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Thomas Sankara e il Burkina Faso, la libertà contro la corruzione

Creato il 13 ottobre 2012 da Giornalismo2012 @Giornalismo2012
thomas sankara

- Di Carmen Gueye

A giorni ricorrerà il venticinquesimo anniversario dalla morte di Thomas Sankara, nome che ormai ricordano in pochi. E che ci è parso il più adatto a introdurre, in seguito, una riflessione sulla Francia, patria di libertà interne, e colonialismi esterni striscianti e ancora attuali, che di libertà non profumano.

Sankara nacque nel 1949, in quello che allora si chiamava Alto Volta, territorio a nord dell’omonimo fiume, amministrato dai francesi.
Il padre s’era infilato nel corpo di gendarmeria in tempo di guerra ma, congedato, era ridisceso in una miserabile condizione.
Terzo di dieci figli, cattolico, il ragazzo Thomas, di spiccata intelligenza, non aveva alternative per migliorare la propria esistenza e realizzare i sogni nel cassetto, se non gli studi nelle missioni religiose, seguiti dalla carriera militare. Riuscì in tal modo ad affrancarsi dalla miseria, ricevere un’adeguata educazione e andare in Europa per l’addestramento. L’Alto Volta, unitamente ad altri paesi africani, divenne indipendente nel 1960.
Thomas, attratto da grandi obiettivi, non rinunciò a perseguirne alcuno.

Il primo, rovesciare la dittatura militare, era raggiungibile con un solo metodo, alla portata di un ufficiale dell’esercito come lui e praticato normalmente in Africa: il colpo di stato. In questo modo, nel 1983, si insediò al potere, provvedendo a cambiare nome al paese, divenuto “Burkina Faso, ossia “paese degli uomini integri”. Annunziò senza remore il suo programma, con un candore e una franchezza che ancora oggi stupiscono.
I punti erano pochi, semplici, chiari. Eliminare gli sprechi, poiché una nazione così depressa, leader nella classifica della povertà mondiale, non poteva permettersi una classe dirigente con abitudini miliardarie e un apparato statale opulento e parassita. Detto fatto, defenestrò i papaveri al potere e obbligò i pubblici dipendenti, gli unici con un salario garantito a fine mese, a un regime di vita austero. Lui stesso diede l’esempio, girando in bicicletta o, per lunghi tragitti, con una scassata R5, o ancora, se costretto a volare, elemosinando un passaggio da altri capi di stato ( sistema scherzosamente definito”aereo stop”).
Incentivare le attività produttive locali era un altro suo chiodo fisso, per smettere di tendere la mano alle sovvenzioni internazionali, che finivano regolarmente nelle tasche di pochi. Diede impulso allo sfruttamento delle risorse agricole, a piccole imprese autogestite, al commercio locale o con paesi limitrofi. Fu istituita una specie di corvée, immaginiamo quanto gradita, per cui tutti dovevano dedicare almeno un giorno alla settimana ai lavori nei campi.
Favorire l’emancipazione femminile era la punta di diamante del suo programma.

Orripilato dalle mutilazioni femminili, intraprese una campagna per eliminare ogni sorta di prevaricazione maschile su figlie e mogli e per abbandonare le usanze tribali.

Sposato con due figli, Thomas tuttavia metteva al primo posto il servizio al popolo, tra cui rientravano un acceso pacifismo e una rete di alleanze con paesi africani che condividessero i suoi medesimi fini. Fu schematicamente (e velocemente) inserito dagli osservatori tra i leader marxisti. L’ideologia appare, nel suo caso, più un fatto personale, utile a comprendere gli eventi e la storia . Thomas non pretendeva di imporla nel lungo periodo, più di tutto amareggiato dall’immaturità dell’Africa. Come dargli torto, quando ridicolizzava la guerra da cortile che anni addietro si erano dichiarati il Burkina e il Mali, dotati in tutto di qualche vecchio blindato avanzo di deposito e un paio di elicotteri scassati? Per buona misura, questo giovane presidente sosteneva l’idea di uno stato laico, con ampia libertà religiosa.

Un tale manifesto programmatico, attuato senza indugio, metterebbe in difficoltà un politico dei nostri giorni: allora, e in quel territorio, dovette sembrare blasfemo: troppi obiettivi, tutti insieme.

Gli amici e i sostenitori, anche quando ti vogliono bene e forse proprio per questo, sono le forze di difesa più vulnerabili. Dovette aver buon gioco chi iniziò a soffiare sul fuoco per destituirlo.

La nomenklatura statale e il suo sottobosco erano contrariati dalla perdita dei privilegi. Dal canto loro i tradizionalisti non apprezzavano che egli tentasse, almeno dal loro punto di vista, di scardinare le antiche usanze.
Parte del popolo, in questi casi, dopo un primo entusiasmo, ragiona sulla fatica che costa una riforma, fatta di lacrime e sangue: i risultati si fanno vedere nel lungo termine, mentre gli aiuti internazionali garantiscono un tozzo di pane nell’immediato, senza guardare tanto lontano. I simpatizzanti si stancano, i nemici sono sempre all’erta.

Dopo i primi anni di duro lavoro, cominciava a pensare alle libere elezioni e all’organizzazione di uno stato democratico con pluralità di partiti; il tutto richiedeva prudenza e pazienza, doti rare tra i suoi avversari ( e non solo tra loro). Rilasciò la sua ultima intervista al “Manifesto”, poco prima di morire. In occidente, l’etichetta di marxista estremo lo emarginò ulteriormente.

Nell’ottobre 1987 Thomas, vestito con una tuta rattoppata durante la giornata dello sport, fu ucciso in un agguato a colpi d’arma da fuoco. Le sue ultime parole furono per la sua risicata scorta: scappate, è me che vogliono. Fu sepolto in tutta fretta e, sembra, a pezzi.

Gli succedette Blaise Compaoré, suo fidato collaboratore. Costui non smentì di aver avuto un ruolo nell’attentato al suo amico fraterno, sostenendo però che era quasi colpa di Thomas, che aveva reagito agli spari….

Blaise Compaoré è tuttora al potere, Era ospite di riguardo al forum sulla Cooperazione a Milano, l’1 e 2 ottobre scorso, in quanto avrebbe avuto un ruolo decisivo nella liberazione di Rossella Urru.

(tratto da Columbus, dell’autrice, Eidon Edizioni 2009).


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