Nella cronaca di Gianfranco Mazzoni resta indecorosamente “il piccolo giapponese”, adesso vai a capire se per statura tecnica o per statura fisica. Kamui Kobayashi invece almeno a Suzuka è un gigante, l’ultimo appiglio del pubblico locale che nell’arco di tre anni ha perso Bridgestone, Honda e Toyota.
Dai tempi di Sato che era arrivato terzo a Indianapolis nel 2004, Kobayashi è il primo rappresentante del sol levante che sale sul podio in una corsa di Formula 1. Dice: “Per me vuol dire tantissimo. Ho sempre ritenuto che per essere considerato davvero un pilota di Formula 1, devi salire almeno una volta sul podio. Senza una foto del genere è come se tu non ci fossi mai stato”.
Nelle interviste in parco chiuso non se ne va più, risponde ai microfoni di tutte le televisioni locali, parla a tutto tondo, ma ha un filo conduttore: “Sto guidando per la mia carriera”. Messo alla porta propriamente no. Però la Sauber a Suzuka lasciava intendere che per la formazione del 2013 non c’è fretta, adesso che il mercato deve reagire all’ultimo scossone.
Mario Miyakawa, italiano, con sangue giapponese, che prima di gestire la carriera di Kamui si è occupato di quelle di Jean Alesi e Alessandro Del Piero, adesso intavola le trattative sulla base del risultato del Giappone. A RaiSport dice: “È un piazzamento importantissimo. Aiuta, ma soprattutto per finire la stagione, perché è stato un anno difficile e sfortunato”.
Podio, punti e orgoglio per Kamui nel week-end in cui la stampa nel box della Sauber gli occhi li puntava su Sergio Perez, il prescelto che deve riempire il vuoto alla McLaren. E che invece va rovinosamente fuori pista mentre sferra l’attacco a Button al tornante.