Magazine Talenti
Ho scoperto una pagina autobiografica di Giorgio Bassani su questo sito
http://digilander.libero.it/onmyknees/Italiano/ita_BassVita.htm
Ne riprendo una parte, estrapolando quello che più interessa a me.
Nella primavera del '42, il primo impulso a scrivere versi mi venne, più che dalla vita e dalla realtà, dall'arte, dalla cultura. Da tempo mi avevano colpito le poesie di due vecchi compagni d'università: Francesco Arcangeli e Antonio Rinaldi; e quelle di Pompeo Bettini, che Benedetto Croce aveva ristampato nell'inverno precedente, da Laterza.
Seguivo, oltre a ciò, i miei amici storici dell'arte - lo stesso Francesco Arcangeli, Giuseppe Raimondi, C. L. Ragghianti, Cesare Gnudi, Giancarlo Cavalli - sulle tracce dei pittori ferraresi e bolognesi del Cinque e Seicento: cosicché la campagna tra Ferrara e Bologna, che il mio treno percorreva quasi quotidianamente, mi si mostrava attraverso i colori, intrisi di una luce come velata, di quelle antiche pitture.
La primavera del '42! Stalingrado, El Alamein, e il futuro incerto, oscuro... Eppure, nonostante tutto, la vita non mi è mai più apparsa cosi bella, cosi bella e struggente come allora.
Uscivo dalla giovinezza, lo sentivo bene: ma senza rimpianti, guardando ai miei errori passati - non ero mai riuscito a perdonarmeli - con una sorta di benigna condiscendenza. Per la prima volta mi sentivo spettatore indulgente di me stesso.
E cosi, nel treno che mi riportava ogni sera a Ferrara, da Bologna dove avevo compiuto gli studi universitari, e dove, anche dopo, avevo continuato a recarmi con la stessa frequenza di un tempo, la vicenda degli amori studenteschi, dai quali mi vedevo di un tratto escluso, si svolgeva davanti ai miei occhi incantevole ma distante, distante per sempre.
Una delle prime poesie che scrissi riguarda quel treno serale. Ebbene, quella che si vede attraverso i finestrini dello scompartimento di terza classe è la mia terra, si; ma resa con la mente alle tele che gli amici, proprio in quei mesi, mi venivano mostrando, distante e patetica come appare dietro quelle rustiche madonne provinciali, quei santoni dalle membra arrossate e sudaticce.
"Questa è l'ora che vanno per calde erbe infinite
nel mio paese gli ultimi treni, con fischi lenti
salutano la sera, affondano indolenti
in sonni dove tramontano rosse città turrite.
Dai finestrini aperti il vino delle marcite
monta al madido specchio delle povere panche;
dei giovanili amanti scioglie le dita stanche,
fa deserte di baci le labbra inaridite."
Una ottima biografia di Giorgio Bassani, nonchè dell'analisi delle sue opere, l'ho trovata qui http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/bassani.htm
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