Nel paesino dove abitavo essendo popolato da nemmeno 1.000 abitanti, non c’era l’asilo comunale e quindi ero costretta ad andare a quello privato delle suore. Considerate ad esempio che dell’ ’85(il mio anno) eravamo 10 bambini e ci consideravano una classe numerosa.
Io che sono nata alla fine del mese di dicembre, ho iniziato ad andare all’asilo che non avevo nemmeno 3 anni. Quindi immaginatevi questa povera bambina, la più piccola della classe, alle prese con quei due soggetti vestiti tutti di nero, Suor Tea e Suor Leonide, che a dirla tutta le mettevano proprio soggezione. Non ci volevo andare, se mi ci portavano per forza non ci volevo restare e non volevo assolutamente mangiare lì, piuttosto facevo lo sciopero della fame. Riparlando con mia madre circa l’argomento ha detto che se mi prendeva proprio male(tipo pianto con singhiozzo e conseguente apnea) non mi costringeva a rimanere, visto che comunque lei non lavorava e poteva badare a me. Altre volte invece ero più tranquilla e restavo anche tutto il giorno. Poi con il passare del tempo le cose sono migliorate. Il terzo anno ci andavo anche da sola, visto che comunque non era distante da casa.
Quell’asilo nonostante fossimo in pochi era molto grande. C’era l’aula, una sola aula, piena di minibanchi, di giochi e di nostri disegni affissi alle pareti. L’aula aveva una grande terrazza con il parapetto in cemento dove ci facevano giocare quando non faceva freddo. C’era una stanza con le giostrine tipo l’altalena e lo scivolo. C’era una cappella dove ci portavano a pregare. Infine c’era una lunga rampa di scale a chiocciola: se salivi andavi a casa delle suore, se scendevi, arrivavi nella sala mensa la quale a sua volta confinava con una cucina.
Verso le 09:30 tutte le mattina arrivava la signora Caterina, che tu non vedevi, ma ne avvertivi la presenza per gli odorini che iniziavano a salire dopo poco, fino ad arrivare nella nostra auletta.
Gli odorini li gradivo, ma di mangiare non se ne parlava. La pasta non riuscivo nemmeno ad assaggiarla(odiavo il parmigiano e Caterina se ne dimenticava sempre), la carne non la masticavo e la mandavo giù intera con svariati rischi di soffocamento e la verdura non mi piaceva. Morale della favola: le povere suore preferivano fare una settimana di penitenza piuttosto che far mangiare me!!!
C’erano però tre giorni alla settimana che rubavo anche la roba nel piatto dei miei compagni.
Uno di questi giorni era il venerdì. Per farci fare vigilia ci facevano mangiare il pesce, ma non un pesce qualsiasi, bensì i “Bastoncini Findus”. Ditemi chi è che da piccolo non impazziva per loro?!
Il lunedì poi ci davano le fette di prosciutto cotto con la mozzarella intera. Io prima di mangiarmeli ci giocavo ben benino immaginando che fossero rispettivamente le lenzuola e il cuscino(bella fantasia eh?!) e poi divoravo tutto. Infine c’era un giorno che variava tutte le settimane nel quale la signora Caterina ci preparava le polpette con il sughetto di pomodoro. Era l’unico modo nel quale mangiavo la carne e anche di gusto. E poi le polpette di Caterina erano troppo buone. Oltre al macinato di vitello, ci metteva anche la mortadella e da che mi ricordi le polpette più buone sono quelle mangiate all’asilo.
Così l’altro giorno, visto che era tantissimo tempo che non le preparavo ho pensato di farle aggiungendo al classico impasto di carne macinata anche la mortadella tritata e degli ottimi carciofi sottolio ORTOCORI ridotti a pezzetti(vi ricordate vero del pacco che mi era stato recapitato e del quale vi avevo parlato QUI?!). Non avendo tempo per preparare il sughetto ho optato per una panatura con semi di sesamo e una cottura molto sana in forno.
Il risultato?!Buonissime e ad ogni morso riaffioravano ricordi (e anche i profumi)dei miei pranzi polpettosi dell’asilo.
Vi lascio la ricetta e vi consiglio di provarle. Sono buone, buone!!!
POLPETTE DI VITELLO, MORTADELLA E CARCIOFI SOTTOLIO CON PANATURA DI SEMI DI SESAMO Ingredienti
- 350 gr di macinato di vitello
- 50 gr di mortadella(in un’unica fetta altina che poi potrà essere tritata con il tritacarne o con un coltello)
- 6 carciofi sottolio CARCIOFETTA ALLA ROMANA ORTOCORI(che sono molto grandi)
- 2 uova
- 2 fette di pane bianco in cassetta
- latte q.b.
- sale
- pepe
- semi di sesamo q.b.
Mettere i carciofi su dei fogli di carta assorbente e farli sgocciolare bene. Con un coltello sminuzzarli.
Mettere le fette di pane bianco ammollo nel latte per farle ammorbidire.
In una ciotola unire il macinato, la mortadella, le uova e mescolare bene fino ad avere un composto uniforme. Aggiungere la mollica del pane ben strizzata, i carciofi, sale e pepe. Amalgamare bene e con le mani formare tante piccole polpettine.
In un piatto versare i semi di sesamo. Passarvi una polpetta alla volta fino a che non sia ricoperta completamente di semi.
Scaldare il forno a 180°. Disporre le polpette su una teglia ricoperta di carta da forno e far cuocere per 20/25 minuti o finchè siano dorate. A metà cottura sarà necessario girarle.
Servire ben calde. Sono ottime mangiate così. Se volete potete accompagnarle con delle salse a vostro piacimento.