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Strasburgo contro Crocifisso, incrociamo le dita

Creato il 01 luglio 2010 da Dragor

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAjesus-soccer   Il mondiale  di calcio riposa, ma in attesa di Germania>Argentina è in corso un altro match altrettanto importante: Strasburgo>Crocifisso. In questi giorni il Tribunale dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo deve giudicare il ricorso della Chiesa cattolica, della Chiesa ortodossa e di 11 paesi europei contro il divieto di esporre i simboli religiosi negli spazi pubblici, in seguito all'azione legale promossa da Soile Lautsi e da suo marito Massimo Albertin. Ecco la lista dei paesi per i quali lo spazio pubblico è un feudo delle chiese: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Italia, Lituania, Malta, Principato di Monaco, Romania, Russia e San Marino.

  

   Infatti  i cristiani non si accontentano di esporre i loro simboli a casa loro ma vogliono esporli anche nella casa degli altri. Con quale diritto rivendicano questa invasione di campo? Perché, dicono, i nostri simboli non appartengono soltanto a noi, ma fanno parte della tradizione. Così vanno esposti dappertutto.

 

  

   Questa pretesa è simultaneamente una campagna pubblicitaria e una colonizzazione culturale. La pubblicità c’insegna l’efficacia di un simbolo esposto in ogni luogo. A forza di vederlo, la gente finisce per considerarlo parte integrante della vita quotidiana e accetta il prodotto come un fatto ineluttabile. L’occupazione degli spazi da parte del prodotto finisce per farlo diventare effettivamente parte della tradizione. E’ il sogno di ogni pubblicitario: identificare il prodotto con il costume. La posta in gioco è enorme.

  

   Ma questo procedimento non rispetta chi si oppone al prodotto. Molti considerano il cristianesimo un’ideologia nociva e l’opinione di queste persone va rispettata. Ecco perché negli spazi pubblici, che sono anche la casa di queste persone, i simboli cristiani non devono essere esposti. E questo vale per i simboli di tutte le altre ideologie, religiose o meno.

 

  

   Poi c’è la questione del particolare simbolo che i cristiani vorrebbero esporre. Si tratta di un idolo rappresentante un uomo condannato alla pena capitale e giustiziato mediante crocifissione. Se è di cattivo gusto l’esposizione di un uomo impiccato, decapitato o folgorato, a maggior ragione lo è quella di un uomo crocifisso. Nessuna ideologia giustifica una caduta di gusto.

 

  

   Ma non basta. Nel febbraio del 2008 a Milano è stata vietata in un parco di attrazioni l’esposizione di un uomo folgorato sulla sedia elettrica con la motivazione che lo spettacolo avrebbe potuto traumatizzare i bambini. Lo stesso divieto è stato pronunciato quindici giorni dopo dal sindaco di Fréjus in Francia. Ora, i cristiani vorrebbero esporre il loro idolo in tutti gli spazi frequentati dai bambini, perfino nelle scuole materne ed elementari. E per i bambini la vista di un uomo inchiodato a una croce è sicuramente più traumatica di quella di un  uomo folgorato sulla sedia elettrica.

 

  

   Poiché in certi paesi l’idolo appare dappertutto come una sorta di Grande Fratello, chi può valutare l’effetto di questo trauma collettivo? Se nessuno sfugge al trauma, mancano i termini di paragone. Possiamo avanzare un’ipotesi: lo shock rende la gente più sensibile alla propaganda della multinazionale che sta dietro l’idolo. Per questo la multinazionale è così potente.

 

  

   Ecco perché speriamo che il Tribunale dei Diritti dell’Uomo vinca il suo match contro il crocifisso. Forza Strasburgo!  E’ uno scontro impari, un piccolo tribunale contro 11 paesi e una grande multinazionale. Ma non scordiamo che il Ghana ha sconfitto gli Stati Uniti e Davide ha sconfitto Golia.

 

Dragor


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