Si dice che per prepararsi alla chiusura delle case di tolleranza la sera del 20 settembre 1958 (data dell’entrata in vigore della legge Merlin) le strade si affollarono di uomini con bottiglie di champagne intenzionati a dare un dignitoso addio. Era però troppo tardi perché l’ultima sera di apertura era il 19 e gli uomini rimasero per le strade.
di missannanever
Da allora le discussioni in merito all’utilità e l’importanza della legge si sono susseguite negli anni. Ogni tanto il discorso riemerge, vengono pubblicati nuovi dati in crescita, si riporta in luce il solito dibattito sulla sostituzione dell’ obsoleta legge ma regolarmente la questione viene soffocata da pressioni politiche e (finti) moralismi.
All’attuale stato delle cose in Italia la prostituzione non è illegale. Dalla lettura della legge Merlin n. 75/1958 si evince che chi decide di prostituirsi e chi di usufruire di prestazioni a pagamento può farlo ma :
- “E’ vietato l’esercizio di case di prostituzione nel territorio dello Stato e nei territori sottoposti all’amministrazione di autorità italiane.” Alcune sentenze della Cassazione hanno ritenuto la casa della prostituta paragonabile ad una casa di prostituzione.
- L’organizzazione della prostituzione, l’ agevolazione della prostituzione ( perfino senza profitto personale) , il reclutamento di prostitute è illegale (reato di favoreggiamento della prostituzione)
- E’ vietato lucrare sul lavoro delle prostitute (reato di sfruttamento della prostituzione)
- E’ illegale costringere qualcuno a prostituirsi (reato di riduzione in schiavitù)
- Indurre qualcuno a prostituirsi è illegale (reato di induzione alla prostituzione)
- L’adescamento era reato penale ma da alcuni anni è stato depenalizzato e ora è solo sanzionato da una multa, rivolta alle persone “1)che in luogo pubblico od aperto al pubblico, invitano al libertinaggio in modo scandaloso o molesto;
2) che seguono per via le persone, invitandole con atti e parole al libertinaggio.”
La legge italiana non segue quindi il modello proibizionista, come invece è in nella maggior parte dei Paesi musulmani, Paesi dell’ Europa dell’ est o Svezia, Norvegia, Islanda (dove è vietato solo acquistare prestazioni a pagamento). La nostra legge segue un modello c.d. “abolizionista” , che non riconosce la prostituzione come vera e propria attività commerciale ma ne riconosce la liceità, condannando penalmente invece una serie di comportamenti collaterali alla prostituzione che di fatto quindi la ostacolano, facendo emerge la disapprovazione e l’ ideologia della legge stessa: la prostituzione è negativa e le donne ne sono solo vittime.
Mi sorge quindi spontaneo chiedermi perché non (ri)abbracciare un modello “regolamentarista” (il modello in vigore in Germania, Paesi Bassi ad esempio) , abbandonato nel 1958 con la legge Merlin, che riconosce la prostituzione come una vera e propria attività commerciale, un lavoro che in quanto tale viene regolamentato. La mercificazione del corpo è un fenomeno presente da sempre, non potrà essere certo una legge a eliminare e condannare una pratica così radicata, anche perché non è ruolo della legge definire la morale dell’individuo. Se invece quest’ultima si attenesse alla sua funzione, avremmo una legge che regola queste attività, finora gestite dalla criminalità, dando la possibilità di aprire “case di tolleranza”, Eros Center, quartieri a luci rosse dove una donna, per volere o per necessità (a noi nulla dovrebbe importare) potrebbe praticare la sua professione all’interno di un ambiente più tutelato, sicuro e igienico di qualsiasi strada, le verrebbe riconosciuta una capacità contributiva per cui , pagando imposte come su qualsiasi reddito di lavoro, riceverebbe delle contropartite, come l’assistenza sanitaria. Sarebbe denaro strappato alla criminalità (50 anni di legge Merlin credo abbiano dimostrato di non essere stati in grado di soppiantare né la prostituzione né la criminalità ad essa correlata) e garantito davvero a favore della donna.
Negli ultimi anni sono state tante le proposte rivolte a favore del cambiamento, regolarmente si assistono a pressioni rivolte in questa direzioni ma evidentemente ci sono muri troppo alti da superare. Da una parte la forte influenza della morale sessuofoba della Chiesa, su cui non serve nemmeno dilungarsi troppo, dall’altra un fenomeno emergente, sorto dai vent’anni di squallore berlusconiano, che dà voce al più bieco e subdolo moralismo di menti poco lucide della sinistra italiana che mascherano il loro femminismo per niente liberale nelle loro “battaglie di civiltà” a favore della “dignità della donna”. Coscienze impreparate? Non penso che l’ Italia sia bigotta e non pronta ad accettare l’apertura delle case di tolleranza, il passo necessario da fare è liberarsi da logiche politiche che poco attengono alla reale situazione.