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#Storytelling: il "Villain" all'interno di un'azienda
Creato il 15 marzo 2013 da Intervistato @intervistatoUna delle prime regole che viene insegnata a chi vuole scrivere, soprattutto per il cinema, è che una sceneggiatura ha in sè conflitto e cambiamento, non esiste una senza l'altra e soprattutto non esiste la storia. Proprio l'audiovisivo è il sistema più usato per lo studio e la comprensione dello storytelling aziendale, non solo perchè racchiude i principi cardine della narrativa, ma ha anche un'articolata organizzazione della produzione, necessaria per produrre strategie e tattiche nel marketing e nelle campagne. Senza conflitto non esiste storia. Facile, no? Per niente, visti anche gli esempi di come viene usato lo storytelling, che sembra legata alla vecchia dizione e articolazione della pubblicità. Inoltre quando ti occupi di formazione o di consulenza per le aziende, spesso l'obiezione è quella di non voler legare il proprio nome ad un'immagine negativa. Basta riflettere però: tu azienda nella storia sei l'eroe e non il villain, per dirla all'inglese.
Lo storytelling è molto di più e avere un buon villain porta con sè molti vantaggi anche nei processi interni dell'azienda e non solo nelle campagne:
- Chiarezza e definizione del posizionamento del brand e del business,
- Capire quali sono le strategie di marketing più adeguate verso clienti altrui,
- Call-up verso i dipendenti coinvolgendoli nella definizione del villain.
La creazione di una narrazione non è solo legata all'esposizione del prodotto/servizio verso il mercato, ma dovrebbe diventare un tool per favorire il design stesso del business e del brand. Non a caso per sapere chi si è o chi si vuole essere spesso si lavora in "opposizione". Questo si accorda con una grande regola nel "mondo degli affari", quello di conoscere il proprio mercato o scenario di riferimento. Proprio lì stanno i "cattivi", che possono essere una società rivale, come la Coca-Cola con la Pepsi, un settore o lifestyle, come Apple fece con gli utenti dei Pc, oppure un processo, come fanno i gestori dei cloud service in confronto a chi tiene i backup in azienda. In questi la co-creazione insieme ai propri collaboratori e dipendenti può velocizzare il processo di identificazione del villain e renderlo più efficace.
Restiamo ancora nei processi interni di un'azienda e soprattutto sull'identità. Spesso le risorse umane si spendono in attività di team building allo scopo di rendere più coesi i loro gruppi di lavoro. Non sono le "uscite organizzate" o la pagina web di default sui browser a fare un gruppo unito e va sottolineato che un gruppo di lavoro unito è un'arma potente per un brand. L'identità del brand è fondamentale e deve essere accompagnata anche da un processo di ascolto verso tutti i collaboratori. Spesso questo viene dimenticato e il risultato è un lavoro fatto male. Un team coeso è un team dove si lavora bene come ambiente e retribuzioni, conditio sine qua non, ma è anche un organismo che ha chiaro dove va e come ci arriverà. La conoscenza dei punti deboli è il primo passo per porvi rimedio e i dipendenti sono i custodi di un sapere che spesso la dirigenza dimentica. L'identità verrà trasmessa dal vostro team e se manca consapevolezza si fa presto a passare da "eroe" a "villain", basta pensare alle pagine I Hate Ryanair e Paypal Sucks.
Una definizione chiara del proprio storytelling aziendale passa prima di tutto nella mission e nella vision, costruiti all'interno del brand, meglio se creati insieme dalle varie componenti dell'azienda per poi essere comunicati verso gli utenti. Non è un processo facile anzi è complesso, ma la costruzione del proprio villain deve essere efficace per capire che tipo di eroe sarà il nostro brand.
Simone Corami | @psymonic
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