INGREDIENTI
(per uno stampo di 18 cm di diametro)
- 125 gr di farina di farro bianca
- 125 gr di farina di cocco cruda bio
- 200 gr di burro salato
- 120 gr di zucchero a velo
- 2 tuorli
- 1 cucchiaio di Limoncello (o altro liquore a piacere)
- 300 gr di more fresche
- 150 gr di zucchero semolato
- una manciata di fiori di Gelsomino
IL GELSOMINO
Una fragranza lussureggiante che arriva sopra tutte le altre, esprime perfettamente tutto il suo carattere deciso ma indulgente.Esiste una stretta correlazione tra olfatto ed emozione: gli odori giocano un ruolo centrale nel generare stimoli sensoriali, piacevoli e attrattivi. Molti profumi che noi percepiamo, sono miscele edonisticamente complesse composte da sostanze gradevoli e sgradevoli. L’essenza naturale di gelsomino è un esempio calzante di mescolanza di molecole sensorialmente discordanti, in quanto contiene sia sostanze piacevoli come alcol benzilico dal leggero sentore floreale e dolce, antranilato di metile, acetato di linalile, acetato di benzile, acetato di stirolile, descritto come fragranza “sognante ed eccelsa”, e, anche se presenti in piccolissime quantità, sostanze repulsive come l’indolo.L’indolo, chimicamente parlando, è una molecola eterociclica prodotta per decomposizione dai rifiuti organici dal netto sentore fecale. L’assoluta di gelsomino indolica, estratta dal fiore, tuttavia differisce da quella non indolica, di sintesi, poiché in grado di attivare diversamente le nostre aree cerebrali è quindi percepito con un profumo diverso.Studi svolti dal dottor F. Grabenhorst, ricercatore presso l’Università di Cambridge, hanno portato a interpretare il comportamento umano valutando l’attivazione cerebrale della miscela in toto e dei singoli componenti. Dallo studio si evince che parti del cervello, come la corteccia mediale orbito frontale, reputata indice della gradevolezza olfattiva, ha la stessa risposta sia con la miscela sia con la singola sostanza piacevole. Interessante invece il comportamento delle zone che rappresentano la sgradevolezza, quali la corteccia cingolata anteriore dorsale, in cui si può notare la stessa risposta alla miscela e al componente sgradevole. Si arriva quindi alla conclusione che, non solo le sostanze sgradevoli vengono “omesse” dal cervello nella creazione composta, ma la enfatizzano, arricchendola di sfumature che la fanno sembrare migliori rispetto al solo componente gradevole.Il nome del fiore sembra avere origini persiane, dalla parola ya-samn, che significa fiore bianco. Il gelsomino è descritto nelle narrative arabe con due temi contrastanti tra loro: da una parte l’amore puro e la verginità, e dall’altra la sensualità e l’erotismo. Viene infatti classificato da Paul Jellinek, noto profumiere tedesco, tra le essenze erogene e narcotiche, non opprime ma apre, rinfresca, libera la mente, studi clinici hanno infatti dimostrato che il profumo del gelsomino è in grado di far rilasciare, direttamente a livello ipotalamico, encefalina, sostanza che simula sensazioni di benessere fisico e mentale.Appartenente alla famiglia delle Oleaceae, esistono più di duecento specie di gelsomino, ma dal punto di vista olfattivo, sono considerate solo il Jasminum grandiflorum, chiamato anche “gelsomino di Spagna” ora coltivato in Egitto, Italia, Marocco e India; e il J. Sambac o “granduca di Toscana”, poiché fu portato in Italia da Cosimo I de’ Medici, ora coltivato in Cina e India.In passato l’essenza di gelsomino era ricavata attraverso l’enfleurage, tecnica oggi del tutto abbandonata, per l’eccessivo costo e per i lunghi tempi del procedimento. In questo sistema, a differenza della macerazione, nella quale il profumo è assorbito per osmosi dal grasso, le parti odorose del fiore, volatilizzandosi, saturano l’aria dell’ambiente e, avendo una maggiore affinità per le sostanze lipofile, vengono “catturate” dal grasso stesso, poi separato mediante adeguati solventi al fine di ottenere la concrète, una massa solida di colore bruno, che olfattivamente risulta voluttuosa, ricca, complessa. Diluendo la concreta con alcool etilico si ottiene l’assoluta del fiore molto più utilizzata ma meno “intrigante”. L’”huile antique au jasmin”, veniva invece ottenuto impregnando di olio di ben, ricavato per spremitura delle noci di moringa oleifera, teli di cotone o lino, adagiandovi sopra i fiori freschi. Dalla spremitura delle pezze si otteneva un olio aromatico molto rinomato in Francia. EXTRAIT
LE MORE
Il rovo è una pianta appartenente alla famiglia delle Rosaceae, i frutti sono rappresentati dalle drupe, all’inizio verdi poi di colore rosso-nero che prendono il nome di more.
Originaria del Nord Africa oggi è diffusa in Europa, America ed Oceania.Conosciute da sempre, è recente la scoperta del loro contenuto di antiossidanti e per questo con notevoli proprietà benefiche per l’organismo.Le more di rovo sono ricche di vitamine, in particolar modo la A, B9 E C, di calcio, potassio, manganese, pectine e antocianosidi.Una ricerca condotta in Ohio e pubblicata sulla rivista Cancer Prevention Resesrch, ne ha evidenziato la caratteristica di essere ottimi antitumorali e grazie ai flavonoidi, di avere la capacità di bloccare la proliferazione delle cellule tumorali già esistenti.Eliminano il colesterolo cattivo dal sangue grazie alla loro azione depurativa. Sono diuretiche e dissetanti, adatte nelle diete ipocaloriche, perchè povere di zuccheri e rinfrescanti in quanto aiutano a tenere pulite le arterie rendendole elastiche.In caso di stipsi le more di bosco rappresentano un valido aiuto essendo ricche di fibre che agevolano il transito intestinale.Una notizia di questi giorni è la scoperta ad opera di alcuni ricercatori altoatesini, secondo la quale le more sarebbero ricche, insieme a pochissimi altri alimenti naturali, di acido ellagico, una sostanza protettiva per l’organismo umano.Le more di rovo sono ricche di acido folico, indispensabile in gravidanza per scongiurare il rischio di spina bifida del nascituro.L’acido folico infatti regola i livelli di omocisteina responsabile, quando presenti in dosi massicce, di questa patologia