Notte Criminale ripercorre le fasi che durante questi 20 anni hanno scosso il Paese intero in un continuo depistaggio delle indagini tra memorie tardive, indagati e finti pentiti fino alle ultime novità
Il 30 gennaio del 1992 è il giorno dello spartiacque: la Cassazione conferma definitivamente gli ergastoli comminati dal primo Maxiprocesso che nel 1986 i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dopo anni di indagini e maxi-chiusura a Pianosa a scrivere gli atti, avevano istituito insieme al Pool di Antonino Caponnetto.
Il collante alle conferme di quanto raccolto è stato il ruolo di Tommaso Buscetta, che agli inquirenti apre un mondo fino ad allora sconosciuto. Il mondo delle regole e della struttura di Cosa Nostra divisa in mandamenti, provincie, zone e clan. Il cosiddetto Teorema Buscetta diviene così il libro attraverso cui leggere e interpretare il presente e il passato di una organizzazione criminale che aveva oltrepassato ormai i confini nazionali.
Quella che sembra una pura reazione di Cosa Nostra alla sentenza non si fa attendere, come già dimostrato in passato ai singoli funzionari dello Stato e a uomini politici: da Boris Giuliano a Piersanti Mattarella e Pio La Torre, dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a Ninni Cassarà. Nel marzo del 1992, infatti, l’on. Salvo Lima, il referente della corrente andreottiana in Sicilia, viene ucciso a Mondello. Falcone leggerà quell’omicidio come il segnale che gli equilibri fra esponenti politici ed esponenti di Cosa Nostra si erano ormai sfaldati e che qualcosa di diverso sarebbe accaduto da allora in avanti. Intanto Tangentopoli impazza e anche l’equilibrio politico nazionale viene sconvolto: un sistema intero spazzato via sebbene terminato poi con pochi definitivi arresti.
Da questo momento in poi si innescano una serie di eventi tragici che mirano a destabilizzare lo Stato. Il 23 maggio prima e il 19 luglio poi, entrambi i giudici Falcone (con la moglie Francesca Morvillo), e Borsellino vengono eliminati insieme ai ragazzi delle rispettive scorte tutti convinti di stare dalla parte giusta senza se e senza ma, come chi li ha conosciuti davvero racconta (in questo senso, il libro “Novantadue – L’anno che cambiò l’Italia” di Castelvecchi editore 2012, riporta le loro voci). Falcone lungo l’A29, autostrada che collega Palermo all’aeroporto di Punta Raisi, un intero pezzo di autostrada saltato in aria; Paolo Borsellino in Via D’Amelio sotto lo stabile in cui abitava la madre e il momento in cui sta per chiamarla, le 17.58, viene immortalato per sempre negli occhi di chi eseguiva l’operazione con il telecomando.
Nel 1993 la strategia stragista prosegue e a distanza di un anno, in sequenza, a Roma Firenze e Milano, e di nuovo a Roma, vengono colpiti alcuni punti nevralgici che custodiscono il patrimonio artistico del paese: gli Uffizi a Firenze con la morte di 5 persone; Via Fauro a Roma, l’attentato contro il giornalista Maurizio Costanzo con 23 persone che rimangono ferite; San Giovanni al Velabro a Roma e il Padiglione di arte contemporanea a Milano. Prima di tutto questo, il 15 gennaio del ’93 viene arrestato Totò Riina mentre per 18 giorni la villetta-covo in cui abitava con la famiglia rimane incustodita e non perquisita. Per questo il capitano Sergio di Caprio e il colonnello Mori subiranno un processo per favoreggiamento.
Sin dall’inizio le indagini vedono si in questa sequenza di fatti una strategia mafiosa, ma con la partecipazione di mandanti esterni. Tra i collaboratori di giustizia che contribuiscono a svelare la dinamica dei fatti l’ex boss Giovanni Brusca colui che ha azionato il telecomando per l'esplosivo posto sotto un cunicolo in attesa che Falcone e la sua scorta passassero.
Tuttavia la fase più critica riguarda la strage svoltasi in Via D’Amelio e quei 57 giorni che intercorrono tra la strage di Capaci e l’uccisione di Paolo Borsellino.
E’ importante che si stabilisca quando è iniziata la trattativa se prima o dopo la morte di Falcone o prima/dopo la morte di Borsellino. La trattativa intanto c’è stata, come afferma l’ultima sentenza del marzo 2012: «Venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des». «L'iniziativa» - si precisa - «fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia». Nel processo il boss di Corso dei Mille del mandamento di Brancaccio, Francesco Tagliavia, è stato condannato all'ergastolo per tutte le stragi del '93.
l teste principale di accusa ritenuto attendibile e facente parte del commando che fece saltare le vite dei giudici Falcone e Borsellino è Gaspare Spatuzza, uomo fedele dei fratelli Graviano (Filippo e Giuseppe) anch’essi in carcere come capi mafia e fautori delle stragi. Spatuzza sta raccontando sia i fatti dietro le stragi del 92-93, sia gli accordi che si sarebbero tenuti con i nuovi referenti politici all’indomani del dissolvimento della DC e del PSI.
L’iniziativa che ha dato l’input alla trattativa sarebbe venuta dagli uomini del Ros nelle persone del colonnello Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno:« Decidemmo di contattare in qualche modo la mafia attraverso Vito Ciancimino per fermare le stragi» conferma De Donno, specificando tuttavia che «non ci fu nessuna trattativa.»
Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, protagonista del famoso sacco speculativo edilizio, ma soprattutto deus ex machina della DC palermitana, sarebbe stato secondo le rivelazioni anche del figlio Massimo Ciancimino, in parte suffragate dal pentito Spatuzza, il referente di Bernardo Provenzano in Sicilia e indirettamente di Totò Riina con il quale però non condivideva la strategia stragista volta a far cadere lo Stato in ginocchio.
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