“Stupore e tremore” è l’atteggiamento che deve portare il giapponese verso l’Imperatore, segno della deferenza massima verso di lui e del terribile rispetto che egli incute. Quasi con lo stesso riguardo Amélie-san tratta e guarda ai suoi colleghi della Yuminoto, dove è stata assunta come interprete, e certamente con lo stesso tremore accetterà gli incarichi che le verranno assegnati, accettandoli con lo stupore che meritano.
Amélie Nothomb ha detto in un’intervista: «Moi, je parle franponais» (Io parlo il fran-ponese), rendendo chiara l’unione di cultura franco-belga e giapponese in lei. Il Giappone è la terra che ha conosciuto da bambina, dove ha frequentatole scuole, imparando ad esprimersi perfettamente con gli ideogrammi. Ritornarci da adulta significa per lei omaggiare il ricordo del Kansai e del monte Kabuto, luoghi mitologici dove batte l’antico cuore del Giappone. Ciò che non poteva aspettarsi era la piega che gli eventi avrebbero preso alla Yuminoto: in un’azienda in cui gli individui sono numeri e il suo numero è al di sotto del valore dello zero, Amélie-san crede di trovare protezione sotto l’arco di Fubuki, suo diretto superiore, la cui anima è fredda quanto ilsignificato del suo nome (tempesta di neve), e grazie a qualche capitombolo ben azzeccato e qualche imprevisto assolutamente normale, la protagonista segue un’irrefrenabile parabola discendente, fino alla degradazione assoluta.
Detta così, sembra che Stupore e tremori sia un libro terribile e angosciante sulle disgrazie di un occidentale in quell’incomprensibile paese che è il Giappone. Vi sbagliate: la verve comica e lo humour inestinguibile dell’autrice marcano le pagine delle sue disavventure, spronando sé stessa e il lettore non solo ad andare avanti, ma a farlo dignitosamente e ironicamente. Questo diario della sua esperienza lavorativa poteva essere lugubre e aberrante (e sono sicura che se fosse stato un film del sol Levante, sarebbe stato così), invece è un crescendo di incredulità e comicità a cui è impossibile astenersi. Come un piccolo kamikaze sorridente, Amélie-san prosegue la sua involontaria caduta negli inferi dell’azienda con volontà di ferro – degna di un giapponese – e occhio divertito e divertente – degno di un occidentale. I paradossali aspetti della complessa cultura giapponese sono criticati con leggiadra ironia, causando non un rigetto verso di essa, ma l’ammirazione e l’abnegazione. Calzante esempio della complessità del sistema nipponico e di quanto sia intrinsicamente perfetto è l’elogio della donna giapponese, la cui vita potrebbe sembrare (è) uno stillocidio, un cammino verso l’infelicità e la tristezza, in cui è vietato sognare e si attende il momento in cui, per forza di cose, avviene la sua rovina, evitabile solo con il suicidio (atto in Giappone considerato molto onorevole). Ed invece, ella risulta un irreprensibile modello di fermezza e incanto, forse anche perché, come dice la Nothomb, «restare in vita è un atto coraggioso di resistenza al tempo stesso disinteressato e sublime».
Azzurra Scattarella
Amélie Nothomb, Stupore e tremori, Voland, 2001, € 11.00