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Trekking vegan style

Creato il 24 giugno 2014 da Paperoga

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Nostalgici dei bei tempi andati che furono, quando adolescenti con foulard al collo zompettavamo per le montagne zaino in spalla, ricapita ogni tanto che noi amici di sempre ci ritroviamo possibilmente una volta l’anno, per camminare in montagna giusto il tempo di un week end.
Il tempo ci ha portato in dote figli ed impegni lavorativi, oppure si è divertito a sballottarci chi qua e chi là, e qualcuno addirittura si ritrovano esiliato oltre oceano, ma anche quest’anno siamo riusciti a ritagliarci una due giorni di salite, aria buona e schiena a pezzi.
Certo, persi per strada Il Merda, disperso nel contado di Washington DC, e Il Dottor Kildare, impegnato in un massacrante turno di segaggio ossa in pronto soccorso, siamo rimasti in tre: il sottoscritto, Gastone e Vlad.
Sobbarcatami l’organizzazione logistica, ovvero il dove si va, quando si va, come ci si arriva e quando si torna, ho lasciato a Gastone la restante parte inerente il recupero di una tenda e la spesa per la cena davanti al fuoco della sera. E qui mal me ne incolse.
Perchè il buon Gastone, per per quasi quarantanni della sua vita ha divorato carne di qualunque specie animale commestibile, protetta o non protetta che fosse, addentando bancali di costate di manzo ogni volta come se fosse l’ultima, ripulendo le ossa delle braciole o dei fusi di pollo come manco i cani, sprofondando le ganasce fin dentro le pentole di carne di cavallo dal sugo riemergendone sporco, felice e mai del tutto sazio, beh, quest’uomo qui è diventato vegetariano, con spiccata tendenza al veganesimo.
Ora, quando di solito si fanno scelte epocali come queste, c’è normalmente di mezzo una donna. E siccome le uniche scelte epocali di Gastone, nella sua gattesca esistenza, sono sempre uscite fuori dalla sovrana influenza che nella sua vita hanno avuto le donne che si voleva fare, o che si è fatto, o che si è fatto più volte, o con cui si è fidanzato, o con cui si è sposato, o con cui ha avuto dei figli, è stato abbastanza facile riconoscere lo stampino di sua moglie nella sua scelta di rinunciare a mangiare carne.
La Milanese, è di lei che stiamo parlando, lentamente ha abbandonato molteplici fonti di alimentazione animali, e probabilmente mentre sto scrivendo è arrivata fino alla variante in cui si filtra persino l’acqua per evitare di mangiare microorganismi.
Il suo fido marito l’ha seguita, in più maturando con gli anni tutta una serie di fastidi alimentari che rendono oggi Gastone, uno che pochi anni fa si mangiava persino la carta delle merendine, un personaggio difficile da rifocillare, se lo si ospita a casa propria.
E’ in questo quadro di cose che Gastone assieme a Vlad si presenta a casa mia una sera bolognese di inizio giugno, proveniente da Milano. La spesa, dice, l’ha fatta lui, mangeremo davanti al fuoco solo verdure grigliate, fagioli, con gran finale di pannocchie. Io e Vlad ci guardiamo in faccia, e già presentiamo i morsi della fame in aperta montagna.
Per la serata bolognese ho preparato una cena fredda, rigorosamente senza carne, per chi volesse approfittarne. Gastone ha fame, e si fionda sulla pasta alla crudaiola che ho preparato, ma scartando minuziosamente tutti i pomodori.
- Perchè non li mangi?
- Perchè la sera non riesco a digerirli.
- Ah. Vabè, vuoi un po’ di vino?
- No, non bevo vino da due anni.
- Come!! E da dove salta fuori sta storia? Ma se prima bevevi direttamente dalla bottiglia come i clochard.
- Mi fa venire la gastrite.
- Andiamo bene. Va be, per domattina ti ho preso il latte per colazione, ci sono anche le Macine.
- No, non bevo più latte da tempo.
- Ziocane, ma se prima bevevi un litro di latte a colazione assieme a mezzo chilo di biscotti dentro, e ingollavi sto preparato che pareva calcina a presa rapida!!
- Non lo digerisco, se hai dei cereali mangio quelli.
- Da soli?
- No ci metto del caffè e dell’acqua in una tazza.
- Dell’acqua?
- Si.
- Cristosanto.

L’indomani si parte in macchina alla volta della località appenninica in cui andremo a camminare.
- Preso tutto?
- Si, Vlad, prendi la busta con dentro la spesa per stasera.
- Quale busta, Gastone? L’hai presa tu la busta.
- No, io ho preso lo zaino, la busta col cibo che era in treno sul bagagliaio..
- ….
- Non dirmi che abbiamo dimenticato in treno la busta con dentro 40 euro di spesa biologica!! No, puttana eva, no!!
Gastone sarà pure diventato vegetariano, ma non ha perso il gusto per la profanazione divina, considerato che, nella mezz’ora seguita alla terribile scoperta di essersi fumato una spesa bio-vegan delle bellezza di 40 euro, masticherà macrobiotiche bestemmie come fossero chewingum.

Ad ogni modo rifacciamo la spesa, sempre vegan, con l’eccezione di un po’ di caciocavallo, imposto da me e da Vlad, e poi partiamo.
Arrivati, zaino in spalla cominciamo a camminare lungo l’anello che ci ricondurrà il giorno dopo presso il luogo di partenza
Il sole picchia, le schiene sudano, lo zaino e la salita spezzano il fiato come sempre, con qualche anno in più sulla groppa.
Dopo due ore e passa di cammino impegnativo, ci fermiamo per il nostro pranzo al sacco. Una volta, dallo zaino sarebbero emersi panini rigonfi di mortadella fumante, e alle narici sarebbe salito il penetrante odore stagionato dello speck. Manco per niente. Pane olio e pomodoro, qualche carota cruda da sgranocchiare come i conigli, un cetriolo a testa per idratarci, e frutta a piacere. Sarà stato il pranzo depurativo, sarà stata la camminato che mi ha sballottato l’intestino, insomma devo scappare nel bosco a fare la popò, e devo ammettere che la distesa di felci in cui ho allocato un improvvisato bagno alla turca non sarà mai più la stessa.
Il pomeriggio passa piacevole su e giù per le impegnative vette del crinale tosco-emiliano, e dopo un paio di bivi saltati o male interpretati arriviamo presso la località che ci accoglierà per la notte, sita nei pressi di un rifugio attrezzato, occupato da una famigliola toscana con figli al seguito.
Ci offrono il caffè, ma lo prendo solo io, perchè tanto per cambiare Gastone manco più quello si beve, perchè al pomeriggio gli dà il bruciore di stomaco.
Il tempo di riposarci, guardarci attorno alla ricerca di un posto vicino dove montare la tende ed accendere il fuocherello, che siamo già pronti per la sera.
Gastone accende il fuoco a regola d’arte, e prepara una brace viva che meriterebbe sopra disteso un bel capretto intero eviscerato. Ma ovviamente no, si susseguono patate nella stagnola, fagioli cannellini riscaldati sulla brace, pane arrostito, insalata di pomodori, le famigerate pannocchie, un paio di piadine con caciocavallo e verdure.
Mi viene concesso di aprire una bottiglia mezzo litro di vino, che in tempi passati sarebbe stata seccata in trenta secondi, ma uno lo assaggia appena perchè il vino gli sa di amaro, l’altro c’ha bruciore di stomaco, io stesso un po’ per solidarietà un po’ per depressione, riesco a stento a finirlo.
La cena, va detto, è ricca e sfama, siamo pacifici e distesi sul prato, nel buio ormai fatto, col fuocherello sotto controllo e i fagioli digeriti che sopperiscono al silenzio della montagna e alla mancanza di una chitarra.
- Buona la cena, mi devo ricredere, Gastone, la carne non mi è quasi mancata.
- Si, però, in effetti…
- Anche a te manca, vero?
- No, dicevo, peccato per quel caciocavallo, senza il formaggio sarebbe stata proprio una grigliata vegan.
- Ma vai a cagare, vai.

La mattina ci si alza di buon’ora, la colazione è fatta di poco, qualche biscotto, pane secco e poco più. Vlad ha le merendine, io mi fiondo a mangiarle, ma Gastone è in preda a crisi esistenziali.
- Non saprei, c’ho fame, però le merendine sono chimiche, questa ha la crema di latte, poi mi sento male, però d’altronde dobbiamo ancora fare un sacco di kilometri…
Alla fine di queste socratiche elucubrazioni, Gastone si ingolla due merendine, e durante il percorso sembrerà un penitente che si duole del peccato commesso. Lui, che si mangiava i Mars senza manco masticarli, inghiottendoli a guisa di un’oca, rompe il cazzo per una kinder brioss…
La mattinata scorre ottimamente, il sole è limpido e lungo il crinale vediamo moltissimi daini zompettare qua e là, irrorando le mulattiere di quintali di letame. La poesia si interrompe quando, vicino ad una casa abbandonata mezza crollata, avverto distintamente lo strisciare tra l’erba e i massi di un serpente, e di fatto mi volto e mi trovo una sonnolenta vipera a 3 metri.
In un attimo sono già a correre a gambe levate e lo sguardo terrorizzato, passando davanti a Vlad e Gastone ignari e fermandomi solo dopo un centocinquantametri in salita e un avviso di infarto…
Ma alla fine ce la si fa. A mezzogiorno in punto, come da programma, siamo arrivati al punto di partenza, ove sorge tra l’altro una gustosa trattoria nota per presentarti davanti al piatto bistecche fiorentine delle dimensioni di una tavola da surf e cotte secondo la tradizione, ovvero scottate fuori e vive dentro.
Ora, capiamoci: la bistecca fiorentina è stata per noi altri, per tanto tempo un luogo dell’anima più che una portata. Per noi poveracci, che si e no la si è mangiata ogni 5 anni e mai quella originale, ma solo imitazioni pugliesi di sufficiente fattura, trovarci nel regno della chianina dovrebbe risvegliare desideri atavici, fame di carne costosa, voglia di sedersi in riva ad un fiume, dopo aver mangiato mezzo chilo di quella prelibatezza, ad aspettare la morte sapendo che si sta schiattando nel pieno raggiungimento del nirvana.
Ora, manco ve lo sto a dire, ma Gastone in passato poco ci è mancato che la chianina se la sia mangiata ancora viva, rincorrendola e morsicandole la cotenna della groppa. Ricordo l’intima soddisfazione delle sue fauci, e le sue orbite che scomparivano entrando in circolo nel sangue quasi a segnalare l’orgasmo culinario.
Ma chi ho di fronte oggi? Una sua trista imitazione, un involucro ingrigito che davanti al menù cosa cazzo ti va ad ordinare? I tortelli di patate.
Dalla cucina arrivano patagrueliche porzioni di arrosti, tagliate e bistecche, e quello mi prende i fottuti tortelli.
A parte che, puttana eva, stai prendendo i tortelli al sugo di cinghiale e che come ogni tortello che si rispetti anche il tuo sarà inondato di burro, tanto per dire che la tua dose di animale te la stai gnuttendo lo stesso.
Ma vabbè. Rimango inebetito, in mancanza di un compare col quale smezzare una fiorentina, ordino una grigliata mista di suino, ovviamente niente vino che figuriamoci, qua nell’ospizio mentale dei miei due amici a pranzo si beve solo acqua e al massimo un bicchiere di birra a testa. E mentre i due magnano i tortelli come due anziani emiliani alla festa di San Giovanni, la grigliata sotto i miei denti crocchia e pare cantare.
Alla fine caffè (solo per me, sia mai, per i due compari magari solo un ginseng, forse) e si parte per tornare a Bologna.
E mentre guido in discesa alla volta di casa, e i due se la dormono della grossa, guardo il buon Gastone a fianco a me, e non posso fare a meno di chiedermi come abbia fatto in una manciata di anni una persona dal passare così vorticosamente dal non mangiare niente che non avesse avuto una testa a non mangiare niente che proietti ombre.

Ps. Sei stata tu, Milanese. Non te lo perdonerò mai.



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