nelle stanze del Palazzo di Giustizia di Palermo in quei mesi si fa sempre più irrespirabile, e a concorrere alla carica di procuratore capo ci sono Giovanni Falcone, e Antonino Meli, un magistrato che fino a quel momento non ha mai svolto indagini su fatti di mafia, ma ha dalla sua una maggiore anzianità di servizio rispetto allo stesso Falcone.
La scelta dei colleghi di Falcone finì infatti, tra mille polemiche, su Antonino Meli. 15 voti contro 12.
«Quando Giovanni Falcone solo, per continuare il suo lavoro, propose la sua aspirazione a succedere ad Antonino Caponnetto, il CSM, con motivazioni risibili gli preferì il consigliere Antonino Meli. Falcone concorse, qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il CSM ci fece questo regalo. Gli preferì Antonino Meli».
Questo fu il commento di Paolo Borsellino il 25 giugno del 1992, a un mese dalla strage di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone. A favore di Falcone, per dovere di storia e di cronaca votarono i consiglieri Abbate, Brutti, Calogero, Caselli, Contri, D’Ambrosio, Gomez d'Ayala, Racheli, Smuraglia e Ziccone. Contro Falcone Agnoli, Borrè, Buonajuto, Cariti, Di Persia, Geraci, Lapenta, Letizia, Maddalena, Marconi, Morozzo Della Rocca, Paciotti, Suraci e Tatozzi. Si astennero Lombardi, Mirabelli, Papa, Permacchini e Sgroi.
Si apre una stagione di corvi e veleni con una storia che sembra ancora tutta da scrivere. All’interno del Palazzo di Giustizia di Palermo iniziano a girare missive che accusano Falcone di pilotare i pentiti, così come altri investigatori dell’antimafia. Per quelle missive viene condannato per diffamazione in primo grado il magistrato Alberto Di Pisa, poi prosciolto per non aver commesso il fatto, a causa dell'inutilizzabilità del materiale probatorio raccolto. In questo clima matura il fallito attentato all’Addaura, dove Giovanni Falcone si erar recato con i magistrati svizzeri Carla del Ponte e Claudio Lehmann per disporre alcune rogatorie su inchieste riguardanti il riciclaggio nello stato elvetico.
L’attentato fallì, e Falcone parlò chiaramente di “menti raffinatissime” dietro a quello scenario che si era scatenato attorno alla sua figura e alla sua indagine. Intanto nel 1989 anche quella politica che oggi si fa paladina dell’antimafia inizia ad attaccare Falcone. Tutto nasce in particolare dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Pellegriti, il quale svela al pm Libero Mancuso alcuni retroscena riguardanti il ruolo di Salvo Lima nell’ambito degli omicidi di Piersanti Mattarella e Pio La Torre.
Mancuso avvisa Falcone che interroga Pellegriti e cerca riscontri. Risultato: Giovanni Falcone incrimina Pellegriti insieme all’estremista di destra Angelo Izzo (uno dei condannati per la strage del Circeo). Il ‘nero’ Izzo avrebbe infatti, rinchiuso con Pellegriti nel carcere di Alessandria avrebbe infatti pilotato le dichiarazioni di Pellegriti. Il giudice li incriminerà entrambi per calunnia aggravata. Da lì in poi personaggi come Leoluca Orlando arrivarono ad accusare Falcone di tenere i dossier “chiusi nei cassetti”, e sostanzialmente di non voler far luce sugli omicidi politici di Cosa Nostra. Una polemica che continuerà fino all’uccisione di Giovanni Falcone... [to be continued]
Luca Rinaldi | @lucarinaldi
Stories of dishonor: crows and poisons around Giovanni Falcone
On the 30th of January, 1992, the Cassazione changes the appeal verdict of the maxitrial to Cosa Nostra, instructed by Giovanni Falcone and Paolo Borsellino. All confirmed the life in prison verdicts of the first degree of judgement. The reconstruction of the Palermo pool, integrated by the "Buscetta theorem", is correct according to the Supreme Court. "Surely a starting point, not a goal.", commented Giovanni Falcone during an interview with RAI.
And yet the Palermo antimafia pool, with its inquiry methods was already a distant memory since 1988. In that year the new head of the Palermo desk is chose. Leaving his place is Antonino Caponnetto, the great Tuscan judge who had the idea and the determination to form a team of judges that lead to the most important inquiries about the mafia in the 80s.
The air in the rooms of the Palace of Justice in Palermo during those months becomes heavier and heavier, and running for the place are Giovanni Falcone and Antonino Meli, a judge who until that moment had never done any inquiries on mafia matters, but has more years in service than Falcone himself.
The choice of Falcone's colleagues ended, amongst a thousand comments, on Antonino Meli. 15 votes against 12.
"When Giovanni Falcone alone, in order to continue his work, proposed his aspiration to take Antonino Caponnetto's place, the CSM with ridiculous motivations preferred the counselor Antonino Meli. Falcone tried, some Judas immediately ridiculed him, and on my birthday the CSM made us this gift. They preferred Antonino Meli."
This was Paolo Borsellino's comment on the 25th of June 1992, one month away from the Capaci massacre in which Giovanni Falcone lost his life. In favor of Falcone, for the good of history, the votes of counselors Abbate, Brutti, Calogero, Caselli, Contri, D’Ambrosio, Gomez d'Ayala, Racheli, Smuraglia and Ziccone. Against him, Agnoli, Borrè, Buonajuto, Cariti, Di Persia, Geraci, Lapenta, Letizia, Maddalena, Marconi, Morozzo Della Rocca, Paciotti, Suraci and Tatozzi. Lombardi, Mirabelli, Papa, Permacchini and Sgroi did not vote.
This opens a season of crows and poisons with a story that still seems all to be written. Inside the Palace of Justice of Palermo, letters start to circulate, incriminating Falcone of directing the collaborators of justice, as others investigators of the antimafia. For those letters the judge Alberto Di Pisa is condemned for slaunder, and then released for not committing the fact, because of the unusability of the evidence. In this climate the failed attack at the Addaura matures, where Giovanni Falcone had gone together with the Swiss judges Carla del Ponte and Claudio Lehmann in order to prepare a few letters of request on inquiries regarding the money laundry in Switzerland.
The attack failed, and Falcone clearly talked about "refined minds" behind the scenario that had unleashed itself around his figure and his inquiry. In the meanwhile, in 1989 the same politics that today proclaims itself to be a champion of antimafia starts to attack Falcone. All is born in particular from the statements of the collaborator of justice Giuseppe Pellegriti, who reveals to Libero Mancuso a few details regarding Salvo Lima's role in the Piersanti Mattarella and Pio La Torre homicides.
Mancuso tells Falcone he's interrogating Pellegriti and searches for confirmation. Result: Giovanni Falcone incriminates Pellegriti together with the right wing extremit Angelo Izzo (one of the condemned for the Circeo massacre). The "black" Izzo, incarcerated together with Pellegriti in the Alessandria prison, would have piloted Pellegriti's statements. The judge condemnes both of them for slander. From that moment on, people like Leoluca Orlando arrived to accuse Falcone of keeping the dossiers "closed in his drawers", and substantially being unwilling to make light on the political homicides of Cosa Nostra. A discussion that will continue until Giovanni Falcone's murder.
Luca Rinaldi | @lucarinaldi
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