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#Storiedeldisonore: l’arresto di #Riina, le stragi del 1993 e la partita della #mafia sul carcere duro

Creato il 02 giugno 2013 da Intervistato @intervistato
E se di “trattativa“ si sente parlare, non ci si può dimenticare di quel che accadde nel 1993, una anno su cui ancora oggi si chiudono processi e si emettono sentenze. L’anno si apre con l’arresto del ‘capo dei capi’: Totò Riina.
#Storiedeldisonore: l’arresto di #Riina, le stragi del 1993 e la partita della #mafia sul carcere duro E’ il 13 gennaio, siamo in via Bernini 54, ed è appena partita l’‘operazione Belva’ del nucleo del Crimor guidato da Sergio de Caprio, meglio conosciuto come Capitano Ultimo. Lui e la sua squadra composta da Arciere, Vichingo, Pirata, Oscar, Omar e Ombra hanno individuato la villa di Riina.
Gli uomini di Ultimo per due giorni girano nei quartieri de l’Uditore, della Noce e di Passo di Rigano, con ‘la balena’, cioè il furgone schermato da cui si fanno riprese e si ascoltano le intercettazioni. Il 14 gennaio individuano il cancello da cui esce Ninetta Bagarella, la moglie di Totò Riina. Alle 8.55 del giorno successivo Giuseppe Coldesina, nome in codice Ombra, comunica via radio con Ultimo: «Attenzione, è uscito il nostro amico, il nostro amico Sbirulino, è uscito».
L’amico “Sbirulino” è in realtà Salvatore Biondino, autista di Totò Riina. A bordo della Citroën ZX con Sbirulino c’è proprio lui, “Totò ‘u curtu”, la “belva senza cuore” arrivata ai vertici di Cosa Nostra e latitante da 23 anni. A riconoscerlo è stato Balduccio Di Maggio ex autista di Riina, stipato con l’attrezzatura e il resto della squadra del Crimor nel retro del Ford Transit Blu che porta la scritta “Gambino Impianti”. É Di Maggio ad aver segnalato dalla stazione dei Carabinieri di Novara, dove è stato arrestato l’8 gennaio 1993 per un omicidio a Borgomanero, la probabile ubicazione del ‘covo’ (in realtà una villa con tanto di palme e non distante dal centro di Palermo). Quindici minuti e un chilometro più tardi da via Bernini a Palermo avviene l’arresto del capo dei capi il quale un’ora dopo si ritrova in caserma fotografato sotto la foto del generale Dalla Chiesa.
Di Maggio non è uno qualunque, è infatti quel pentito “eccellente” a fortune alterne che descrisse la scena del famigerato bacio di Riina a Giulio Andreotti. Basta una confidenza di Balduccio di Maggio in una caserma dei Carabinieri di Novara per stanare Riina? Ovviamente no. Si aggiungono così le indagini degli uomini del Ros guidati da Mario Mori e il contesto della famigerata “trattativa” tra Stato e mafia: Riina sarebbe la contropartita offerta da Provenzano per far cessare le stragi e contestualmente salvare Cosa Nostra dalla guerra con lo Stato intavolata dopo gli eccidi di Capaci, via d’Amelio, Roma, Firenze e Milano tra il 1992 e il 1993. Sarebbe stato il capo dei capi primo estensore del cosiddetto ‘papello’, cioè l’elenco delle richieste di Cosa Nostra allo Stato per mettere fine alle stragi in continente”. Senza poi dimenticare la dibattuta e complessa vicenda della mancata perquisizione del covo di Totò ‘u curtu che diede avvio a una sterminata letteratura giornalistica, ancora oggi sulla cresta dell’onda.
Da Giuliano in poi sulle operazioni più importanti dell’antimafia siciliana non sono mai mancati sospetti e veleni, e la vicenda dell’arresto di Totò Riina, avvenuto il 15 gennaio di venti anni fa non ha fatto di certo eccezione. Anche perché a giovare più di tutti di quell’arresto è stato quel Bernardo Provenzano che è stato nei tredici anni successivi uomo di vertice di Cosa Nostra, cambiando radicalmente il volto dell’organizzazione criminale siciliana. Una Cosa Nostra che in questi venti anni non è stata di certo sconfitta, e chi lo sostiene, o lo fa per ignoranza o lo fa in completa malafede sminuendo un problema ancora forte e attuale soprattutto in Sicilia, nonostante qualche difficoltà ‘organizzativa’ in più rispetto al passato.
Nei mesi successivi, e precisamente tra maggio e luglio del 1993 arrivano le stragi di Roma, Firenze e Milano, che provocheranno altre vittime, feriti e danni anche al patrimonio artistico. Proprio in quell’anno si gioca, per la magistratura palermitana, la partita sul 41 bis, ovvero il regime del carcere duro, tornato sulla scena dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio. Il ministro della giustizia Giovanni Conso, subentrato a Claudio Martelli, dimissionario a causa dello scandalo per il ‘conto protezione’, non rinnova il carcere duro per oltre 300 detenuti. Sono pochi gli esponenti di spicco di Cosa Nostra presenti in quella lista, ma andava lanciato un “segnale di distensione”: così definiva la non proroga dei 300 41-bis il direttore del DAP Capriotti in una nota del giugno 1993.
Il 10 agosto del 1993 la DIA redige una nota riservata che invia al ministro Mancino: «Gli attentati recenti potrebbero presumibilmente riferirisi alla ricerca di un pactum sceleris attraverso l’elaborazione di un progetto che tenda ad intimidire e distogliere l’attenzione dello Stato per assicurare forme di impunità». La nota prosegue e parla proprio di 41-bis «l’eventuale revoca , anche solo parziale, dei decreti che dispongono l’applicazione dell’articolo 41-bis potrebbe rappresentare il primo concreto cedimento dello Stato intimidito dalla stagione delle bombe».
Una nota comunque da leggere nella sua interezza in grado di aprire uno scenario illuminante per lo stato dell’arte delle indagini dell’epoca e una probabile saldatura, il pactum sceleris, tra poteri criminali presenti sul territorio nazionale.
Conso dice di non aver prorogato i provvedimenti in perfetta solitudine e di non ricordare la nota firmata da Capriotti. Fatto sta che i provvedimenti rientrano e da gennaio 1994 si conclude la strategia stragista di Cosa Nostra con il fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma ai danni dei Carabinieri. Successivamente, sempre nel gennaio ’94, vengono arrestati anche i fratelli Graviano, fautori della linea stragista dopo l’arresto di Riina. Arresti che segneranno la fine del sangue in quel terribile biennio, e l’inizio del regno di Bernardo Provenzano. [To be continued...]
Luca Rinaldi | @lucarinaldi


Stories of dishonor: the arrest of Riina, the massacres of 1993 and the mafia party on the hard prison
And if we must talk about a "treaty", we can't forget what happened in 1993, an year on which trials are still being celebrated and verdicts still being decided. The year was oppened with the arrest of the "boss of bosses": Totò Riina. It's January the 13th, we're in Bernini Street 54, and the "Belva operation" of the Crimor nucleus has just started under the leadership of Sergio de Caprio, better known as "The Last Captain". He and his team composed by Archer, Viking, Pirate, Oscar, Omar and Shadow have found Riina's villa.
The Last Captain's men scout the neighborhoods of the Uditore, Noce and Passo di Rrigano for two days with the "whale", the van used to record videos and listen to wirings. On January 14th they identify the door from which Ninetta Bagarella comes out, the wife of Totò Rriina. At 8.55 of the following day, Giuseppe Coldesina, codename "Shadow", communicates on radio with the Last: "Attention, our friend is out, our Sbirulino friend, he's out."
The "Sbirulino" friend is actually Salvatore Biondino, the driver of Totò Riina. On board of the Citroën ZX with Sbirulino there's him, "Totò 'u curtu", the "heartless beast", arrived at the top of Cosa Nostra and a 23 year long fugitive. The one who recognized him was Balduccio Di Maggio, former driver of Riina, stuffed with the equipment and the rest of the Crimor team in the back of the Ford Transit with the "Gambino Impianti" sign on it. It was Di Maggio who signaled, at the Carabinieri station of Nnovara, where he was arrested on January the 8th for a homicide at Borgomanero, the probable position of the "den" (in reality a villa with palm trees not very far away from the center of Palermo). Fifteen minutes and one chilometer later from via Bernini in Palermo, the arrest of the boss of bosses, photographed one hour later under the picture of general Dalla Chiesa.
Di Maggio isn't just any criminal, he is the "excellent" collaborator of justice who described the scene of the famous kiss between Riina and Giulio Andreotti. Is one confidence of Balduccio di Maggio in a Carabinieri station sufficient to get Riina out of his hiding place? Obviously not. So the inquiries of the Ros men are added up, guided by Mmario Mori and the contezt of the "treaty" between State and mafia: Riina would be the counterparty offered by Provenzano in order to stop the massacres and at the same time save Cosa Nostra from the war with the State started after the Capaci, via d'Amelio, Rome, Florence and Milan massacres between 1992 and 1993. Apparently it was the boss of bosses who gave out the first "papello", the list of requests of Cosa Nostra from the State in order to stop the massacres in the country". Without forgetting the debated and complex matter of the missed perquisition of the den of Totò 'u curtu, which gave birth to an infinite journalistical literature, still quite popular even today.
From Giuliano onward, on the most important operations of the Sicilian antimafia, there has never been a lack of suspicions and poisons, and the matter of the arrest of Totò Riina, happened on January the 15th of 20 years ago was certainly not an exception. Also because the one who benefited most from that arrest was Bernardo Provenzano, who was the top man of Cosa Nostra in the following 13 years, changing radically the face of the Sicilian criminal organization. A Cosa Nostra that in these twenty years has definitely not been defeated. Those who said it has, do it either out of ignorance or lying, diminishing a problem that is strong and current especially in Sicily, in spite of a few more "organization" difficulties than in the past.
In the following months, and more precisely between May and July 1993, the massacres of Rome, Florence and Milan happened, causing more victims, injuries and damages to the artistical patrimony as well. In that year the game of the 41 bis is played, the hard prison regime, back on the table after the Capaci and via D'Amelio massacres. The minister of Justice Giovanni Conso, who came into the charge after Claudio Martelli, who resigned because of the scandal for the "protection count", doesn't rennovate the hard prison for more than 300 prisoners. There are only a few important exponents of Cosa Nostra in that list, but a "distention signal" had to be launched: that was what it was called by the DAP director  Capriotti in anote date June 1993.
On August the 10th 1993, the DIA writes a reserved note sent to minister Mancino: "The recent attacks might presumable be referred to the search of a pactum sceleris through the elaboration of a project that tends to intimidate and distract the State's attention to insure forms of impunity". The note goes on and talks about the 41 bis and the "the possible revocation, even just partial, of the decrees that dispose the application of the 41 bis, might represent the first concrete defeat of a State intimidated by the bombing season."
A note that should still be read in its entirety, capable of opening an illuminating scenario for the state of the art of inquiries at that time and a probable union, a pactum sceleris, between criminal powers present on the national territory.
Conso said he did not delay the measures in perfect solitude, and that he did not remember the note signed by Capriotti. The point is that the measures are actuated and from January 1994 the massacre strategy of Cosa Nostra is concluded with the failed attack at the Olympic Stadium in Rome at the expense of the Carabinieri. Afterwards, in January '94, the Graviano brothers are also arrested, the actuators of the massacre line after Riina's arrest. Arrests that will mark the end of the blood of that terrible two years period, and the beginning of the reign of Bernardo Provenzano.
Luca Rinaldi | @lucarinaldi

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