“Verba volant, scripta manent” dicevano i latini. È proprio partendo da questo che Mike Carey in Unwritten indaga su quale sia il vero potere della parola scritta, e quanto reali possano essere i mondi fantastici che essa crea.
È un discorso coerente e dal sapore epico quello che è stato imbastito dal numero #1, che trova in questo volume ulteriori risposte. Se Neil Gaiman, in Sandman e in American Gods, aveva approfondito il ruolo dei sognatori e dei fedeli, Carey afferma che la devozione dei fan nei confronti di un personaggio di fantasia, il maghetto Tommy Taylor, possa conferire, alla persona che funge da ispirazione, dei poteri magici: in questo modo Tom Taylor diventa un vero e proprio mago, come il suo omonimo letterario.
Come nel precedente volume, la trama principale privilegia l’azione, con l’inizio della battaglia finale contro la Cabala, l’organizzazione che da sempre cerca di controllare le Storie e osteggia Tom Taylor. I cinque capitoli principali sono affiancati da altrettanti “fill-in” dal carattere più intimista; a loro il compito di approfondire e rendere tangibile il ruolo che la parola può avere nella vita “reale”.
Lo stile è certamente verboso e a tratti un po’ pesante, ma regala epicità a una storia colma di citazioni letterarie e mitiche, mentre nei fill-in riesce ad essere poetico ed empatico.
Ottimi i disegni di Peter Gross, sempre puliti e chiari anche nelle scene più confuse.
Ancora un ottimo volume per questa serie, che senza dubbio è l’ultimo eco della Vertigo che fu.