Gestire un blog ti porta a vedersi verificare dei fenomeni molto curiosi. Ti fa capire che il fenomeno del passaparola tutto sommato esiste ancora, perché questa serie è saltata di post in post, venendo poi consigliata all'unanimità fino a conquistare tutta la blogsfera e l'etere. Tutti ne erano oscenamente entusiasti, tutti parlavano del nuovo miracolo televisivo dinanzi al quale Game of thrones sembrava una puntata della Pimpa. Io raramente mi faccio condizionare dalle voci, specie quando sono tutte unanimi nel constatarne la bellezza - ironia della sorte, sono più curioso quando un prodotto divide o raggiunge standard di bruttezza inenarrabili - però questa aveva quel non so che in grado di attirarmi. Sarò per la vicenda thriller, genere che mi ha sempre affascinato, sarà per la presenza di due attoroni come Matthew McConaighey [riscoperto solo negli ultimi tempi dopo una serie di interpretazioni da bellone delle commedie romantiche e fresco d'Oscar] e Woody Harrelson, ma qualcosa mi spingeva a scoprire questa serie che sembrava riscrivere canoni e standard delle serie televisive.
I detective Rust Cohle e Martin Hart nel 1995 iniziano le ricerche su un serial killer, reo di aver ucciso brutalmente una ragazza. Ma non ci sarà mai pace per loro, perché nel 2012 il caso verrà riaperto, e...
«Man is the cruelest animal», dice la locandina che ho postato. L'uomo è il più crudele degli animali. E questa parrebbe essere la filosofia cardine di questa magnifica serie, sfaccettata e grottesca come poche altre. E' il motivo per cui ho scelto quel poster anziché questo, perché è quella frase che ti fa capire con cosa hai davvero a che fare una volta che inizi il primo episodio e ti fai conquistare dalla ganzissima opening. Non ero pronto per un simile spettacolo, anche perché mi aspettavo qualcosa di decisamente più canonico in termini di thrilling, mentre qui manco il format è dei più usati. Nic Pizzolatto, autore e scrittore di tutte le puntate (ma anche di alcuni libri che dovrò per forza di cose recuperare), ha creato quella che sarà una serie antologica, quindi a ogni stagione ci verranno presentati nuovi personaggi e nuove vicende. Quelli qui presentati sono due personaggi agli antipodi, come vuole la migliore tradizione, solo che al contrario di un buddy movie qualunque non si ride. I loro diverbi non sono quelli di Danny Glover o Mel Gibson, non v'è l'aspetto ridanciano che smorza la tensione. Qui non si ride affatto. Casomai riderete se in quel momento vi viene in mente qualcosa di buffo totalmente estraneo al contesto, ma per il resto è la serietà a farla da padrona. Spesso la vicenda principale, l'indagine sul killer di ragazze, viene lasciata da parte per addentrarci dentro la vita dei due protagonisti, fino a scoprire i loro più torbidi segreti e le loro sfaccettature più impensabili. Perché della storia in sé forse c'è poco da dire. Certo, ben gestita, molto macabra e con dei particolari davvero disturbanti, ma se dovessi raccontare a conti fatti di che parla questa stagione [come ho cercato di fare nel secondo paragrafo] non saprei proprio cosa dire per invogliare alla visione. Non bisogna cercare (solo) una storia particolarmente trascinante, si deve lasciarsi assuefare dall'animo di questo due protagonisti sui generis e dalle riflessioni che le loro indagini porteranno. Alla fine quanto sono doversi dall'individuo che seguono? Quanti compromessi hanno dovuto fare per ottenere quella che per loro era non la verità, ma la verità migliore? Forse non esiste un giusto e uno sbagliato, sono concetti assimilabili all'interno di una vasta gamma di interazioni sociali costruita nel corso della storie e dei misfatti, ma è innegabile come alla fine l'essere umano covi un lato pienamente oscuro. E questo non va a ricercarsi solo negli assassini o negli psicolabili, ma in ognuno di noi, nelle piccole ipocrisie che compiano in ogni giornata della nostra vita - e qui, seriamente, ogni tanto mi veniva da fissare fuori dalla finestra di casa mia con fare sconsolato pensando a quanto facesse schifo la vita. Ironia della sorte, i punti più alti si hanno proprio quando si sfocia nella parentesi familiare/personale e si lascia da parte l'indagine, che comunque verrà portata a termine con il risultato più grottesco e malato possibile. Alla fine di questo, però cosa ne resta? La luce vince. L'uomo è malvagio, ma dentro di lui opera anche una piccola fiaccola benigna che riesce a riscattare il male che ha compiuto o visto nella sua breve esistenza si questo mondo. Una morale forse un po' buonista e che può far abbassare il giudizio complessivo, ma io l'ho trovata comunque molto umana e onesta. Soprattutto perché tenuta in ballo da due attoroni simili - ai quali si unisce una Alexandra Daddario che ti fa capire che Percy Jackson è stato un male necessario, per poterla vedere in quella maniera - e dalla regia di Cary Joji Fukunaga che non ti fa rimpiangere quella di nessun film, osando anche un ormai storico piano sequenza della durata di quindici minuti che mi ha letteralmente lasciato a bocca aperta.In una sola parola: fantastica. Senza alcun dubbio la migliore visione fatta quest'anno, un prodotto destinato a mettere in ombra tutti i suoi simili ed a riscrivere le regole del genere, pur seguendole tutte.Voto: ★★★★★