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The wedding: secondo capitolo online

Creato il 27 luglio 2010 da Alessandraz @RedazioneDiario
THE WEDDING di Beth Fantaskey
Capitolo 2
«Pensavo a una pettinatura classica, con i capelli raccolti in cima alla testa» disse Mindy con il naso nascosto fra le pagine di un’edizione di Celebrity Hairs dedicata alle spose. «Ma ovviamente tutto dipende dal tuo headpiece».
Ero combattuta se darle retta e considerare le varie possibilità o se abbandonarmi a osservare il mondo che mi scorreva davanti dai finestrini posteriori del SUV Lexus che Lucius aveva messo a nostra disposizione per fare ritorno dall’aeroporto. A quanto pareva Lucius aveva previsto la quantità assurda di bagagli che Mindy avrebbe portato con sé, perché il SUV era più spazioso degli altri veicoli presenti nel fornitissimo garage dei Vladescu… il cui contenuto presto sarebbe stato anche al mio servizio, per quanto stentassi ancora a crederci.
Fuori dal finestrino, si apriva davanti a me una vista mozzafiato sugli imponenti Carpazi, e di tanto in tanto, quando superavamo una curva sul fianco scosceso della montagna, mi ritrovavo faccia a faccia con il cielo e nient’altro, e non potevo fare a meno di sussultare, non solo per la paura di precipitare nel vuoto, ma anche perché non potevo fare a meno di pensare che questa terra dall’aspetto ostile e selvaggio sarebbe d’ora in avanti stata la mia nuova casa.
«Jess?» disse Mindy tirandomi leggermente per la manica. «Indosserai una tiara, vero? Be’, non può che essere altrimenti!»
Mi voltai verso di lei giusto in tempo per scorgere nei suoi occhi un lampo di euforia al solo pensiero di partecipare a un vero e proprio matrimonio reale, uno di quelli cui nessuna delle due avrebbe mai pensato di prendere parte, nonostante i film di Walt Disney ci avessero insegnato a crederli possibili. «Sì, sarà una tiara» le confermai, chiedendomi se Mindy non fosse effettivamente più entusiasta di me all’idea del matrimonio. Non vedevo l’ora di sposarmi con Lucius, ma allo stesso tempo mi sentivo terribilmente nervosa.
Sarei stata capace di seguire il protocollo adeguato a un’occasione del genere? E gli invitati, si sarebbero divertiti?
Ma soprattutto, i miei parenti – sia Vladescu che Dragomir – avrebbero evitato di causare problemi? Perché questa non era certo un’ipotesi da escludere.
«Muoio dalla voglia di vedere l’abito!» esclamò Mindy, riportando l’attenzione alla rivista che giaceva sulle sue ginocchia. «Scommetto che è uno spettacolo!»
«Domani lo vedrai» le promisi, augurandomi che le sarebbe piaciuto. E che sarebbe soprattutto piaciuto a Lucius. L’avevo disegnato io stessa con l’aiuto del sarto di Lucius, e non era affatto un abito convenzionale. Volevo qualcosa di diverso, di speciale. Un abito che parlasse del mio passato e del mio futuro. Accennai un sorriso, pensando che quell’abito avrebbe reso giustizia all’importanza del momento che io e Lucius stavamo per vivere.
Riuscivo ancora a sentire la sua voce, quando in piedi alle mie spalle in un piccolo negozio in Pennsylvania, mi disse giocherellando con i miei ricci: «Non voglio più sentirti dire che non conti nulla, Antanasia. O che non ti senti bella…».
Volevo disperatamente che pensasse che fossi molto più che bella mentre lo raggiungevo sull’altare. Volevo togliergli il respiro. Non mi sarei accontentata di nessun altro tipo di reazione.
Avvertii l’ansia serrarmi di nuovo la gola, così distolsi lo sguardo e tornai a guardare fuori. In quel momento scorsi in lontananza i tetti di Sighisoara. Mi venne in mente di fare una piccola deviazione per mostrare a Mindy quell’affascinante cittadina medievale, proprio come zio Dorin aveva fatto con me la prima volta che ero andata in Romania. Ma all’ultimo decisi di tacere, perché improvvisamente avvertii l’urgenza di far vedere qualcos’altro a Mindy, prima ancora delle pittoresche stradine che Lucius aveva percorso da bambino.
Sporgendomi in avanti, mi rivolsi all’autista nel mio rumeno sgangherato: «Se opreste cind ai lui Vladescu casa, te rog».
Mindy sollevò lo sguardo stupefatta, ma io ero sicura che la grammatica, per non parlare della pronuncia, fossero tutt’altro che corrette. Tuttavia l’autista, una delle guardie austere che tempo addietro mi aveva trattenuto per le braccia nel buio della foresta, sembrò capire, poiché annuì, senza distogliere lo sguardo da quella strada contorta, e rispose: «Da, bineinteles».
«Che sta succedendo?» mi chiese Mindy, stranamente a suo agio per essere alla sua prima visita in Romania con un vampiro al volante di un lussuoso SUV. «Allora?»
«Stiamo per fermarci» dissi. «C’è una cosa che vorrei mostrarti».
«Cosa…?»
Ma prima che potesse finire la frase, il SUV rallentò accostandosi al ciglio della strada e io le indicai qualcosa alle sue spalle, esortandola a guardare fuori dal finestrino.
Lei si voltò ed ebbe la reazione che mi aspettavo, perché era quella che ebbi anch’io, quando Dorin si fermò più o meno in quel punto. Lo stesso misto di meraviglia, incredulità e forse un pizzico di paura che mi aveva lasciato a bocca aperta, incapace, come Mindy ora, di pensare o dire altro se non…
«Allora posti del genere esistono davvero…»

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