Un conto è “conoscere”, avere cioè assimilato informazioni, un altro è “essere competenti”, vale a dire essere capaci di usare conoscenze per assolvere un compito.
Spesso però non si tiene conto della differenza sostanziale fra questi due concetti: l’ambito della competenza è più vasto di quello della conoscenza.
La prima comprende la seconda, non si limita ad essa; la competenza presuppone infatti anche il possesso di capacità, di abilità.
La competenza implica la conoscenza, ma non viceversa.
Si può infatti “conoscere” e allo stesso tempo non “saper fare”, mentre non si può “fare” se non si conosce.
Ovviamente, per “fare” intendo “fare bene”, a regola d’arte, non semplicemente “fare”.
La persona competente, l’artista (nel senso di “chi sa fare”, di “chi possiede il cosiddetto know-how”, di “chi conosce l’arte”) è infatti chi applica la propria conoscenza, la propria arte, nello svolgimento di un’attività (sia essa manuale o intellettuale).
Gli antichi greci, consapevoli del fatto che la teoria (il campo della conoscenza) e la pratica (il campo dell’arte) stanno su due piani diversi, usavano due parole distinte per indicare i due concetti in questione.
Per indicare il “sapere”, la “conoscenza”, usavano la parola ἐπιστήμη (epistéme), se invece volevano indicare l’abilità tecnica, il saper fare, l’arte, usavano la parola τέχνη (téchne).
Il “tecnico” (un chirurgo, un artigiano, un solutore di rebus) è chi “sa”, chi conosce le regole e sa anche “come fare”; lo scienziato è chi conosce le regole, chi sa il “perché” delle cose.
Se considero la cultura di questo Paese, caratterizzata, da una parte, da una naturale, quasi istintiva, preferenza per la teoria, per la narrazione e, dall’altra, da un’altrettanto naturale tendenza a trascurare i fatti, la realtà empirica, trovo che questa privilegi la conoscenza di regole (delle quali peraltro non viene verificata l’effettiva assimilazione) alla capacità di saperle applicare, di tradurle in azioni.
Trovo che non ci si renda conto di un fatto fondamentale (fatto che forse non si vuole accettare, per le implicazioni che ne potrebbero derivare): conoscere cosa fare per assolvere un compito (conoscere le regole) è cosa ben diversa dall’essere capaci di assolverlo in pratica.
Un conto è conoscere regole, formule, e fare affidamento solo su di esse, un altro è basare il proprio ragionamento sulla realtà, sul mondo reale, partire cioè dalla conoscenza che già si possiede della realtà e integrare in essa eventuali regole.
Il mondo reale potrebbe non voler seguire regole, anche se “scientifiche”.
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