Paccheri farciti di stoccafisso mantecato, pesto di rucola e raspatura lodigiana.
E' da qui che voglio partire per raccontarvi il mio Taste of Milano. Visto con gli occhi di una food blogger, ma soprattutto con gli occhi di una ex "comunicatrice aziendale". Una che crede nell'equilibrio dato da forma e sostanza. Un equilibrio che sono andata a cercare, a Milano, tra stand "fieristici" poco invitanti e "chef di altissimo livello" nel panorama Milanese.
Ma la question è: cosa si intende per chef di altissimo livello? Parliamo di stellati Michelin, di giovani astri nascenti nel mondo della cucina, parliamo di innovatori geniali o di mode milanesi del momento?
Parliamo di tutto questo, al Taste of Milano.
Iniziando dai Paccheri, appunto (userò la lettera maiuscola per ogni pietanza, senza distinzioni. Per rispetto del vero protagonista della giornata).
Sadler crea questo primo piatto dal gusto unico creando un'armonia di sapori e di consistenze incredibile. Un piatto a cui dare il massimo dei voti, nonostante l'ambiente e le modalità di prenotazione del piatto, non aiutino. Ad essere sinceri mi viene proprio difficile "degustare" un piatto da doppia stella Michelin, in piedi, con piatto di simil cartone plastificato e forchettina di legno. Eppure, onore al piatto che ha risollevato la figura del suo proprietario, durante lo spettacolo al Teatro degli Chef.
- Premetto una cosa importante. Il mio Taste of Milano è stato nella fascia pomeridiana (ora di pranzo), di conseguenza: nessuna fila per entrare, nessuna fila per ordinare una portata, possibilità di godere degli spettacoli degli chef in prima fila, assaggiando le portate nelle pause tra uno chef e l'altro -
Claudio Sadler arriva con 40 minuti di ritardo. E le persone aspettano, stanche ma curiose.
- Una fiera che apre alle 11 e chiude alle 15,30 non ti permette 40 minuti di attesa -
La curiosità è data dalla speranza di un vero spettacolo in cui lo chef tra formaggi, burro e attrezzi del mestiere, ti sorprende con una ricetta unica. Speri quantomeno di poterla riproporre ai tuoi ospiti, la ricetta. E invece. 40 minuti e l'arrivo dei tre protagonisti: Sadler, il suo secondo chef, il BIMBY.
Ora, io dico. Io, ventiseienne single che vive da sola, non uso il Bimby. E attenzione, credo sia la più geniale invenzione in cucina dopo la lavastoviglie. E ri-attenzione, credo che nella cucina di un ristorante possa essere utilissimo se non indispensabile per collaborare ed evitare lente preparazioni ormai banali e scontate. Ma ad un Food Show, un ristoratore che vanta con tutta ragione 2 stelle Michelin, non può presentarsi con un robot nel quale inserire latte, formaggio, sale, pepe e panna ... et voilà, ecco il vostro flan di Gruyère DOP.
Sarò una ventiseienne fuori moda e tragicamente tradizionalista, ma questa non mi è andata giù. A differenza dei Paccheri che sono scivolati senza fatica.
Voto: 4 (il mio range rimane quello di Cuochi e Fiamme 1-5), dato da un 5 per la pietanza e da un -1 per la comunicazione.
Ravioli di Patate arrosto ripieni di grana padano 27 mesi, aceto balsamico tradizionale e noci.
Proseguo con il secondo piatto a cui ho dato il massimo.
Andrea Provenzali, che non ho avuto il piacere di conoscere, proprietario de "Il liberty", abbina ingredienti tradizionalmente nati per stare insieme, riuscendo a renderli non scontati e non banali.
Era un'impresa difficile, a mio avviso. Grana, aceto e noci. Ormai lo si trova anche negli aperitivi più easy. Facile cadere nell'ovvio. Eppure.
Un piatto che ho ordinato per scommessa e che ha brillantemente superato la prova.
Voto: 5
Piccola delusione ( se di delusione di può parlare avendo a che fare con stellati Michelin) invece per Cracco, ristorante che conosco bene e nel quale ho mangiato diverse volte. I suoi Mondeghili e zucchine alla curcuma erano decisamente "non da stellato".
Il problema è questo.
E' che tu sai che nel momento in cui ti appresti a pagare i tuoi 5 ducati per 2 polpette in umido, le aspettative sono giganti, perchè tu vuoi le polpette di Cracco, non quelle della domenica che ti prepara la nonna. E dal primo boccone ti aspetti una consistenza che qui mancava assolutamente.
Dure e sbilanciate a livello gustativo, con una zucchina quasi inesistente. Peccato, perchè ho sempre trovato il top di Cracco nella cucina milanese rivisitata, più che nella "molecolare" o negli abbinamenti azzardati (ricordo un rognone con le cozze da brivido) ai quali forse, mea culpa, non sono ancora abbastanza educata.
Voto: 3
Altro "ni" per i Tortelli di Grano bruciato con melanzane, burrata e cicale di mare. E' stato il mio approcio ad Aimo e Nadia, che conoscevo solo per fama e per continui elogi.
Ho assaporato questo piatti provando a non pensare al contesto, allo chef, al nome del piatto. Ho chiuso gli occhi (lo dico anche per chi ieri mi avesse visto in Parco Sempione. Non sono pazza) e ho provato a distinguere i sapori. Il bruciato che prevale su tutto e la cicala di mare assente.
Peccato.
Voto: 3
Ivoire Cremosa, biscotto allo zafferano, fave di cacao e sale a scaglie.
Davide Oldani, lo chef di Cornaredo, proprietario del D'O, famoso per il suo ottimo rapporto qualità-prezzo. A vederlo sul palco, sembra alle prime armi. Prepara un risotto alla milanese con aria poco convinta e poco convincente. Da un uomo ormai "di comunicazione", considerando i suoi libri e le sue ospitate televisive, mi aspettavo più decisione. Anche se, all'invito ad assaggiare, la signora del pubblico sembrava piuttosto soddisfatta e ben contenta.
Evitando le gomitate per l'assaggio del suddetto piatto, mi sono imbattuta in questa Ivoire.
Delicata, con uno zafferano prepotente ma ben abbinato, una fava di cacao amara per contrapposizione e un tocco magico dato dal sale (che io trovo fondamentale nei dessert).
Voto: 4
Infine, ultimo piatto assaggiato (prima di esplodere), il Cubotto al cioccolato bianco e zenzero di Filippo Gozzoli, The Park Restaurant.
Terzo piatto da massimo dei voti. Peccato per il cioccolato, che bianco non era.
Una cremosità divina, un gusto incredibilmente perfetto in abbinamento al lampone (o frutto rosso che era) e allo zenzero.
Accostamento perfettamente riuscito, nonostante la semplicità, e ristorante da provare.
Voto: 5
Fuori Menu, diciamo cosi, Simone Rugiati e Tonino Canavacciuolo.
Entrambi "senza stand", ma presenti al Teatro degli Chef.
Da ex comunicatrice, come dicevo all'inizio, Rugiati rimane geniale. Preparato, organizzato, divertente e abile nel muoversi e nel preparare. Pubblico prevalentemente femminile, con una signora in prima fila che chiedeva spiegazioni ogni 5 minuti.
Ma lui, tra domande e interruzioni, nel medesimo tempo degli altri relatori, ha spiegato come tagliare il tonno, come pelare al vivo un'arancia, come "risottare" una pasta, come preparare una pasta aglio, olio e peperoncino doc, ha creato uno splendido tris di tonno, con una tartare avvolta in una zucchina grigliata, farcita con mozzarella a cubettini e condita con olio al basilico, una pasta aglio, olio e peperoncino "risottata" con cubetti di tonno saltati, e un trancio di tonno appena scottato con salsa ad hoc.
Spiegazioni eccellenti e preparazione di alto livello per uno chef al quale, proprio per aver fondato parte del suo successo sulla comunicazione televisiva, si chiede ancora di più.
Gli si chiede di dimostrare che non è solo un bel ragazzo che davanti alla telecamera ci sa stare eccome. E lui, tra un toscano abbozzato e un aneddotto familiare, lo dimostra egregiamente.
Voto: 5 alla comunicazione
Tonino Canavacciuolo invece risulta timido. Lo chef di Villa Crespi è attento alla materia prima, lo si vede. "Le mie cappesante sò brutte". Lo ripete più volte. "Però sò buone".
Come dargi torto. Genuino, verace, con quell'accento mediterraneo che sa di vero. Pochi ingredienti, massimo gusto. Un mazzolino di erbe portate da casa, per rendere tutto ancora più naturale.
Piatto eccellente alla vista. Una semplicità e una delicatezza che da un omone così non ti aspetti.
Sembra timido e un pò scocciato di stare su quel palco, Tonino. Ma, pur non essendo il Rugiati della situazione, sa tanto di chef vecchio stampo, di quelli nati per stare in cucina. E questo mi piace, tanto.
Voto: 2 alla comunicazione verbale, 5 alla comunicazione emotiva.
Voto 2 al target dell'evento. Pochi intenditori, troppa massa. Ottima l'idea di proporre l'alta qualità ad un prezzo ragionevole, ma l'alto livello mal si sposa con l'organizzazione fieristica. Fa tanto "mangio benissimo e spendo poco". Ma non è questo lo scopo. Almeno per me.
Con le mie perplessità, le mie piacevoli sorprese e le mie entusiasmanti scoperte,
questo il mio Taste of Milano.
Magazine Cucina
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