Sono davvero felice di presentare il post ospitale di cui avevo parlato. La gentileBarbara ha scritto questo articolo sulla sua città Torino, luogo a cui io sono affezionata per via di un’amica del cuore che lì ci abita e poi perchè è la città natale di mio padre che lì ci visse per i primi tre mesi della sua vita.
Leggete e gustatevelo.
Torino è casa mia
La Mole antonelliana
Torino è casa mia non è solo il titolo di un libercolo scritto da Giuseppe Culicchia per raccontare il capoluogo piemontese affrontandolo come un appartamento dove trovano posto la cucina, il bagno e la camera da letto, finanche il garage. Torino è casa mia è un moto d’orgoglio dei torinesi che hanno scoperto quanto sia bella la loro città dopo il maquillage iniziato con le Olimpiadi invernali del 2006 e che ha raggiunto l’apice con la celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Seppure digerito a fatica lo scippo di capitale (che per ragioni geografiche e politiche non poteva non essere a Roma) e mal sopportata l’emigrazione di innovazioni andate a beneficio di altre zone peninsulari (come la moda, la televisione e la radio, lasciandoci – chissà come mai – solo l’industria automobilistica), Torino vive ora un difficile periodo di transizione che in un certo senso stride con la sua ritrovata aura aristocratica, ma che deve rendersi forte proprio della crescente attività turistica.
Cavallo di Bronzo
Se oggi si fatica a vedere un futuro a tinte chiare, a causa della recessione economica attuale e di un new deal che alla fine degli anni ’90 rallentò la nascita di molte attività alternative a quella di Mamma Fiat, ripetendo così una storia di lungo corso, bisogna ricordare quanto disse Umberto Eco (“Senza l’Italia, Torino sarebbe più o meno la stessa. Ma senza Torino, l’Italia sarebbe molto diversa”) per capire sia la tenacia dei torinesi, sia la loro capacità di creare ogni volta qualcosa di nuovo e di grande, per sé stessi e non solo per la loro città.
Bisogna sapere infatti che nel 2011 sono stati diversi migliaia i visitatori che hanno attraversato le piazze, passeggiato nelle vie pedonali, visitato i musei scoprendo con meraviglia quanto sia godibile la mia città. Ed è cambiato è anche lo spirito dei torinesi verso i foresti armati di mappa, passando dalla congenita diffidenza alla piacevole accettazione, fino a un’accoglienza variegata e disponibile che ha portato diverse agenzie di incoming a organizzare itinerari tematici per approfondire la conoscenza con il territorio e le sue risorse
Duomo
Dal Museo Egizio al Museo del Cinema, dal Bicerin all’eccellenza eno-gastronomica, da Palazzo Carignano al Lingotto, dal Parco del Valentino alla salita di Superga, dalla movida di alcune zone alla Sindone, dai festival cinematografici a quelli musicali, dalla Mole antonelliana alle gallerie sotterranee del ‘700, dal triangolo della magia all’Arsenale delle Pace, i volti di Torino sono molteplici e ciascuno merita di essere visto, ascoltato, assaporato.
Composta da anime diverse, portate soprattutto dai venti dell’emigrazione (prima dalle campagne circostanti, poi dal Sud e dal Nord-Est d’Italia, quindi dal Nord-Africa e infine dall’est europeo), la città è sempre più un meltin’ pot di vite, culture e iniziative. E se l’integrazione non è mai facile, né tantomeno indolore, la storia cittadina insegna che amalgamarsi diventa una necessità, con la consapevolezza che tutte le parti in causa devono accettare le reciproche differenze, sempre nel rispetto di una legge dalle maglie talvolta slabbrate.
Bicerin
Monte dei Cappuccini e Po
Se oggi si fatica a vedere un futuro a tinte chiare, a causa della recessione economica attuale e di un new deal che alla fine degli anni ’90 rallentò la nascita di molte attività alternative a quella di Mamma Fiat, ripetendo così una storia di lungo corso, bisogna ricordare quanto disse Umberto Eco (“Senza l’Italia, Torino sarebbe più o meno la stessa. Ma senza Torino, l’Italia sarebbe molto diversa”) per capire sia la tenacia dei torinesi, sia la loro capacità di creare ogni volta qualcosa di nuovo e di grande, per sé stessi e non solo per la loro città.
Barbara Oggero