Twitter, com’è noto, è quel sistema di comunicazione che consente d’inviare e ricevere brevi messaggi (tweets).
Quello che mi piace di Twitter è il fatto che fornisce a chi lo usa un numero limitato di caratteri (140), mettendo così alla prova, proprio per questa sua caratteristica, quella che per me è una capacità intellettiva di primaria importanza, quella di utilizzare in maniera efficiente le risorse di cui si dispone (in questo caso, i caratteri di una tastiera), soprattutto quando queste risorse sono limitate.
La sfida alla quale siamo chiamati a rispondere quando utilizziamo Twitter è quella di riuscire a costruire un breve, e nello stesso sensato, messaggio, inserendo in esso il più alto contenuto d’informazione possibile consentito da quei 140 caratteri a nostra disposizione.
Non solo bisogna sapere scegliere i termini più appropriati, più adatti (ovviamente la possibilità di scelta è funzione della ricchezza del vocabolario personale dal quale ciascun individuo può attingere), ma bisogna poi saperli mettere insieme, in modo tale che il tweet così costruito sia in grado di trasmettere il senso del messaggio affidato a questo sistema di comunicazione.
Come però succede con tutti gli strumenti, la vera abilità di chi li utilizza sta nella capacità di servirsene per gli scopi ai quali sono destinati, e non per altri.
Nel caso di Twitter, il tweet non è certo uno strumento adatto per veicolare un pensiero.
Quei 140 caratteri sono infatti un limite che non consente di articolarlo come si deve (sempre che si tratti di un pensiero).