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"Tolta da questo mondo troppo al dente".

Da Lacucinadiqb


Si avvicina a grandi passi il mio compleanno.Il conto alla rovescia è iniziato e con esso la sensazione che anche quest'anno non riuscirò ad organizzare la festa dei quarant'anni. Si, quella che dovevo organizzare sei anni fa. Per cui potrei seriamente pensare a buttar giù qualcusa per quella dei cinquanta, tanto non manca poi molto. Cioè passi a desiderare ardentemente di accendere 15 candeline per poi renderti conto che daresti fuoco con il lanciafiamme a tutte quelle necessarie a raggiungere il fatidico numero "46".

Non mi è mai piaciuto molto festeggiare il compleanno, effettivamente.Quand'ero piccola c'era così tanto da festeggiare il 19 marzo che solo verso sera a qualcuno veniva in mente che c'ero anch'io: "Ah, ma oggi è ANCHE il tuo compleanno!" Si, perchè tra la Festa di San Giuseppe (e la mia famiglia conosceva un sacco di Bepi), la Festa del Papà (uno sicuro) e la Festa del Giorno In Cui Miei Genitori Si Sono Incontrati La Prima Volta (non sto scherzando) ci voleva un Commodore 64 per stampare il tabulato e prendere nota di tutto.

Sono certa che se i miei mi avessero chiamata Giuseppa almeno avrei avuto la scusa di festeggiare l'onomastico, ricorrenza che nel Sud del nostro paese viene ancora molto sentita. Nome in ossequio ad un santo e relativi diminutivi: Giuseppina, Bepa, Beppina, Giusi per gli amanti del rock e Jo per i lettori di Louisa May Alcott (ricordate "Piccole Donne" e "Piccole Donne Crescono"?, sequenza di sfighe in quattro volumi che ha segnato indelebilmente la mia pubertà). Ma in quella fresca mattina di marzo, la Suora Ostetrica che mi aveva fatto nascere, e che già aveva deciso che mi sarei chiamata Giuseppina, non potè nulla contro la timida opposizione dei miei genitori (del resto una Suora Ostretrica Friulana aveva più potenza d'urto di Chuck Norris): "veramente abbiamo fatto un voto....".Fuori Giuseppa e dentro Maria, giusto per rimanere in tema. Che poi non è solo Maria. E' Anna Maria. Due nomi e una sola certezza: che nel Veneto si tolgono le doppie e si semplifica. Per cui solo Anna, anzi Ana. E smettetela di ridere. Meglio qb.


Durante il mio periodo dark - chi non ha vissuto un periodo dark - un'idea si fece prepotentemente strada in me: "potrei morire fra cinque minuti e non ho niente di pronto!". Si, portatrice sana di stress anche a 16 anni ma non era un pensiero poi così peregrino. Nel senso: muoio. Ok. E quindi non posso interagire con nessuno. Ok (e qualche volta, che fortuna). E quindi se mi compongono nella bara con uno stucchevole abito rosa (del resto ero nel periodo dark), senza trucco (ero anche appenappena fan di Renato Zero) e scalza (grande feticista di scarpe fin dalla fase embrionale) come faccio a protestare?! E che foto pensano di mettere sulla lapide? Con la fortuna che mi ritrovo sicuramente una con gli occhiali (avevo appena iniziato ad usare le lenti) e magari sbagliano anche a scrivere il mio nome. La dislessica visione di me nell'aldilà era dunque questa: scalza, senza trucco e con gli occhiali...come mi sveglio ogni mattina, insomma.

Per cui mi concentrai sugli epitaffi. Per darmi un tono. E avere una certezza: sapranno almeno ricopiare, no?"Assenza, più acuta presenza" mi sembrava molto lirico."Scusate la polvere" adeguatamente ironico."Non piangete, è soltanto sonno arretrato", profetico."Giace qui da qualche parte", in linea con la mia irrequietezza.Ma fu quello con il quale ho intitolato questo post che sentii davvero mio. Copiato da Aldo Fabrizi, naturalmente.A trent'anni di distanza, senza aver superato completamente il periodo dark, sono certa che se venisse ora la Nera Dama a chiamarmi le risponderei "Guarda, prendi il numerino e mettiti in fila, altrimenti mandami un twitt". Del resto "Non siamo mica qui a mangiare il brodo con la forchetta!" ;)


Si scherza di aldilà cucinando una mummia dell'aldiqua, ovvero il baccalà, che grazie al Concilio di Trento e alla fissa di mangiare di magro divenne il protagonista assoluto di piatti e banchetti.

Quenelle speziate di baccalà con crema di legumi.

Ingredienti

700-800 gr di baccalà sotto sale, 200 gr di fagioli borlotti di Lamon, 150 gr di ceci, 50 gr di ceci neri, 600 gr di latte crudo, 1 ramo di lemon grass, 2 foglie d’alloro, qualche grano di pepe nero, qualche grano di semi di coriandolo, 1 spicchio d'aglio rosa, 1 alga kombu, olio evo, sale e pepe nero lungo macinato al momento.

ProcedimentoTenere il baccalà in ammollo nell'acqua almeno 24 ore per liberarlo del sale, cambiando l'acqua un paio di volte. I puristi consigliano un filo d'acqua pulita per 48 ora ma evidentemente non hanno bollette da pagare.Togliere i pezzi dall’acqua, sciacquarli ed asciugarli con carta casa, togliere la pelle, l'eventuale lisca centrale, metterli in una pentola con una foglia d’alloro, qualche grano di pepe nero e di coriandolo, il lemon grass e coprire con il latte. Sobbollire coperto per 30'. Scolare, togliere le spezie e gli aromi, strizzare e frullare alla minima velocità (oppure nella planetaria con la frusta a foglia), emulsionando con l’olio evo fino ad ottenere una massa morbida (come se fosse baccalà mantecato).Mettere in ammollo i legumi per 12 ore, sciacquarli bene e unirli in una pentola di coccio con il doppio dell’acqua fredda, una foglia d’alloro, l'alga kombu, 1 spicchio d'aglio rosa e cucinare a fuoco dolcissimo per 2 ore, dopo averli schiumati all’inizio della bollitura. Terminata la cottura, togliere gli aromi, frullare con un frullatore ad immersione, passare poi il tutto con un colino in modo da ottenere una crema fluida e liscia. Regolare di sale.Versare in una fondina la vellutata e comporre con due cucchiai delle quenelle da adagiare sul piatto, terminandone la composizione con un filo d'olio evo crudo e una macinata di pepe nero lungo.

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