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Ultima spiaggia.

Creato il 04 febbraio 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog
Ultima spiaggia.
di David Incamicia
Ieri si è consumata la "notte della politica". In modo drammatico come sempre, e al solito senza che nel Paese si sia registrato il benché minimo cenno di reazione o di sdegno. Ormai è chiaro che viviamo un frangente della nostra storia repubblicana assai pericoloso e grigio, segnato da un barbaro cortocircuito che non riguarda solo la vita pubblica e istituzionale ma perfino - e soprattutto - quella civile di una Nazione ridotta all'ombra di se stessa, immeritevole di tale appellativo.
Il berlusconismo - che in tanti, troppi, continuano a sottovalutare o a non biasimare pur percependone la portata - ha toccato il parossismo rivelandosi per l'ennesima volta come una dottrina subdolamente e fieramente illiberale, autocratica per definizione, sancendo il fallimento delle regole di civiltà democratica per come siamo stati abituati a conoscerle fino all'avvento di quest'era nefasta. Ma determinando anche, senza appello ed inequivocabilmente, il fallimento di un'opposizione sempre più incapace di proporre una alternativa anzi, divenuta suo malgrado funzionale al berlusconismo stesso.
Il sistema nel suo complesso, quello fondato sulla lotta di liberazione dalla dittatura fascista e dall'occupazione nazista, incardinato su una Carta costituzionale ineccepibile sul piano dei valori formali seppur pregna di elementi retorici quasi atemporali che hanno finito per rappresentarne "il limite" sostanziale, si rivela dunque fragile dinanzi ad un fattore imprevisto ma non certo imprevedibile come l'intervento sulla scena di un modus agendi assurto a dogma che fa del disprezzo dell'ordinamento democratico la massima ragione sociale. E chi riesce ancora ad indignarsi non può che porsi, soprattutto ora, la domanda di sempre: come se ne esce?
E' ancora plausibile confidare nel buon senso e nella fermezza del Capo dello Stato, che non a caso in tutte le rilevazioni demoscopiche risulta il rappresentante istituzionale col maggior tasso di fiducia da parte dei cittadini? Francamente, ritengo che anche qui occorra fare alcune distinzioni fra aspetti formali e aspetti sostanziali. Nel senso che appare fuori discussione, specialmente a questo punto, che il Presidente Napolitano debba godere dell'incondizianata e supplichevole stima di quei settori della società italiana più sensibili e preoccupati per quanto sta avvenendo giorno dopo giorno; tuttavia, temo che anche la speranza riposta nella sua alta figura sia destinata a tramutarsi in disillusione.
Come già accaduto in occasione del pronunziamento della Consulta rispetto alla controversa misura del "legittimo impedimento", si percepisce uno strano clima di rassegnazione anche ai massimi livelli dello Stato. Quasi nella convinzione che sia meglio non disturbare il manovratore, che convenga assecondarne ogni prurito per scongiurare il passaggio da una forma di autoritarismo strisciante e morbido alla sua manifestazione più cruda e visibile. Si tratta, insomma, della resa peggiore (la più disonorevole) della Repubblica alla prepotenza del potere. Del resto, non è proprio ciò a cui abbiamo assistito ieri con l'irrituale - tanto per usare un eufemismo - approvazione in Consiglio dei ministri del decreto sul federalismo fiscale rigettato dal Parlamento?
La nostra Costituzione è stata di fatto stravolta e superata dalla pratica pubblica quotidiana, senza bisogno di attardarsi negli estenuanti e sacri vincoli procedurali. Che si tratti della volontà del Premier di salvarsi dalla galera o di quella della Lega di innalzare il vessillo della madre di tutte le riforme, l'importante è conseguire il risultato. Se non è un "golpe" questo allora che qualcuno spieghi cos'altro deve succedere! Ma l'interrogativo iniziale aleggia ancora su di noi: come se ne esce? Come si può arrestare questa deriva prima che sia troppo tardi? Della politica e della sua completa disfatta si è detto, così come degli sbrandellati contrappesi di una democrazia malata e di fatto inesistente. Dunque, quali alternative rimangono?
Per provare a dare una risposta credo si possa rileggere il recente intervento tenuto a Bergamo proprio dal Presidente della Repubblica, il quale ha rivolto un appello ai giovani, "che sono portatori di energia e rappresentano il futuro dell'Italia", invitandoli a uno spirito costituente. Il problema, però, pur riconoscendo che solo le nuove generazioni possono capovolgere la situazione e risollevare le sorti nazionali, è che è praticamente impossibile immaginare questa sorta di "brezza riformatrice" sospinta dall'entusiasmo giovanile in un assetto immobile, egoista e gerontocratico come il nostro, che preclude loro qualsiasi spazio di effettiva e degna partecipazione alla sfera decisionale.
Pertanto - e siamo forse giunti al nocciolo vero della questione - è necessario che i giovani stessi prendano definitivamente coscienza del ruolo che la storia gli sta affidando, in maniera matura e responsabile, senza timidezze. E che si pongano sulla scia dei moti spontanei e irrefrenabili che stanno investendo la vicina Albania, l'Iran dell'Onda Verde e i paesi del Nord Africa. Se solo capissero che non basta più indirizzare la propria protesta verso un singolo provvedimento legislativo, per quanto importante e delicato come quello appena varato sul sistema universitario, ma iniziassero invece a rivolgere la propria rabbia in maniera antisistemica, contro il Palazzo e innanzitutto contro il berlusconismo che ne costituisce la massima degenerazione, allora quei "cittadini nelle piazze" sempre più evocati da alcuni osservatori come ultima spiaggia per la democrazia potrebbero materializzarsi e non certo per raccogliere firme ai banchetti.
I giovani possono mutare il corso della Nazione e decidere "di che morte morire" da grandi, magari senza sventolare arcaici, vuoti e deboli (rispetto al momento) stendardi rossi o neri ma impugnando semplicemente la bandiera italiana. Sì, è necessario organizzare una "rivolta del Tricolore". Perchè qui non è in gioco il loro avvenire di studenti o di laureati, bensì quello di uomini e di donne dell'Italia di domani! Il 150° dell'Unità non poteva cadere in tempi peggiori. Ma forse a maggior ragione merita di essere celebrato con una straordinaria ribellione morale e civile, con un nuovo Risorgimento capace di spazzare via per sempre uno dei periodi più foschi della vicenda patria. Ben sapendo che il coraggio appartiene a pochi, e che solo ai coraggiosi spetta l'onore della storia.

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