Dall’arte al cinema fino alle passerelle: l’Africa mood irrompe nella stagione del sole.
Polveri ocra del Sahara, vermigli sentieri solitari, distese infinite d’oceano plasmano trompe oeil culturali fatti di nuance brillanti e tessuti preziosi che raccontano la fecondità e la storia di un continente dal fascino eterno. L’Africa e le sue meraviglie rivivono infatti in un caleidoscopico pret-à-porter il cui successo approda nel Vecchio Mondo, lo seduce, fino ad instaurarvi una relazione parossistica .
La contaminazione tribale in realtà affonda le sue radici in un gioco di seduzione antico, che ha ammaliato pittori espressionisti come Henry Matisse e Andrè Derain, giungendo con naturalezza sul grande schermo grazie a John Huston e declinandosi poi in foggia opulenta e di stile attraverso la collezione “Bambara” creata da monsieur Yves Saint Laurent nel 1967 .
Oggi , batik e stampe wax sono l’espressione di una moda dal know-how intelligente che punta tutto sulle filiere produttive sempre più attente alla nobilitazione artigianale intesa come possibilità di riscatto per le popolazioni in via di sviluppo. Se i tessuti arrivano direttamente dai telai a mano delle donne del Burkina Faso stiamo certamente parlando della designer Stella Jean. La coniugazione perfetta fra abilità sartoriale e la potenza creativa di uno styling ad hoc genera la sublimazione del contrasto, elemento vincente e da sempre caratterizzante della stilista italo-haitiana che di antitesi non risparmia neppure volumi e geometrie. Così cocchi, manghi e conchiglie dipingono voluminose gonne a ruota dalle tinte eccentriche, ben calibrate con la silhouette anni ‘60 delle cappe maxi in cotone impreziosite a loro volta da fittanti camicette maschili e bijoux anni ’50. Fiori e turbanti fra i capelli sono il souvenir audace di una selvaggia vacanza africana da rimembrare con dolce rimpianto nelle affollate spiagge di una Costa Azzurra aristocratica e monotona.
Icastiche suggestioni nigeriane portano alla luce il folklore pagano di una terra intrisa di colore e ataviche ritualità; da qui l’esigenza di trasformare le stesse in tessuto pregiato e quindi in abito. Questa la volontà del designer nigeriano Adebayo Oke-Lawal fondatore del neo brand Orange Culture. Raccontare l’eredità africana arricchendola di un androgino modernismo è senza dubbio un’intuizione brillante dalla quale nascono idiosincratiche giacche doppio petto tribal print. Non manca un tocco urban-chic che strizza l’occhio alla cultura capitalista e proietta necessariamente in una dimensione metropolitana: sneakers di pelle total white come dettaglio imprescindibile del menswear.
L’ispirazione con la Terra Madre è alla base delle sculture tribali futuristiche realizzate dalla giovane designer Little Shilpa che come un abile uccello marino, cattura l’stante di effimera bellezza in cui cielo e mare si sfiorano riproponendolo con audace fantasia sui copricapo aviators realizzati in morbide piume di organza plissè.
Fresca e sensuale è invece la proposta firmata Julia Korol: un batik acquarello si dissolve armoniosamente sopra l’audace crop top e la gonna a ruota plissettata dell’abito midi. Pensato per le più giovani, l’Africa mood si conferma un trionfo anche nel total look.
Le incursioni azteche di Edun catalizzano quella commistione culturale che da sempre nella moda gioca un ruolo di primaria importanza: unire diverso e ignoto, sacro e profano, tradizione e innovazione. Non stupisce quindi che la cappa over, nella sua splendida reminescenza azteca, ben si coniughi con il tribal mood di questa stagione.
Maria Francesca Milardi
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