Il senatore del Partito Democratico Luigi Lusi, avvocato penalista, è stato accusato di aver rubato e fatto sparire circa 13 milioni di euro di rimborsi elettorali ai tempi in cui ricopriva la carica di tesoriere della Margherita. Di questi soldi, come nel più normale di questi casi, non c’è traccia: alcuni parlano che sono stati trasferiti all’estero, in Canada. Nessuno sapeva, sa o ha visto niente. Anche l’accusato Lusi non ha saputo dare delle spiegazioni chiare, dichiarando persino che sarebbe in grado di restituirne soltanto una parte, circa la metà dell’intera cifra sparita.
Soldi pubblici dispersi nel nulla. Così, come possono essere rubate caramelle in un supermercato. Peccato che se rubi un pacco di caramelle, farla franca alle telecamere a circuito chiuso e ai sensori antitaccheggio è roba da ladri professionisti, agenti segreti o (viste le circostanze) avvocati penalisti. In questo caso spariscono tredici milioni di euro, l’equivalente di circa settanta superbolidi Ferrari, una cifra esorbitante e nessuno si è mai accorto di niente.
In realtà, per una volta, mi piacerebbe che si scoprisse che di quei soldi non c’è davvero più traccia, per un motivo legittimo e ben preciso. Infatti il senatore Lusi, in preda ad un inspiegabile raptus di cleptomania, deciso ad agire contro il sistema partitocratico, in poco tempo è riuscito a rubare tutti quei soldi e, se ci fosse riuscito, non avrebbe esitato a farne spaire molti molti di più; li ha così distribuiti anonimamente a chi ne aveva veramente bisogno: a quegli anziani che non arrivano a fine mese, ai disoccupati, agli orfani e alle famiglie meno abbienti. Solo per una volta, solo per questa vergognosa volta. Tutto all’insaputa dei suoi stessi compagni e avversari politici, delle cariche dello Stato e dei controlli fiscali, d’altronde chi meglio di lui, avvocato penalista, sarebbe in grado di raggirare la giustizia? Non m’importerebbe nient’altro. Né di sapere nomi, cognomi dei beneficiari. Solamente che le persone che hanno ricevuto il regalo, siano davvero bisognose. Perché quando fai un’opera di bene, è meglio che qualsiasi traccia e testimonianza sparisca nel nulla.
Magari tra qualche anno, un piemme testardo deciderebbe di concentrarsi su un caso di clamorosi bonifici effettuati anonimamente a beneficio di un migliaio di famiglie povere e bisognose, tracciati nell’arco di qualche mese per un totale di circa tredici milioni di euro. Allora i politici e tutte le cariche istituzionali si indignerebbero per non averci pensato prima, magari senza ricorrere allo scandalo, anzi recuperando qualche voto e facendosi tanta, tanta pubblicità.
Mi piacerebbe immaginare che le cose per una volta siano andate così e non pensare, soltanto per questa volta, che il male, in fondo, non sia così banale.
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