Non posso incolpare nessuno (o, al limite, giusto la bravura di Elena Ferrante) se stanotte invece di dormire sono rimasta fino alle due a leggere Storia di chi parte e di chi resta.
Non posso incolpare nessuno, o forse solo il gusto per la lettura di una madre che non ha mai potuto studiare, e la passione scatenata di una zia – occhialuta come me- che mi regalava casse intere di libri ed enciclopedie.
Ma posso incolpare il mio libraio se il mio portafogli ed io abbiamo le palpitazioni quando mi avvicino a qualunque scaffale? Sì, certo che sì.
Breve episodio: un giorno di caldo incredibile e di penuria di soldi molto credibile, sono entrata in una libreria della capitale. Senza motivo, solo per cercare riparo per alcuni minuti dall’afa, sperando di scongiurare un coccolone imminente. Varcando la soglia malefica, mi son detta: Tanto non devo comprare nulla, mi riposo un attimo e vado via. Questo senza immaginare che un libraio feroce mi spiava da una corsia, pronto all’agguato. Non saprei dire come né perché, in pochi minuti già discutevo con lui dei pregi di quello scrittore, della delusione di quell’altro romanzo tanto atteso. Di nuovo mi son detta: Tanto ho almeno dieci libri da leggere, non comprerò nulla. E perciò, forte di tanta motivazione, sono tornata sotto il sole cocente carica del peso di un romanzo che –sosteneva il perfido- non potevo proprio perdermi. In effetti non aveva neanche torto, ma questa è quasi da considerare circonvenzione di incapace (di resistere).
Ed è colpa di Anna della libreria P*** se per un breve periodo ho perso la testa per un tizio di origine russa ossessionato da Dostoevskij: non dico che non fosse interessante, eh… ma se la signora in questione si fosse limitata a consigliarmi questo o quel russo, senza chiedere la consulenza del fascinoso lettore che si aggirava per la libreria in attesa della preda innocente, non avrebbe fatto un soldo di danno.
E poi, vogliamo parlare di questa Anna? Vive in libreria da che ho memoria, praticamente more uxorio con un omino coi baffi identico a quello della Bialetti, ma in versione Pel di Carota. Sono entrambi bassini, formato tascabile, probabilmente una mutazione genetica per meglio aggirarsi nello straripare delle scaffalature. L’ignaro cliente non sa mai dove si trovi il libro che cerca: tutto è in un ingannevole disordine che costringe a rivolgersi alla apparentemente innocua Anna. Che ha letto TUTTO, ogni libro, qualunque scartafaccio, opuscolo o tiratura limitata. Al primo fremito degli occhialetti, il libro appare magicamente, accompagnato però da un consiglio educato: prima di leggere questo, perché non provi a vedere se ti interessa quest’altro…? E non so se conosci l’autore di…? Tu avrai letto senz’altro…?
In genere vacillavo al secondo e crollavo al terzo punto interrogativo, ma a volte alla libraia senza scrupoli bastava il primo accenno per ottenere una resa totale.
Posso affermarlo senza tema di smentita: per colpa di Anna e dell’OminoCoiBaffi, il mio già magro PIL studentesco è sempre stato ai limiti della denutrizione.
Tenetelo sempre, sempre a mente: i librai –quelli veri, quelli pronti al consiglio non richiesto, quelli che amano il loro mestiere- sono esseri pericolosi, persone di cui diffidare, e hanno colpe colossali. Ma per la fortuna della nostra civilissima società, ormai sono da considerarsi una specie in via di estinzione.